CAPITOLO V – LE ISTITUZIONI DELL’UE
CAPITOLO V – LE ISTITUZIONI DELL’UE
1. Quadro generale delle istituzioni e degli organi
Il quadro istituzionale dell’UE ex art. 13 par. 1 TUE mira a promuovere i valori, perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e dei suoi stati membri, garantirne la coerenza, l’efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni.
La regolamentazione relativa alla composizione, al funzionamento, alle competenze e ai poteri dei diversi organi è ripartita tra il Trattato sullʼ Unione europea (TUE) e quello su funzionamento dellʼUnione europea (TFUE). Alla luce dellʼart. 13, par 1, 2° comma, TUE rileviamo, anzitutto, che alcuni organi, di fondamentale importanza nella vita dellʼUnione, sono definiti “istituzioni”:
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il Parlamento europeo,
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il Consiglio europeo, inserito per la prima tra le istituzioni con il Trattato di Lisbona,
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il Consiglio,
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la Commissione europea,
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la Corte di giustizia dellʼUnione europea,
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la Banca centrale europea (BCE),
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la Corte dei Conti.
Tale qualifica, non solo ha un valore di prestigio, ma determina anche alcune conseguenze giuridiche, poiché talune disposizioni dei Trattati si riferiscono espressamente alle istituzioni e non agli altri organi → Per esempio, lʼart. 265 TFUE attribuisce la legittimazione a proporre ricorsi “in carenza” dinanzi alla Corte di giustizia alle “istituzioni dellʼUnione”.
I rapporti tra tali istituzioni:
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devono corrispondere al principio di leale collaborazione che, stabilito originariamente nelle relazioni tra gli Stati membri e la Comunità, è stato esteso dalla Corte di giustizia anche ai rapporti tre le istituzioni;
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devono conformarsi al riparto di competenze tra le stesse istituzioni stabilito dalle disposizioni dei Trattati, riparto dal quale emerge un principio di equilibrio istituzionale. Il rispetto di tale principio è essenziale nello svolgimento dei rispettivi ruoli delle tre istituzioni politiche ed è sottoposto al controllo della Corte di giustizia.
Il principio del rispetto dellʼequilibrio istituzionale, come osserva la Corte, ha una piena valenza sul piano giuridico. Non solo essa determina lʼillegittimità degli atti adottati in sua violazione, ma lʼesigenza di garantire in via giudiziaria il rispetto di tale principio ha condotto la Corte di giustizia) sentenza 22 maggio 1990, causa C- 70/88, Parlamento v. Consiglio), a riconoscere la legittimazione del Parlamento europeo ad impugnare un atto dinanzi alla stessa Corte, anche se unicamente al fine di difendere le prerogative. Di particolare importanza è l’accordo quadro sulle relazioni tra il parlamento e la commissione europea, concluso tra tali istituzioni, in base all’art. 295, il 20 ottobre 2010 a Strasburgo.
Lʼapparato dellʼUnione europea comprende, inoltre il Sistema europeo di banche centrali (SEBC), costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali nonché da altri organi bancari, quale la Banca europea per gli investimenti che, peraltro, ha una spiccata autonomia ed è dotata di una propria personalità giuridica e di una propria struttura organizzativa.
I Trattati istituiscono anche degli organi ausiliari. Lʼart. 13, par. 4, TUE dichiara infatti: “il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico e sociale e da un Comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive”. Analoghi organi, con funzioni consultive in specifiche materie, sono previsti da varie disposizioni dei Trattati, come il Comitato di cui allʼart. 99 TFUE in materia di trasporti; il Comitato per lʼoccupazione (art. 150 TFUE), nonché il Comitato economico e finanziario avente, oltre a compiti consultivi, gli ulteriori compiti indicati dallʼart. 134 TFUE; il Mediatore europeo, caratterizzato da indipendenza.
Nellʼambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), va ricordato il Comitato politico e di sicurezza previsto dallʼart. 38 TUE, il quale svolge funzioni di controllo della situazione internazionale, funzioni consultive nei riguardi del Consiglio e dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, funzioni di controllo sullʼattuazione delle politiche in materia nonché, funzioni di controllo politico e di direzione strategica delle operazioni di gestione della crisi di cui allʼart. 43 TUE, sotto la responsabilità del Consiglio e dellʼAlto rappresentante.
Ulteriori organismi sono stati creati con atti delle istituzioni europee, con compiti vari, di natura tecnica, scientifica, di gestione, operativi, di sostegno e coordinamento dellʼazione delle autorità statali → Essi sono designati, solitamente, con il termine di AGENZIE anche se la loro denominazione ufficiale è talvolta differente. Esistono oggi circa una ventina di agenzie, tra le quali lʼAgenzia europea dellʼambiente (EEA), lʼAgenzia europea per i medicinali (EMEA), lʼAgenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (FRONTEX).
In materia di COOPERAZIONE PENALE il TFUE regola l’Unità europea di cooperazione giudiziaria (Eurojust) e l’Ufficio europeo di polizia (europol)
Altre agenzie dette esecutive, aventi durata limitata sono costituite per la gestione di determinati programmi, come lʼAgenzia esecutiva per lʼenergia intelligente); ulteriori organi sono talvolta creati da atti di diritto derivato in specifiche materie (un esempio interessante è rappresentato dal Garante europeo della protezione dei dati, incaricato di sorvegliare lʼapplicazione delle norme sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali).
2. Il parlamento europeo
Ex art. 14 par. 2 TUE il parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell’Unione. Esso è l’organo democratico per eccellenza, esistente già dal momento della nascita della CECA come Assemblea. La stessa assemblea, con risoluzione 20 marzo 1958, si autodefinì ASSEMBLEA PARLAMENTARE EUROPEA e con una nuova risoluzione 30 marzo 1962 PARLAMENTO EUROPEO, denominazioni ufficializzata con l’atto unico europeo del 1986.
L’attuale Parlamento europeo, eletto nel giugno 2009 per la legislatura 2009- 2014 sulla base della disciplina anteriore al Trattato di Lisbona, è formato da 736 parlamentari suddivisi, sul piano nazionale, secondo un criterio grosso modo demografico. Lʼart. 24, par. 2, TUE non stabilisce un numero fisso per ciascun Paese, ma solo un numero massimo dellʼintero Parlamento, consistente in 750 più il presidente (formula escogitata nel corso del negoziato sul Trattato di Lisbona per venire in contro alla richiesta italiana di mantenere la parità di parlamentari con il Regno Unito), in sostanza 751.
Facendo seguito ad una intesa politica raggiunta in seno al Consiglio Europeo, gli stati membri hanno concluso un protocollo (2010) che stabilisce, limitatamente al periodo della restante legislatura, in deroga all’art. 14 par. 2 TUE, che il numero dei parlamentari è aumentato provvisoriamente a 754.
Lʼart. 14, par. 2, 1° comma, TUE, pur non disponendo il numero dei membri del Parlamento assegnato a ciascuno Stato, pone un criterio generale e del limiti a tale numero, stabilendo che: “La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri per Stato membro. A nessuno Stato membro sono assegnati più di novantasei seggi”. Il criterio degressivamente proporzionale comporta che il numero dei parlamentari degli Stati membri non è in rapporto diretto con il numero dei cittadini di ognuno di tali Stati, ma anzi che, mano mano che la popolazione si riduce, il criterio proporzionale opera in maniera meno decisiva → così che, in definitiva, gli Stati demograficamente maggiori hanno un numero di parlamentari inferiore a quello che spetterebbe in basa a un rigido rapporto proporzionale tra tali parlamentari e la loro popolazione e, al contrario, gli Stati con una più ridotta popolazione hanno un numero di parlamentari più elevato di quello risultante da tale rapporto proporzionale.
Fermo il rispetto di tale principio di proporzionalità digressiva, nonché i “tetti” minimo e massimo di 6 e 96 membri, il numero dei componenti del Parlamento europeo e la loro assegnazione a ciascuno Stato membro sono stabiliti dal Consiglio europeo con una decisione votata allʼunanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con la sua approvazione.
L’assegnazione dei seggi ai diversi Stati membri non va intesa nellʼottica nazionalistica, nella quale il Parlamento europeo risulti come la semplice somma dei gruppi di parlamentari rappresentanti i diversi Paesi. Al contrario i parlamentari, configurati come “rappresentanti dei cittadini dellʼUnione” si aggregano nel Parlamento secondo affinità politiche, e non secondo la propria cittadinanza (o in base allo Stato dove sono stati eletti).
In origine il Parlamento europeo era formato “dai delegati che i parlamenti nazionali designavano fra i propri membri secondo al procedura fissata da ogni Stato membro” ma tale elezione di secondo grado presentava alcuni inconvenienti:
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scarsa rappresentatività in quanto non diretta espressione popolare
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i procedimenti nazionali raramente rispettavano un criterio di proporzionalità
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i parlamentari europei, già ed anche nazionali, concentravano il loro impegno nel parlamento nazionale
Peraltro il Trattato (art. 138, par. 1) prevedeva che il Parlamento europeo elaborasse progetti per consentire lʼelezione a suffragio universale diretto, attribuendo al Consiglio, allʼunanimità, il potere di stabilire le disposizioni da raccomandare agli Stati membri, affinché le adottassero conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. In virtù di tale norma, dopo molteplici iniziative dello stesso Parlamento restate senza seguito, il Consiglio, sulla base di un progetto approvato dal Parlamento 14 genn. 1975, adottò una decisione e un Atto allegato relativo allʼelezione dei rappresentanti nellʼAssemblea a suffragio universale. Le prime elezioni dirette del Parlamento europeo si sono così svolte nel 1979.
Il vigente art. 14 par. 3 TUE sancisce che i membri del parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto, per un mandato di cinque anni.
Lʼart. 223, par. 1, riguardo al procedimento elettorale, TFUE dichiara: “Il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l’elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto Il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali”.
In realtà, come parte della dottrina ha messo in luce, si tratta di un procedimento di tipo convenzionale poiché l’approvazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni stabilite dal Consiglio equivale a un atto di ratifica di un accordo internazionale, il cui testo è predisposto dalle istituzioni europee → sinora non si è riusciti ad adottare una procedura elettorale uniforme, ma solo taluni principi comuni, essendo per il resto gli Stati membri liberi di disciplinare come credono lʼelezione al Parlamento europeo. È tuttavia importante che si siano realizzate alcune convergenze sul metodo elettorale e sul regime delle incompatibilità → la decisione del Consiglio 2002/772/CE ha stabilito che le elezioni debbano svolgersi con il metodo proporzionale, consentendo agli Stati membri di adottare lo scrutinio di lista o uninominale preferenziale; essa riafferma che, fermo restando le disposizioni dello stesso atto, la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle proprie disposizioni che possono anche tener conto delle particolarità di singoli Stati membri, ma non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.
Gli atti adottati in materia della Comunità europea stabiliscono alcune incompatibilità del mandato parlamentare; ulteriori incompatibilità possono essere stabilite da ciascun Stato membro, per i parlamenti eletti nello stesso Stato.
Anche i requisiti per l’elettorato attivo e passivo rientrano, in principio, nella competenza degli Stati membri, salvo quelli collegati alla cittadinanza europea. La decisione del consiglio 2002/772/CE ha affermato che quando la legislazione di uno stato membro stabilisce espressamente la decadenza del mandato di un membro del parlamento europeo, il suo mandato scade in applicazione delle disposizioni di tale legislazione e le autorità nazionali competenti ne informano il parlamento. Caso celebre è quello dell’on. Jean Marie Le Pen, dichiarata decaduta con decreto del primo ministro francese 31/3/00. Quando fece ricorso in primo grado contro la presa d’atto da parte del parlamento europeo della notifica del governo francese della decadenza fu dichiarato irricevibile poiché il tribunale affermò che gli effetti giuridici della decadenza derivavano dal provvedimento del governo francese, non da un atto del parlamento.
Lʼart. 223, par. 2, TFUE prevede inoltre la procedura per stabilire lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni dei membri del Parlamento europeo:
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i privilegi e le immunità di tali membri, essi sono regolati dal Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, che contiene specifiche disposizioni in proposito.
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Competente a revocare l’immunità parlamentare è lo stesso Parlamento europeo.
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La disciplina contenuta nell’art. 30 ss. del Regolamento interno relativa alla costituzione dei gruppi parlamentari, esclude che tali gruppi possano costituirsi su base nazionale, essendo necessario che i componenti provengano da almeno un quarto degli Stati membri, e prescrivere la loro formazione esclusivamente in ragione dellʼaffinità politica, anche se, in principio, al Parlamento europeo non spetta di accettare l’effettiva presenza di tale affinità.
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Se la consistenza numerica di un gruppo scende al di sotto della soglia prescritta, il gruppo pu essere autorizzato a continuare a esistere sino alla successiva seduta costitutiva del parlamento, purché rappresenti almeno un quinto degli Stati membri ed esista da più di un anno.
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Non è, invece, ammessa la costituzione di gruppi misti → il Tribunale di primo grado nella sentenza del 2001 promossa dal Front National, dalla lista Emma Bonino, nonché da diversi parlamentari europei, contro il Parlamento europeo per impugnare il rifiuto di consentire la costituzione di un “Gruppo tecnico di deputati indipendenti (TDI)- Gruppo misto”, ha affermato che la strutturazione del parlamento in gruppi politici, che riuniscono parlamentari di più stati e affini politicamente, apparirebbe una misura strumentale all’organizzazione efficiente dei lavori e delle procedure dell’istituzione, al fine di consentire l’espressione di volontà politiche comuni e l’adozione di compromessi (…) la duplice esigenza di affinità politiche e di appartenenza a più di uno stato membro permette di trascendere i particolarismi politici locale e di promuovere l’integrazione europea”.
La caratterizzazione in senso politico del Parlamento europeo e il crescente coinvolgimento del cittadino europeo nel processo di integrazione risulta anche dallʼart. 10, par. 4, TUE, il quale riconosce i partiti politici europei quali soggetti politici transnazionali: “I partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per lʼintegrazione in seno allʼUnione. Essi contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dellʼUnione”. Inoltre, “il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano lo statuto dei partiti politici a livello europeo, in particolare le norme relative al loro finanziamento” (art. 224 TFUE).
3. L’organizzazione e il funzionamento del parlamento europeo
In conformità all’art. 14 par. 4 TUE, il parlamento:
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elegge tra i suoi membri il presidente e lʼUfficio di Presidenza.
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elegge quattordici vicepresidenti e cinque questori che durano in carica due anni e mezzo
Il Presidente, i vicepresidenti e, a titolo consultivo, i questori compongono lʼUfficio di Presidenza. Le modalità di elezione e le loro competenze sono disciplinate nel Regolamento interno. Ulteriori organi del Parlamento sono la Conferenza dei presidenti, formata dal Presidente del Parlamento e dai presidenti dei gruppi politici, e la Conferenza dei presidenti di commissione, composta dai presidenti di tutte le commissioni permanenti e speciali.
Anche il parlamento europeo è organizzato in commissioni:
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permanenti → elette per due anni e mezzo, con competenza per materia e le cui attribuzioni sono fissate nell’allegato VII al regolamento interno del parlamento.
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Speciali → costituite dal Parlamento per una questione particolare e la loro durata non può superare i dodici mesi (prorogabili dal Parlamento).
Il TFUE prevede la possibilità di istituire commissioni temporanee d’inchiesta → Lʼart. 226 TFUE dispone: “Nell’ambito delle sue funzioni, il Parlamento europeo, su richiesta di un quarto dei membri che lo compongono, può costituire una commissione temporanea d’inchiesta incaricata di esaminare, fatti salvi i poteri conferiti dai trattati ad altre istituzioni o ad altri organi, le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione, salvo quando i fatti di cui trattasi siano pendenti dinanzi ad una giurisdizione e fino all’espletamento della procedura giudiziaria. La commissione temporanea d’inchiesta cessa di esistere con il deposito della sua relazione. Previa approvazione del Consiglio e della Commissione, il Parlamento europeo, di sua iniziativa, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, fissa le modalità per l’esercizio del diritto d’inchiesta”. Lʼinchiesta non può svolgersi contemporaneamente all’esercizio di attività giudiziaria, da parte sia di giudici dell’Unione che di giudici nazionali, e non impedisce che altre istituzioni o organi, come la Commissione europea o il Mediatore europeo o la Commissione per le petizioni, si occupino del caso sottoposto all’inchiesta. L’attività della commissione di inchiesta si conclude con la consegna della sua relazione al Parlamento europeo, il quale può assumere le iniziative che ritiene più opportune, sia nei riguardi di Stati membri che di altre istituzioni o organi europei.
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Il Parlamento europeo tiene una sessione annuale e si riunisce di diritto il secondo martedì del mese di marzo:
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tale sessione ha durata annuale e ciascuna tornata ha luogo, di regola, ogni mese.
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Esso si riunisce, inoltre su richiesta della maggioranza dei suoi membri, del Consiglio o della Commissione.
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Per quanto riguarda la sede del Parlamento che, come per ogni altra istituzione, è fissata dʼintesa comune dai governi degli Stati membri, essa è a Strasburgo dove si tengono le dodici giornate plenarie mensili, mentre quelle aggiuntive e le riunioni delle commissioni si svolgono a Bruxelles; il Segretariato generale del Parlamento europeo e i suoi servizi restano a Lussemburgo, dove era originariamente la sede del Paramento europeo.
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Il TFUE, in merito alla votazione, stabilisce: “Salvo contrarie disposizioni dei trattati, il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei suffragi espressi. Il Regolamento interno fissa il numero legale”. Il numero legale, occorrente, in principio, perché il Parlamento possa svolgere i suoi lavori, è dato da un terzo dei componenti, ma le votazioni sono valide qualunque sia il numero dei votanti a meno che, allʼatto della votazione, il Presidente, su preventiva richiesta di almeno quaranta deputati constati lʼassenza del numero legale.
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Riguardo alla maggioranza richiesta dal 1° comma dellʼart. 231, va ricordato che varie disposizioni dei Trattati precisano diverse maggioranze su specifiche materie. Per esempio, nella procedura di constatazione di una violazione grave e persistente dei valori di cui allʼart. 2 TUE, il Parlamento europeo delibera alla maggioranza dei due terzi dei voti espressi, che rappresenta la maggioranza dei suoi membri; maggioranza aggravare sono previste per lʼammissione di nuovi membri nonché per alcune delibere relative alla procedura legislativa ordinaria, di approvazione del bilancio, per lʼadozione del regolamento interno, ecc.
4. Le funzioni ed i poteri del parlamento europeo
L’iniziale deficit democratico, per cui il parlamento non aveva alcuna potestà legislativa, è stato colmato mediante l’istituzione della procedura di CODECISIONE che conferisce al parlamento una posizione paritaria con il consiglio. Tale procedura, regolata art. 294 TFUE, con Lisbona, è divenuta la procedura legislativa ordinaria: la procedura legislativa ordinaria consiste nell’adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del parlamento europeo e del consiglio su proposta della commissione. (art. 289 TFUE)
L’art. 14 par. 1 TUE sinteticamente riporta le funzioni del parlamento: esso esercita, congiuntamente al consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della commissione.
Il ruolo del Parlamento nellʼadozione degli atti dellʼUnione può essere compiutamente inteso solo nel contesto dei diversi procedimenti previsti dai Trattati e in raffronto al ruolo che, in tali procedimenti, rivestono la Commissione e il Consiglio → Si tratta di procedimenti che, proprio perché coinvolgono le tre istituzioni politiche dellʼUnione europea, Parlamento, Consiglio, Commissione, sono denominati interistituzionali.
L’art. 225 TFUE sancisce il potere di preiniziativa del parlamento nei cnf della commissione: a maggioranza dei membri che lo compongono il parlamento può chiedere alla commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione di un atto dell’unione ai fini dell’attuazione dei trattati.
Oltre a questo specifico potere, il Parlamento europeo ha un potere generale di deliberare e di adottare risoluzioni su qualsiasi questione che concerne lʼUnione. Significativi sono i poteri di controllo del Parlamento nei riguardi delle altre istituzioni europee. Nei rapporti con la Commissione va ricordato:
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Il parlamento in seduta pubblica (art. 249 par. 2 tfue) analizza la relazione generale annuale sull’attività dell’unione che la commissione deve pubblicare annualmente, almeno un mese prima dell’apertura della sessione del parlamento.
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La commissione deve presentare al parlamento varie relazioni su determinate materie, come la cittadinanza, la coesione economica e sociale.
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Il parlamento o i singoli deputati possono presentare le interrogazioni a cui la commissione deve rispondere oralmente o per iscritto.
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Con la nozione di censura il Parlamento ha il potere di provocare le dimissioni della Commissione.. Tale potere esprime un vero e proprio rapporto di fiducia politica tra le due istituzioni, poiché la permanenza in carica della Commissione presuppone la sussistenza della fiducia del Parlamento; venuta meno questʼultima, con la mozione di censura, la Commissione deve cessare dalle sue funzioni.
Il TFUE, allʼart. 234, disciplina così la mozione di censura: “il Parlamento europeo, cui sia presentata una mozione di censura sull’operato della Commissione, non può pronunciarsi su tale mozione prima che siano trascorsi almeno tre giorni dal suo deposito e con scrutinio pubblico. Se la mozione di censura è approvata a maggioranza di due terzi dei voti espressi e a maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione. Essi rimangono in carica e continuano a curare gli affari di ordinaria amministrazione fino alla loro sostituzione conformemente all’articolo 17 del trattato sull’Unione europea. In questo caso, il mandato dei membri della Commissione nominati per sostituirli scade alla data in cui sarebbe scaduto il mandato dei membri della Commissione costretti a dimettersi collettivamente dalle loro funzioni”. Lʼadozione della mozione di censura è circondata da molteplici garanzie:
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che la decisione sia sostenuta da unʼampia maggioranza, i due terzi dei voti espressi che corrispondono alla maggioranza dei componenti del Parlamento;
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che essa sia discussa dopo ponderato esame e riflessione, quindi non prima di tre giorni dal suo deposito e non sai il frutto di un “colpo di mano”;
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che la discussione e la votazione avvengono con la massima trasparenza, quindi con la votazione pubblica (con appello nominale).
Ulteriori garanzie sono poste dal Regolamento il quale, tra lʼaltro, richiede che la mozione di censura sia presentata da almeno un decimo dei deputati che compongono il Parlamento.
Lʼapprovazione della mozione di censura comporta le dimissioni collettive dei membri della Commissione, a parte la particolare posizione dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Non è ammessa la censura contro i singoli commissari per cui essa, anche se motivata dalla condotta di taluni commissari, si ripercuote sullʼintera Commissione. Le regioni della censura, che solo il Parlamento è competente a valutare, riguardano lʼoperato della Commissione (o dei singoli commissari), quindi la sua azione politica e rilevanti sono eventuali illeciti o irregolarità presenti nella sua azione. La caduta della Commissione implica la nomina di una nova Commissione, il cui mandato è limitato alla restante durata del mandato di quella censurata. Questʼultima resta in carica sino alla nomina della nuova Commissione, ma solo per la cura degli “affari di ordinaria amministrazione”. La mozione di censura, sebbene talvolta presentata, non è mai stata approvata, forse perché i deputati sono consapevoli del suo carattere “traumatico”. Il ruolo della Commissione naturale interlocutore del Parlamento europeo è confermato dalla norma che consente alla stessa Commissione di assistere a tutte le sedute del Parlamento e di essere ascoltata a sua richiesta.
In origine il Parlamento non aveva rapporti con il Consiglio, ma dapprima nella prassi, poi nei Trattati, è stato riconosciuto un diritto dʼinterrogazione del parlamento e dei deputati anche nei suoi confronti. Infatti, il Consiglio è ascoltato dal Parlamento europeo secondo le modalità previste nel Regolamento interno del Consiglio. Le disposizioni le Regolamento del Parlamento relative alle interrogazioni alla Commissione e al question time, regolano anche le interrogazioni al Consiglio. Non è, invece, neppure proponibile una qualche forma di censura verso il Consiglio analoga a quella nei confronti della Commissione, essendo il Consiglio composto dai ministri degli Stati membri, i quali, come componenti dei governi, rispondono eventualmente, sulla base di un rapporto fiduciario, ai parlamenti nazionali.
Anche con il Consiglio Europeo originariamente non esisteva alcun rapporto, ma il TUE prevede la presentazione al Parlamento europeo di una relazione dopo ogni riunione del Consiglio europeo da parte del Presidente di tale Consiglio. Inoltre il TFUE estende ora al Consiglio europeo la possibilità di essere ascoltato dal Parlamento europeo, secondo le modalità previste dal Regolamento interno del Consiglio europeo. Dʼaltra parte, il Presidente del Parlamento europeo può essere invitato per essere ascoltato dal Consiglio europeo. Si creavo, dunque, vari canali di comunicazione tra il “vertice” politico dellʼUnione (il Consiglio europeo) e l’istituzione rappresentativa dei cittadini europei (il Parlamento).
Scarsi sono i rapporti del Parlamento europeo con la Banca centrale europea, la quale corrisponde a un modello di piena indipendenza rispetto a organi politici. Tuttavia, il TFUE dispone che il Presidente della BCE presenti al Parlamento europeo una reazione annuale sullʼattività del sistema europeo di banche centrali (SEBC) e sulla politica monetaria dellʼanno precedente e dellʼanno in corso. Su tale base il Parlamento europeo può procedere a un dibattito generale, svolgendo così una sia pur blanda forma di controllo. Inoltre, il Presidente e gli altri membri del Comitato esecutivo della BCE possono, a richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltati dalle commissioni competenti dello stesso Parlamento. Il Regolamento interno del Parlamento stabilisce poi, che ciascun deputato pu rivolgere interrogazioni con richiesta di risposta scritta alla BCE.
Ai poteri di controllo del Parlamento europeo sulle altre istituzioni e organi, ma anche sugli Stati membri, vanno poi ricollegati gli istituti dell’inchiesta (art. 226 TFUE), della petizione (art. 227 TFUE) e del Mediatore ( art. 228 TFUE). Essi, pur nelle loro differenze, sono accomunati dallʼesito non vincolante dei relativi procedimenti; spesso, poi, nella prassi risultano idonei a riparare in maniera amichevole, conciliativa, casi di violazione del diritto dellʼUnione o di cattiva amministrazione e a promuovere iniziative, di carattere politico, legislativo o anche giudiziario, volte a risolvere i problemi generali che tali casi possano mettere in luce.
I rapporti di collaborazione con i parlamenti nazionali sono istituti, in particolare, in seno alla Conferenza delle commissioni per gli affari europei del parlamenti nazionali, alla quale partecipa una rappresentanza del Parlamento europeo. Il parlamento partecipa, a vario titolo, alla formazione di altre istituzioni o organi, come la Corte dei conti e il Comitato esecutivo della BCE. Il Parlamento, poi, nomina in via esclusiva il Mediatore europeo. Di particolare rilevanza è la partecipazione del Parlamento ala nomina della Commissione.
Nonostante i progressi relativi a ruolo del Parlamento europeo realizzati con il Trattato di Lisbona del 2007, la sua posizione resta ancora del tutto marginale nel settore della politica estera di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune. Le funzioni del Parlamento europeo si limitano alle seguenti: esso è consultato regolarmente dallʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della PESC, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune, che lo informa sullʼevoluzione di tali politiche. Il Parlamento europeo, inoltre, pu rivolgere interrogazioni e raccomandazioni al Consiglio e allʼAlto rappresentante e procede due volte allʼanno a un dibattito sui progressi compiuti in dette politiche. È esclusa invece, qualsiasi forma di partecipazione del Parlamento alle procedure decisionali.
5. Il consiglio europeo: composizione e funzionamento. Il presidente del consiglio europeo.
Esso è nato nella prassi della diplomazia intergovernativa dei VERTICI, a partire dal 1961, per affrontare problemi e assumere importanti decisioni politiche sul cammino dell’integrazione europea. Tale prassi fu formalizzata con il Vertice di Parigi del 9- 10 dicembre 1974, nel quali i Capi di Stato e di governo, in un comunicato finale, espressero la loro decisione di riunirsi, accompagnati dai ministri egli esteri, tre volte allʼanno e ogni volta che fosse necessario come Consiglio delle Comunità e a titolo di cooperazione politica, in modo da assicurare lo sviluppo e la coesione generale delle attività delle Comunità e dei lavori relativi alla cooperazione politica. Esso ebbe dunque la duplice funzione:
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di dibattere le questioni di principale importanza al livello comunitario e di operare le scelte decisive al riguardo;
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di svolgere attività di consultazione, di coordinamento e di programmazione nel campo della politica estera.
Lʼart. 2 dell’Atto unico europeo diede a tale struttura un formale riconoscimento, senza precisarne le funzioni e lasciando aperti i dubbi sulla natura giuridica e circa la sua appartenenza o meno all’ordinamento comunitario; con il Trattato di Maastricht del 1992 il Consiglio europeo è stato formalmente inserito nell’Unione europea e con il Trattato di Lisbona del 2007, esso ha ricevuto al qualifica di istituzione ma non è venuta meno la sua struttura intergovernativa → Il Consiglio europeo si colloca al vertice della struttura istituzionale dellʼUnione, in quanto le grandi decisioni relative agli sviluppi dell’integrazione europea sono assunte al livello di tale Consiglio e sono poi attuate dalle altre sitituzioni, secondo le competenze e le procedure regolate dai trattati.
La composizione del Consiglio europeo è definita dallʼart. 15, par. 2, TUE: “Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa ai lavori”. Circa la composizione del Consiglio europeo va precisato che la partecipazione degli stati membri a livello di Capo di Stato o di Capo di governo dipende dalla costituzioni interne, in base alle quali dovrà individuarsi chi, fra tali cariche, è posto al vertice dell’esecutivo.
Una delle novità più significative del Trattato di Lisbona consiste nell’istituzione della figura del Presidente del Consiglio europeo → un organo individuale che non può esercitare alcun mandato nazionale, eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una sola volta. Con la stessa procedura il Consiglio europeo può porre fine al mandato del Presidente in caso di impedimento o di colpa grave. I compiti del Presidente del Consiglio europeo sono indicati dallʼart. 15, par. 6, TUE: “a) presiede e anima i lavori del Consiglio europeo; b) assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio «Affari generali»; c)si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo”.
Dunque, il Presidente svolge un ruolo di coordinamento, di preparazione e di mediazione allʼinterno del Consiglio europeo. Ha, inoltre, una funzione di rappresentanza esterna: “Il Presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.
Lʼart. 15, pr. 3, TFUE, dispone che il Consiglio europeo si riunisca due volte a semestre su convocazione del Presidente; quest’ultimo se la situazione lo richiede, convoca una riunione straordinaria. Con il trattato di Lisbona è stata formalizzata la prassi per cui le decisioni vengono prese di comune accordo medante la pratica del CONSENSU (riproduzione in un testo dellʼintesa raggiunta dai partecipanti). Il Trattato di Lisbona ha anche previsto anche numerosi casi nei quali il Consiglio europeo vota formalmente → lʼart. 15, par. 4, TUE, stabilisce che: “Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente”. In questi ultimi casi votano soltanto gli Stati membri, tramite i rispettivi Capi di Stato o di governo, mentre il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente della Commissione non partecipano al voto. Nel caso di votazione, inoltre, è stabilito che:
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ciascun membro del Consiglio europeo possa ricevere delega da un solo altro membro
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quando è richiesta l’unanimità, lʻastensione di un membro non osta allʼadesione della deliberazione
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quando è prescritta la maggioranza qualificata trovano applicazione le stesse regole previste per la votazione nel Consiglio.
Nei Trattati sono contemplate diverse regole di votazione a seconda dei casi. Rara è lʼipotesi un cui sia prevista la maggioranza semplice (le deliberazioni di carattere procedurale e lʼadozione del regolamento interno, le decisioni su proposte di modifiche ai trattati). Anche le questioni da decidere a maggioranza qualificata non sono frequenti (la nomina del presidente dello stesso Consiglio, la proposta di nomina del presidente della Commissione, la nomina dell’intera Commissione, la nomina dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ecc.). Più spesso è prevista la decisione all’unanimità.
6. Le funzioni del Consiglio europeo
Oltre alle funzioni concernenti la formazione d altre istituzioni e le modifiche ai Trattati, lʼart. 15, par. 1, TUE dichiara: “Il Consiglio europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative”.
La formulazione della norma mette in luce la natura eminentemente politica del ruolo del Consiglio europeo, natura che si riflette anche sugli atti che esso emana e che non possono avere natura legislativa → al termine delle sue riunioni la Presidenza del Consiglio europeo esprime delle conclusioni alle quali possono aggiungersi comunicati e dichiarazioni frutto dell’intesa raggiunta nel Consiglio stesso. Atti del genere, in principio, non hanno efficacia giuridica ma, sul piano politico, possono avere notevole rilevanza:
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possono contenere direttive o orientamenti rivolti alla Commissione e al Consiglio e diretti a promuovere loro iniziative formali, in vista dell’adozione di atti o dello sviluppo di politiche dell’Unione.
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in seno al Consiglio europeo possano realizzarsi degli accordi tra gli Stati membri, sia pure in maniera implicita ed in forma semplificata.
Il Consiglio europeo svolge un ruolo di primo piano nellʼazione esterna dellʼUnione e in particolare nellʼambio della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune, che ne costituisce parte integrante che assicura che lʼUnione disponga di una capacità operativa con mezzi civili e militari. In questo contesto, il Consiglio europeo adotta anche atti formali, provvisti di effetti giuridici obbligatori.
Con particolare riguardo alla politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio europeo ha il compito di: individuare gli interessi strategici dell’Unione, di fissare gli obiettivi e di definire gli orientamenti generali di tale politica, comprese le questioni aventi implicazioni in materia di difesa e di adottare le necessarie decisioni (art. 22 tue). Queste determinazioni del Consiglio europeo appaiono giuridicamente obbligatorie, almeno nei confronti del Consiglio che ”elabora la politica estera e di sicurezza comune e prende le decisioni necessarie per la definizione e l’attuazione di tale politica in base agli orientamenti generali e alle linee strategiche definiti dal Consiglio europeo” (art. 26 tue). Il Consiglio europeo ha il potere di “decidere” in merito alla definizione di una difesa comune dell’Unione (art. 42 tue) → mediante una raccomandazione agli stati membri, di per sé non vincolante, di adottare una decisione conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Sempre nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune è prevista una sorta dʼappello al Consiglio europeo da parte del Consiglio qualora, nei casi in cui questʼultimo delibera a maggioranza qualificata, un membro del Consiglio dichiara che, per specificati e vitali motivi di politica nazionale, intende opporsi all’adozione della decisione a maggioranza → dopo che lʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza abbia inutilmente cercato di raggiungere una soluzione accettabile per lo Stato in questione, il Consiglio, a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo in vista di una decisione all’unanimità (appare lecito dubitare dellʼutilità di tale meccanismo: non si vede, infatti, perché mai i Capi di Stato o di governo dovrebbero trovare nel Consiglio europeo quellʼintesa che i loro ministri non hanno trovato in seno al Consiglio).
Il Consiglio europeo interviene anche in talune materie estranee all’azione esterna dell’Unione:
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l’art. 121 par. 2 tfue dichiara che il consiglio europeo dibatte delle conclusioni in merito agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli stati membri e dell’unione, sulla base dei quali il consiglio adotta una raccomandazione che definisce i suddetti indirizzi di massima.
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Ex art. 148 tfue, il consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell’occupazione nell’unione sulla base di una relazione annuale comune del consiglio e della commissione e adotta le conclusioni del caso, in base a cui elabora gli orientamenti di cui devono tener conto gli stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione.
Esiste oggi un rapporto tra il Consiglio europeo e il parlamento europeo, il quale pu esercitare sul primo qualche forma di controllo politico → Con il Trattato di Lisbona per la prima volta è stata prevista la possibilità di impugnare dinanzi alla Corte di giustizia atti del Consiglio europei ritenuti illegittimi purché destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Ma lʼipotesi di impugnabilità si restringe sensibilmente ove si ricordi che, di regola, è esclusa la competenza della Corte di giustizia nell’intera materia della politica estera e di sicurezza comune; dunque, risultano impugnabili per vizi di legittimità solo (eventuali) atti del Consiglio europeo che, per un verso, siano giuridicamente obbligatori, ma, per lʼaltro verso, non riguardino la politica estera e di sicurezza comune. In conclusione, va riconosciuto che il Consiglio europeo ha svolto frequentemente un ruolo positivo, riuscendo talvolta a sbloccare situazioni di impasse e assumendo decisioni politiche fondamentali, come quelle sull’allargamento, sulla moneta univa,ecc. Non pu non confederarsi, tuttavia, che esso ha determinato una erosione dei poteri di tutte le istruzioni europea ad esso politicamente subordinate (in particolare, al Consiglio, ma anche alla Commissione), accentuando, mediante decisioni verticistiche, quel deficit democratico che sembra, pertanto ancora presente nella costruzione europea.
7. Il consiglio
Il Consiglio è un organo tipicamente intergovernativo composto dagli Stati membri, rappresentati dai rispettivi esecutivi. Lʼart. 16, par. 2, TUE dichiara: “il Consiglio è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto”. Il Consiglio esprime gli interessi particolari dei singoli Stati membri, che raggiungono la loro sintesi e il loro compromesso negli atti adottati dal Consiglio. Tali atti sono giuridicamente imputabili allo stesso consiglio e non già ai singoli stati membri → ciò è confermato dalla possibilità per uno stato membro di impugnare un atto del consiglio adottato con il proprio voto favorevole, come espressamente riconosciuto dalla corte di giustizia (sent. 12 luglio 1979) che respinse l’eccezione di improponibilità del ricorso italiano tendente all’annullamento di un regolamento perché questo era stato adottato con voto positivo e senza riserve dall’Italia.
Lʼart. 16, par. 2, TUE, a seguito di una modica introdotta con il Trattato di Maastricht del 1992, non richiede più che alle riunioni del Consiglio partecipino necessariamente ministri del governo centrale di uno Stato: questo può farsi rappresentare anche da componenti di organi di governo di enti locali, purché ad essi sia attribuito dal diritto nazionale lo status ministeriale.
La composizione del Consiglio è variabile poiché esso è formato dai ministri competenti ratione materiae in corrispondenza agli argomenti di volta in volta posti al suo ordine del giorno. Lʼelenco delle varie formazioni è adottato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, ai sensi dellʼart. 236, lett. a), TFUE. In attesa di tale determinazione l’elenco è adottato, in via provvisoria, dal Consiglio, che vi ha provveduto con decisione 1009/878/UE che stabilisce dieci formazioni, idonee a coprire il complesso delle materie di competenza dell’UE. Peraltro, lo stesso art. 16, par. 6, TUE prevede due formazioni del Consiglio:
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Consiglio “Affari generali” → che assicura la coerenza dei lavori nelle varie formazioni del consiglio, prepara le riunioni del consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del consiglio europeo e la commissione.
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Consiglio “Affari esteri” → che elabora l’azione esterna dell’unione secondo le linee strategiche definite dal consiglio europeo e assicura la coerenza dell’azione dell’unione.
Riguardo alla presidenza del Consiglio, lʼart. 16, par. 9, TUE dichiara che, fatta eccezione per la formazione “Affari esteri”, essa è determinata dal Consiglio europeo con votazione a maggioranza qualificata secondo un sistema di rotazione paritaria (assicurando a tutti gli Stati membri, a turno, tale presidenza) → in forza della decisione del Consiglio europeo del 1° dicembre 2009, viene predeterminato un gruppo di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi, tenendo conto della loro diversità e degli equilibri geografici nell’Unione. Ciascun membro di tale gruppo esercita a turno la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio (ad eccezione di quella “Affari esteri”) per sei mesi; gli altri due membri lo assistono in tutti i suoi compiti sulla base di un programma comune.
Diversa è la disciplina concernente la presidenza del Consiglio “Affari esteri”, la quale spetta ad un organo individuale e non ad uno Stato membro → lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata con lʼaccordo del presidente della Commissione, ma che fa parte anche della Commissione ed è uno dei suoi vicepresidenti.
Il Consiglio è assistito da un Segretariato generale sotto la responsabilità di un Segretario generale, nominato dal Consiglio a maggioranza qualificata, mentre lʼorganizzazione del Segretariato generale è decisa a maggioranza semplice. Esso si riunisce, su convocazione del suo Presidente, per iniziativa dello stesso Presidente, di uno Stato membro o della Commissione. La sua sede è a Bruxelles, ma in aprile, giugno e ottobre tiene le sue sessioni a Lussemburgo. Le riunioni del Consiglio avvengono in seduta pubblica quando esso delibera e vota su un progetto di atto legislativo; le sessioni del Consiglio sono suddivise, pertanto, in due parti dedicate, rispettivamente, alle deliberazioni su atti legislativi e alle attività non legislative.
Nel funzionamento del Consiglio un ruolo significativo svolge il Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), istituito nel 1958, con compiti preparatori ed esecutivi rispetto al lavoro del Consiglio → un organo intergovernativo formato da delegati dei governi degli Stati membri, articolato in due parti:
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COREPER I, costituito dai rappresentanti permanenti aggiunti.
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COREPER II, composto dai rappresentanti permanenti aventi il rango diplomatico, tra i quali si distribuiscono le materie da trattare.
Il COREPER svolge un ruolo importante ai fini dellʼadozione degli atti da parte del Consiglio. Infatti la proposta della Commissione vene trasmessa dal Consiglio al COREPER e, dopo un adeguata istruttoria, è posta in discussione nel COREPER, al fine di raggiungere una posizione unanime:
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Se si raggiunge tale risultato la questione è iscritta al punto A dellʼordine del giorno del Consiglio, il quale, di regola, si limita ad approvarla senza riaprire la discussione.
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In caso contrario il COREPER sottopone un rapporto avente carattere istruttorio in merito allʼargomento, che viene iscritto al punto B dellʼordine del giorno e viene adeguatamente esaminato e discusso nel Consiglio.
Anche quando il Consiglio di limiti a ratificare le soluzioni raggiunte unanimemente dal COREPER, lʼatto in questione è giuridicamente imputabile sempre al Consiglio. Il COREPER, dunque, finisce spesso per diventare il reale interlocutore della Commissione la quale, attraverso suoi rappresentanti, partecipa al negoziato che si svolge nel COREPER. Alla generale competenza del COREPER fa eccezione la politica agricola per la quale l’attività preparatoria non è svolta da tale organo ma dal Comitato speciale agricoltura (CSA).
8. La votazione nel consiglio
Il sistema di votazione nel Consiglio è disciplinato dallʼart. 16, paragrafi da 3 al 5 TUE, integrato dallʼart. 238 TFUE. Affinché il Consiglio possa procedere alla votazione, il quorum richiesto è dato dalla presenza della maggioranza dei membri aventi titolo a votare.
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Ai sensi dellʼart. 16, par. 3 TUE: “il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente” → La regola generale, quindi, è la maggioranza qualificata.
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A fronte di tale regola generale, l’art, 238 richiama altre due procedure applicabili, ovviamente, solo quando espressamente prescritte dalla disposizione in questione:
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la maggioranza semplice → ex art. 230 TFUE, “per le deliberazioni che richiedono la maggioranza semplice, il Consiglio delibera alla maggioranza dei membri che lo compongono”. Le materie in cui il Consiglio può votare a maggioranza semplice sono estremamente limitate in quanto il trattato prevede quasi sempre procedure diverse, in primis quella a maggioranza qualificata.
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L’unanimità → in passato costituiva la regola per le deliberazioni del Consiglio, essa è stata notevolmente ridimensionata in seguito alle modiche introdotte dagli ultimi trattati. È ancora prevista per alcune materie quali l’armonizzazione fiscale ed il riavvicinamento delle legislazioni nazionali. Si applica anche alla politica estera e di sicurezza comune, alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e ad alcuni aspetti relativi alla cittadinanza europea. Secondo il par. 4 dell’art. 238 TFUE, “le astensioni dei membri presenti o rappresentanti non ostano all’adozione delle deliberazioni del Consiglio per le quali è richiesta l’unanimità”. Da questa disposizione di evince che, mentre l’astensione non impedisce il raggiungimento dell’unanimità, questa è preclusa, e la delibera non è approvata, in caso di assenza di un membro.
Ogni stato membro può ricevere la delega a votare in nome di un solo altro stato membro (art. 239 tfue).
Per la Votazione a maggioranza qualificata, la disciplina introdotta dallʼart. 16, par. 4, TUE e dallʼart. 238, par. 2, TFUE relativa alla votazione a maggioranza qualificata si applicherà solo dal 1° novembre 2014. La disciplina sino ad allora vigente è contenuta nellʼart. 3, par. 3, del Protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie:
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la votazione a maggioranza qualificata si caratterizza per il sistema di PONDERAZIONE: gli Stati membri hanno un voto ciascuno, ma al voto dei doversi Stati è assegnato un differente coefficiente numerico. Tali coefficienti sono il frutto di una valutazione dellʼimportanza di ciascuno Stato (sotto il profilo politico, economico, demografico), come risulta dallʼassegnazione del valore di 29 al voto dei quattro “grandi”, Germania, Francia, Italia e Regno Unito, nonché spesso di lunghi negoziati ogni qual volta si è dovuto procedere a una loro ridistribuzione.
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Importante è la determinazione della maggioranza necessaria per lʼadozione delle deliberazioni, in quanto, a seconda del numero richiesto, diverse sono le coalizioni realizzabili tra gli Stati non solo per raggiungere tale maggioranza, ma anche per formare quella minoranza, c.d. minoranza di blocco, sufficiente a impedire lʼadozione dellʼatto → è prescritta una duplice maggioranza: una fondata sulla ponderazione del voto, l’altra sul numero degli stati votanti (metà più uno), posti sullo stesso piano. Attualmente il numero di voti ponderati è 345 perciò la minoranza di blocco è di 91 voti. Affinché la deliberazione sia approvata occorre che in aggiunta a questa maggioranza se ne determini un’altra, ossia la maggioranza degli stati membri (14).
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La maggioranza dei membri è sufficiente quando la deliberazione deve essere approvata su proposta della commissione; quando non è prescritta è richiesta una maggoranza qualificata aggravata: 255 da almeno 2/3 stati membri.
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Su richiesta di uno stato membro si può usare la c.d. Clausola di verifica demografica: per verificare che la maggioranza qualificata esprime anche la maggioranza del 62% della popolazione totale dell’Unione.
A decorrere dal 1 novembre 2014, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del consiglio, con un minimo di 15, rappresentanti stati membri che totalizzano almeno il 65% della popolazione dell’unione. La minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro membri del consiglio; in caso contrario la maggioranza qualificata si intende raggiunta.
Tale disciplina è integrata dall’art. 238 par. 2 TFUE che stabilisce una elevazione della maggioranza al 72% dei membri del consiglio, rappresentante il 65% della popolazione dell’Unione, quando il Consiglio non delibera su proposta della commissione o dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
La nuova disciplina, al di là di quest’ultima variante:
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elimina la ponderazione del voto.
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consente un recupero degli stati più importanti, sotto l’aspetto demografico.
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per evitare che un esiguo numero di stati dotati di vasta popolazione possano impedire la maggioranza del 65% della popolazione, la norma aggiunge che la minoranza di blocco comprenda almeno 4 stati membri.
L’abbandono della ponderazione ha provocato molti malumori → il protocollo 36 all’art. 3 par. 2 prescrive pertanto che sino al 31 marzo 2017, su richiesta di un qualsiasi stato membro senza alcuna giustificazione, la regola transitoria fondata sulla ponderazione potrà continuare ad essere applicata.
Inoltre, il consiglio, con una decisione incorporata nella dichiarazione 7, entrata in vigore contemporaneamente al trattato di Lisbona, ha nella sostanza parzialmente modificato il futuro meccanismo di votazione a maggioranza qualificata, facendo concessioni agli stati che, per quanto in minoranza, presentino una certa consistenza → un meccanismo ispirato al c.d. Compromesso di Ioannina (decisione del consiglio del 29 marzo 1994) :
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dal 1 novembre 2014 al 31 marzo 2017, se un numero di membri del consiglio che rappresenti almeno i ¾ della popolazione o i ¾ del numero degli stati membri, necessari per costituire una minoranza di blocco, manifesta l’intenzione di opporsi all’adozione da parte del consiglio di un atto di un atto a maggioranza qualificata, il consiglio discute la questione, sempre però nel rispetto dei limiti di tempo previsti dal diritto UE.
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Dal 1 aprile 2017, è previsto un meccanismo analogo, il cui impiego richiede una proporzione della minoranza di blocco più bassa (55%).
Questo meccanismo gode di una forza particolare perché qualsiasi modifica o abrogazione dello stesso da parte del consiglio richiede preliminarmente una delibera in proposito adottata dal consiglio europeo per consenso.
In taluni settori, oltre alla maggioranza qualificata, vigono:
(a) la maggioranza semplice → in merito alle questioni procedurali e per l’adozione del regolamento interno del consiglio, la definizione dello statuto dei comitati previsti dai trattati, per le istanze dinanzi alla corte di giustizia contro membri della commissione etc.
(b) l’unanimità → una materia in cui è applicata in maniera particolarmente ampia è la POLITICA ESTERA e DI SICUREZZA COMUNE, tanto da essere la regola, salvo che i trattati dispongano diversamente (art. 24 par. 1,2 TUE). Ipotesi di delibere a maggioranza qualificata aggiuntive sono escluse per le decisioni che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.
N.B.
Talvolta i trattati prevedono, con specifiche disposizioni, maggioranze diverse:
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art. 126 par. 13 TFUE, per le decisioni nell’ambito della procedura per eccessivi disavanzi, maggioranza qualificata del consiglio, escluso lo stato in disavanzo.
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Art. 7 par. 1 TUE, maggioranza dei 4/5 degli stati membri per la constatazione di un evidente rischio di violazione grave da parte di uno stato membro, che non vota, dei valori ex art. 2 TUE.
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È possibile istituire cooperazioni rafforzate che prevedono una integrazione differenziata → quando non tutti i membri del consiglio prendono parte alle votazioni, la maggioranza qualificata va calcolata ex art. 3 par. 4 protocollo 36 (sino al 31 otto. 2014),poi ex art. 238 par. 3 TFUE.
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Si possono realizzare in senso al consiglio degli accordi tra gli stati membri e talvolta è previsto che un testo elaborato con il voto unanime del consiglio sia poi sottoposto all’approvazione degli stati membri in conformità con le rispettive norme costituzionali.
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In altre norme, per quanto rare, i trattati dispongono che certe decisioni siano direttamente prese di comune accordo dai governi degli stati membri → nomina dei giudici e degli avvocati generali della corte di giustizia; determinazione sede delle istituzioni; nomina dei giudici del tribunale.
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Purchè sia certa la volontà degli stati membri di obbligarsi giuridicamente, può ritenesti che questi possano concludere accordi in forma semplificata, cioè senza successiva ratifica, qualora integrino e sviluppino norme e politiche dell’unione.
9. Le funzioni del consiglio
Art. 16 par. 1 TUE: il consiglio esercita, congiuntamente al parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio → Emerge così un ruolo che tende porsi come paritario tra il Consiglio e il Parlamento e che ne disegna una posizione condivisa di autorità legislativa e di bilancio.
Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati → riferimento alle funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento. Lʼespressione è alquanto generica e può specificarsi solo in rapporto alle singole disposizioni.
Sul piano generale può dirsi che, nell’esercizio di tali funzioni, il Consiglio non emana solo atti legislativi ma atti di indirizzo, di assistenza, di consulenza, in definitiva, atti giuridicamente non vincolanti → l’art. 292 TFUE dichiara che il consiglio adotta raccomandazioni; riguardo settori specifici, invece, gli atti del consiglio possono acquisire maggiore efficacia giuridica, come in materia di occupazione (v. art. 148 tfue).
Poteri più specifici e più incisivi risultano dalle disposizioni concernenti la politica economica (artt. 120-126 tfue), come l’adozione di una raccomandazione contenente gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione, un compito di sorveglianza, di assistenza finanziaria, poteri sanzionatori, poteri normativi. Il Consiglio detiene un potere decisionale nella politica estera e di sicurezza comune, anche se non si tratta di un potere legislativo perché, in tale materia, è radicalmente esclusa l’adozione di atti legislativi. Il Consiglio, il quale, peraltro, opera sulla base degli orientamenti generali definiti dal Consiglio europeo, adotta decisioni per un intervento operativo che stabiliscono gli obiettivi, la portata e i mezzi di cui lʼUnione deve disporre, le condizioni di attuazione e la durata. Tali decisioni vincolano gli Stati membri nella loro azione.
Egualmente obbligatorie sono le decisioni con le quali il Consiglio definisce la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica e tematica. Spetta al Consiglio, inoltre, su proposta dellʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro, adottare le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione operativa avente anche implicazioni militari.
Nei rapporti con la Commissione, al pari del Parlamento europeo, il Consiglio può chiedere alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni al fine del raggiungimento degli obiettivi comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso.
Il Consiglio, inoltre, interviene con varie modalità nella nomina di altre istituzioni o organi, come la Commissione, il Comitato esecutivo della Banca centrale europea, la Corte dei Conti, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni. Esso fissa anche gli stipendi, le indennità e le pensioni di coloro che rivestono le cariche principali nelle istituzioni europee. Interviene, talvolta, nella definizione di atti normativi concernenti lʼazione di altre istituzioni (per esempio, il regolamento di procedura della Corte di giustizia è stabilito dalla stessa Corte).
Il Trattato sulla Comunità europea aggiungeva alle funzioni del Consiglio quella di conferire alla Commissione, negli atti adottati, le competenze di esecuzione delle norme da esso stabilite, sottoponendo lʼesercizio di tali competenze a determinate modalità definite in via preliminare. A tale disposizione faceva da pendant la norma in base alla quale la Commissione esercitava le competenze conferitele dal Consiglio per lʼattuazione delle norme da esso stabilite. Malgrado il mantenimento in vigore di tale disciplina, nella logica del Trattato di Lisbona non si giustifica più un potere del Consiglio di conferire alla Commissione la competenza ad eseguire le norme da esso emanate, poiché il Consiglio non detiene in via esclusiva il potere legislativo, ma lo condivide con il Parlamento europeo. (art. 291 tfue) La possibilità che il Consiglio riceva un potere di esecuzione riguarda non solo gli atti legislativi, ma qualsiasi atto obbligatorio dell’Unione.
10. La Commissione
Organo tipicamente sopranazionale che è tenuto ad operare nell’esclusivo interesse dell’unione, in piena indipendenza dagli stati membri e da qualsiasi potere → rappresenta l’interesse generale e unitario dellʼUnione.
La commissione è formata da individui indipendenti e competenti → il numero dei commissari era fissato, originariamente, in nove, così da consentire ai Paesi membri più importanti (Francia, Italia e Germania) di avere due commissari di propria cittadinanza, mentre gli altri (Belgio, Lussemburgo e Olanda) ne avevano uno a testa. Nei primi allargamenti il numero fu ampliato in maniera da garantire lʼapplicazione di questa regola (non scritta) attribuendo due membri della Commissione anche al Regno Unito e poi alla Spagna. Proseguendo negli allargamenti, e vista l’esigenza di evitare che la Commissione diventasse un organo pletorico e scarsamente efficiente, il numero dei commissari non era più definito, ma lʼart. 213, par.1 2° comma, del TCE stabiliva che la Commissione comprendesse un cittadino di ciascuno Stato membro. Con lʼingresso della Bulgaria e della Romania, dal 1° gennaio 2007 essa risulta quindi formata da 27 componenti.
Il Trattato di Lisbona ha previsto una riduzione della composizione della Commissione. In una prima fase, cioè fino al 31 ottobre 2014, la Commissione resta formata da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il Presidente e lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti. Tale composizione dovrebbe cambiare dal 1° novembre 2014 con una sostanziale riduzione dei suoi membri. Infatti “a decorrere dal 1 o novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il Presidente e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, non decida di modificare tale numero. I membri della Commissione sono scelti tra i cittadini degli Stati membri in base ad un sistema di rotazione assolutamente paritaria tra gli Stati membri che consenta di riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri. Tale sistema è stabilito all’unanimità dal Consiglio europeo conformemente all’articolo 244 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea” (art. 17 par. 5 TUE). Pertanto il numero dei componenti della Commissione, qualora restasse invariato il numero degli Stati membri, scenderebbe a diciotto (due terzi degli attuali ventisette).
La scelta dei commissari deve essere fatta in base ad un sistema dai caratteri previsti nel 2° comma art. 17 par. 5 TUE, stabilito dal consiglio europeo all’unanimità secondo i principi fissati nell’art. 244 TFUE:
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gli stati membri sono trattati su un piano di assoluta parità per quanto concerne la determinazione dell’avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla commissione; il numero totale dei mandati detenuti dai cittadini di due stati membri non può mai essere superiore a uno.
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Ciascuna delle commissioni successive è costituita in modo da riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli stati membri.
Alla riduzione della composizione della Commissione si collega la Dichiarazione n. 10, dal valore interpretativo, che afferma che la commissione dovrebbe assicurare piena trasparenza nelle relazioni con tutti gli stati membri e mantenere stretti contatti con tutti tali stati, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un membro nella commissione. A ciò si aggiunge la concessione fatta dal Consiglio europeo allʼIrlanda, per favorire un esito positivo della procedura di ratifica del Trattato di Lisbona, secondo la quale, in caso di entrata in vigore dello stesso Trattato di Lisbona, sarebbe stata adottata una decisione affinché la Commissione possa continuare a comprendere un cittadino di ciascun Stato membro. Dunque, la novità del Trattato di Lisbona, consistente nello snellimento della Commissione, sembra destinata a scomparire con la stessa entrata in vigore del Trattato.
Indipendenza e competenza sono gli elementi che caratterizzano i membri della Commissione e questʼultima nel suo insieme. A tali requisiti è stato ora aggiunto lʼimpegno europeo → Lʼart. 17, par. 3, 2° comma, TUE, dichiara infatti che “i membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza”:
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La competenza e lʼimpegno europeo sono oggetto di una valutazione inevitabilmente discrezionale da parte dei soggetti che intervengono nella loro nomina;
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lʼindipendenza dei commissari è regolata dallo stesso art. 17 TUE, nonché dallʼart. 245 TFUE ed è garantita da un meccanismo sanzionatorio in caso di violazione. Lʼindipendenza si concretizza in vari obblighi dei membri della Commissione. Essi, anzitutto, non possono ricevere né tanto meno richiedere istruzioni da alcun governo, in particolare dallo Stato del quale sono cittadini, né da alcun organo o ente pubblico o privato, quale partito politico, associazione, gruppo dʼinteresse economico. A tale obbligo dei commissari fa riscontro il corrispondente dovere degli Stati membri di rispettare il loro carattere indipendente e di astenersi da qualsiasi tentativo di influenzarli nell’esercizio delle loro funzioni. Un ulteriore dovere nel quale sia articola l’indipendenza dei commissari consiste nell’astensione da ogni atto incompatibile con il proprio carattere indipendente e nel divieto di esercitare qualsiasi altra attività professionale, anche se non remunerata.
Gli obblighi dei membri della Commissione possono sopravvivere anche alla cessazione delle proprie funzioni, in particolare riguardo i doveri di onestà e delicatezza nellʼassunzione di determinate funzioni o vantaggi. La stessa Commissione, dopo taluni episodi allarmanti che riguardavano certi membri della Commissione, avvertì la necessità di precisare ancor più dettagliatamente gli obblighi dei commissari:
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la Commissione presieduta da Romano Prodi nel 1999, adottò un codice di condotta per i commissari.
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Un nuovo codice è stato adottato il 20 aprile 2011, presidenza Barroso.
Gli obblighi dei commissari sono passibili di un controllo giudiziario e di sanzioni in caso di violazioni. Sia il Consiglio che la Commissione possono chiedere alla Corte di giustizia, qualora un commissario violi i propri obblighi, di pronunciarne le dimissioni dʼufficio o, se il commissario abbia cessato le sue funzioni, la decadenza del diritto alla pensione o da altri vantaggi sostitutivi (art. 245,2 TFUE):
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nel 1999 Martin Bangemann fu sottoposto dal consiglio alla corte di giustizia per violazione del dovere di delicatezza, avendo accettato una occupazione presso telefonica, settore quello telefonico in cui era competente in seno alla comissione.
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Nel 2004, l’ex commissaria Edith Cresson è stata accusata di aver fatto assumere come ospite scientifico presso la commissione un suo stretto conoscente per usarlo, invece, come consigliere personale benché ciò non fosse possibile in quanto egli superava il limite di età e perché il gabinetto era già completo. La corte, 11 luglio 2006, affermò che i membri della commissione devono far prevalere in ogni momento l’interesse generale dell’Unione anche sugli interessi personali. Tuttavia è necessario che sia stata commessa una grave violazione per una condanna ex art. 245 TFUE. L’ex commissaria fu condannata.
11. La nomina, la cessazione e l’organizzazione della commissione
La disciplina della nomina della Commissione ha conosciuto una lunga e significativa evoluzione, fino alle ultime modifiche del Trattato di Lisbona del 2007:
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Originariamente i suoi membri erano nominati di comune accordi dai governi degli Stati membri, quindi allʼunanimità e al di fuori del quadro istituzionale europeo.
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Le successive revisioni hanno condotto il procedimento di nomina nellʼambito dellʼUnione, hanno eliminato lʼunanimità, hanno assegnato un potere decisionale al Parlamento europeo e un ruolo di partecipazione al Presidente della Commissione.
Innanzitutto il TUE (art. 17, par. 3) dichiara che il mandato della Commissione è di cinque anni. Il procedimento di nomina si articola in vari fasi (art. 17, par. 7): -“[…]
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Tenuto conto delle elezioni del parlamento europeo, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura → il riferimento ai risultati elettorali del parlamento induce a prefigurare il candidato presidente della commissione come politicamente coerente con la maggioranza parlamentare e non coe espressione di decisione autonoma degli stati quanto il frutto di una individuazione di una persona che, alla luce della maggioranza formatasi in parlamento, sia in grado di ottenere la fiducia e, su tale base, di costituire una commissione suscettibile di ottenere voto favorevole del parlamento.
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Il Consiglio, di comune accordo con il presidente eletto, adotta l’elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione. Dette personalità sono selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri;
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Il Presidente della Commissione, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento europeo. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata” → i candidati compaiono dinnanzi le varie commissioni parlamentari competenti per formulare una dichiarazione e rispondere alle domande. Successivamente il presidente presenta al parlamento il collegio degli interi commissari ed il suo programma e, dopo la discussione, il parlamento approva l’intera commissione. Il consiglio europeo può procedere alla nomina formale.
■ Il TFUE fornisce un elenco tassativo dei casi in cui un membro della Commissione cessa dalla carica di commissario (art. 246 TFUE). Essi sono:
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scadenza del mandato
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decesso
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dimissioni volontarie
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dimissioni dʼufficio → esse possono essere dichiarate dalla Corte di giustizia, su istanza del Consiglio o della Commissione, nellʼipotesi in cui il commissario non risponda più alle condizioni necessarie allʼesercizio delle sue funzioni oppure quando il commissario abbia commesso una colpa grave.
Il posto divenuto vacante a seguito di dimissioni volontarie o dʼufficio o di decesso è coperto, per la restante durata del mandato del membro, da un nuovo membro della stessa nazionalità, nominato dal Consiglio di comune accordo col Presidente della Commissione, previa consultazione del parlamento europeo. Qualora le dimissioni o il decesso riguardino il Presidente o lʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, essi sono sostituiti per la restante durata del mandato secondo la normale procedura di nomina (art. 18 par. 1 TUE).
Con il Trattato di Lisbona è stata prevista lʼipotesi di dimissioni volontarie dellʼintera Commissione → i membri dimissionari della Commissione restano in carica, curando gli affari di ordinaria amministrazione, fino alla loro sostituzione, che deve essere effettuata con la procedura dii cui all’art. 17 TUE, per la restante durata del mandato.
■ L’organizzazione interna della Commissione si articola in direzioni generali, servizi e uffici. Ai commissari sono affidati dal Presidente particolari settori di attività con compiti di preparazione dei lavori della Commissione e di esecuzione delle decisioni. Per lʼespletamento delle proprie competenze ogni commissario costituisce dei gabinetti incaricati di assisterlo. Va per sottolineato che la responsabilità per gli atti dei singoli commissari ricade sempre sullʼintera Commissione, nel rispetto del principio di collegialità. Quanto al sistema di votazione delle delibere, lʼart. 250 TFUE prescrive che vengano adottate a maggioranza dei membri della Commissione, ma di fatto esse delibera solitamente per consensus. Tale maggioranza rappresenta anche il quorum richiesto per le sue deliberazioni. Ma i membri della Commissione sono tenuti ad assistere a tutte le riunioni, salvo impedimento, soggetto alla valutazione del Presidente. La Commissione opera “a tempo pieno” in quanto “si riunisce almeno una volta alla settimana e ogni volta che se ne presenti la necessità”.
Una posizione di primo piano nella Commissione è quella del Presidente. Il ruolo del Presidente della Commissione è stato rafforzato dal Trattato di Nizza ed ha subito alcune modifiche ad opera del Trattato di Lisbona. Egli svolge un ruolo attivo nell’individuazione dei candidati alla carica di commissario, nomina i vicepresidenti tra i membri della Commissione (fatta eccezione per lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza), è investito del ruolo di leadership ai sensi dellʼart. 248 TFUE dal momento che “i membri della Commissione esercitano le funzioni loro attribuite dal presidente, sotto la sua autorità”. È previsto, inoltre, ai sensi dellʼart. 17 par. 6 TUE che il presidente della Commissione:
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definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti;
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decide l’organizzazione interna della Commissione per assicurare la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua azione.
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Nomina i vicepresidenti, fatta eccezione per l’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, tra i membri della commissione.
Di particolare importanza è il potere di provocare le dimissioni di un commissario (con l’eccezione dellʼAlto rappresentante):
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in caso di cessazione del rapporto di fiducia tra il presidente e il singolo commissario
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in caso di rottura del rapp. Di fiducia tra il parlamento e i singoli commissari
.Il Presidente della Commissione, dalla originaria posizione di primus inter pares, tende così ad assumere il ruolo di capo dellʼesecutivo dellʼUnione.
12. Le funzioni della commissione
Le funzioni della Commissione sono previste dallʼart. 17, par. 1, TUE:
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Innanzitutto, “la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine”.
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La norma prosegue enunciando un compito fondamentale della Commissione, quello di vigilare sul rispetto del diritto dellʼUnione (comprendente sia i Trattati che il diritto derivato) → Sotto questo profilo la Commissione appare la custode dei Trattati esercitando la propria vigilanza sugli Stati membri, sulle altre istituzioni e sui privati. Tale potere viene a specificarsi in varie disposizioni dei Trattati o atti dellʼUnione. Possono ricordarsi lʼart. 105 FUE che le attribuisce un potere generale di vigilanza in materia di regole di concorrenza applicabili alle imprese; lʼart. 106 TFUE in materia si applicazione delle regole di concorrenza alle imprese pubbliche; lʼart. 108 TFUE relativo al controllo sugli aiuti degli Stati alle imprese. Al potere di vigilanza ex art. 377 TFUE si accompagna un potere ampio di carattere istruttorio (raccogliere tutte le info e procedere alle necessarie verifiche). L’attività di vigilanza sull’osservanza del diritto dell’Unione può sfociare in diverse determinazioni della Commissione. Essa:
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nei confronti degli Stati, può proporre un ricorso alla Corte di giustizia in base allʼart. 258 TFUE affinché constati lʼinfrazione dello Stato.
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Nei rapporti con le altre istituzioni la Commissione può disporre di altri strumenti di tipo giudiziario, proponendo alla Corte un ricorso di annullamento di atti dellʼUnione ex art. 263 TFUE o, nel caso, unʼazione in carenza volta a fare constatare la violazione dei Trattati consistente nellʼomissione di un atto.
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Quanto ai privati, se specifiche norme lo prevedono, la Commissione può giungere a infliggere delle ammende pecuniarie.
In specifiche materie un potere i vigilanza è attribuito anche al Consiglio, per esempio sulla politica economica degli Stati membro o sui disavanzi pubblici eccessivi. In questa materia non sono mancati problemi di determinazione delle reciproche sfera di competenza tra il Consiglio e la Commissione, che hanno dato luogo a una vicenda giudiziaria decisa dalla Corte di Giustizia.
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Lʼart. 17, par. 1 TUE richiama poi la competenza della Commissione nel dare esecuzione al bilancio dellʼUnione, cioè nella riscossione delle entrate e nell’erogazione delle spese. Si tratta di una competenza non esclusiva, in quanto è largamente condivisa con gli Stati; inoltre, in principio, la Commissione non ha un potere autonomi di decidere come impegnare le spese.
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Tra le competenze della Commissione è menzionata, inoltre, la competenza di gestione dei programmi, cioè la competenza ad amministrare programmi e strumenti finanziari europei (si pensi al programma Erasmus per la mobilità degli studenti universitari). Le funzioni di gestione riguardano anche i fondi a finalità strutturale, quali i fondi europei in materia agricola, il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale. Tali funzioni, peraltro, sono esercitate in collaborazione con le autorità nazionali e regionali.
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Lʼart. 211 del Trattato sulla Comunità europea dedicava uno specifico riferimento alle competenze di esecuzione conferite alla Commissione dal Consiglio per lʼattuazione delle norme da esso stabilite. Le modalità secondo cui erano esercitate le competenze di esecuzione della commissione erano disciplinare della decisione del consiglio n.1999/468/CE, che prevedeva quattro diverse procedure, comportanti l’istituzione di comitati composti da rappresentanti degli Stati membri che affiancavano la Commissione (comitologia). La decisione del consiglio 2006/512/CE contemplava una differente procedura, detta di regolamentazione con controllo. Ma con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona è mutato profondamente il quadro normativo: la potestà legislativa è condivisa tra il consiglio e il parlamento; la competenza ad eseguire gli atti obbligatori dell’unione appartiene sia agli stati membri che alla commissione. E mentre la disciplina fondata sulla “comitologia” pone sullo stesso piano la funzione strettamente esecutiva, cioè di mera attuazione delle norme emanate dalle istituzioni dotate di poteri legislativi, e quella parzialmente normativa consiste nella emanazione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali dell’atto da eseguire, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o completandolo con l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali; al contrario, il Trattato di Lisbona distingue nettamente le due ipotesi, stabilendo una differente disciplina:
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Le funzioni esecutive sono ristrette alla prima ipotesi considerata, cioè della adozione di misure di mera attuazione di un atto,
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la seconda ipotesi è ricondotta alle competenze delegate dalla Commissione.
A queste competenze è dedicato lʼart. 290 TFUE, il quale dispone che:
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un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dellʼatto legislativo.
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Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere: a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega; b) l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.
Pertanto l’attività che un atto legislativo può delegare alla commissione è di natura normativa poiché comporta l’emanazione di atti di portata generale per quanto non legislativi. L’atto delegato può così integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto dell’atto legislativo, poiché quelli essenziali restano nella competenza esclusiva dell’atto legislativo. La facoltà di delega, da parte delle istituzioni dotate di potere legislativo alla commissione corrisponde a una prassi consolidata.
L’art. 291 TFUE, invece, riguarda la vera e propria esecuzione degli atti dell’unione:
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gli stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’unione.
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Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione, gli atti conferiscono competenze di esecuzione alla commissione o, in casi specifici, al consiglio.
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Il parlamento europeo ed il consiglio stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla commissione.
La funzione di esecuzione riguarda quindi tutti gli atti giuridicamente rilevanti dell’unione e la competenza ad adottare tutte le misure di attuazione di tali atti spetta anzitutto agli stati membri, che vi prevedono nell’ambito del loro diritto interno. Solo quando siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione gli atti in questione conferiscono competenze di esecuzione alla commissione. Lo svolgimento delle competenze di esecuzione della commissione è oggetto di una disciplina generale preventiva, definita mediante regolamenti emanati secondo la procedura legislativa ordinaria, relativa alle modalità di controllo da parte degli stati membri sull’esercizio di tali competenze → disciplina adottata con regolamento 182/2011, con cui si prevedono due procedure, entrambe con la partecipazione di un comitato formato da rappresentanti degli stati membri e presieduto da un rapp. della commissione. Un comitato di appello è contemplato in alcune ipotesi.
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Procedura di esame: la commissione è vincolata al parere del comitato.
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Procedura consultiva.
La scelta tra le due procedure si fa nell’atto da eseguire (atto di base) ma in alcuni casi il regolamento stabilisce la procedura di esame.
(f) Lʼart. 17, par. 1 TUE attribuisce alla Commissione anche la rappresentanza esterna dellʼUnione. Tale rappresentanza, peraltro non è esclusiva: lo stesso art. 17, par. 1, TUE eccettua la materia della politica estera e di sicurezza comune, per la quale la rappresentanza esterna è assicurata dal Presidente del Consiglio europeo, fatte salve le prerogative dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Sempre sul piano esterno, assieme al Consiglio e con lʼassistenza dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, deve garantire la coerenza tra i vari settori dellʼazione esterna dellʼUnione e tra questi settori e le altre politiche. Inoltre la Commissione e lʼAlto rappresentante sono incaricati di attuare ogni utile forma di cooperazione con le Nazioni Unite e i suoi istituti specializzati, il Consiglio dʼEuropa, lʼOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nonché di assicurare gli opportuni collegamenti con altre organizzazioni internazionali. La rappresentanza dellʼUnione è attribuita alla Commissione anche allʼinterno degli Stati membri (art. 335 tfue attribuisce alla unione la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone dalle legislazioni nazionali).
(g) Oltre al compito di avviare la programmazione dellʼUnione per giungere ad accordi interistituzionali, ulteriori funzioni della Commissione sono indicate anzitutto dallʼart. 17, par. 2 TUE → una norma che esprime la partecipazione della Commissione ai procedimenti decisionali di carattere interistiuzionale, in particolare ai procedimenti legislativi (ordinario e speciali). La Commissione detiene quasi il “monopolio” delle proposte di atti dellʼUnione, senza le quali non è possibile avviare i procedimenti legislativi (o decisionali), anche se le proposte possono essere sollecitate dal parlamento europeo, dal Consiglio o da cittadini dellʼUnione in numero di almeno un milione. La forza della proposta della Commissione è tale che essa pu essere respinta, ma ove il Consiglio intenda modificarla pu farlo, di regola, solo allʼunanimità. Rispetto a questo potere di iniziativa, che fa della Commissione il motore dellʼattività dellʼUnione, estremamente rari sono i casi nei quali i Trattati consentono lʼadozione di atti senza la sua proposta. Come di consueto, a parte si colloca la politica estera e di sicurezza comune, nella quale il ruolo della Commissione è alquanto modesto e viene attenuato il suo potere dʼiniziativa. In questo caso, infatti, il potere di iniziativa, comprensivo del potere di sottoporre proposte al Consiglio è conferito a ciascun Stato membro e, autonomamente, allʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, salva la possibilità di un appoggio della Commissione, che non costituisce, per , una condizione necessaria per le iniziative dellʼAlto rappresentante.
(h) Rientrano anche nel potere di proposta della Commissione anche i numerosi atti atipici, non vincolanti, che essa è solita emettere nella prassi, come comunicazioni, dichiarazioni, programmi. Tra questi particolare importanza presentano i libri bianchi, i quali contengono un articolato programma di azione e di atti da adottare in un determinato settore, e i libri verdi, che si collocano in una fase preparatorio meno avanzata e contengono una documentazione volta a provocare, su una certa problematica, una discussione e un dibattito con le istituzioni europee e gli Stati membri, o anche con categorie interessate e settori della società civile.
Sebbene lʼart. 17 TUE non menzioni un potere di decisione, talune disposizioni dei Trattati attribuiscono alla Commissione tale potere. Talvolta esso è contemplato nel quadro dei poteri di vigilanza della Commissione e, in questa ipotesi, la decisione diventa uno strumento di controllo sulla condotta degli Stati membri. Non mancano, poi, disposizioni che conferiscono alla Commissione un vero e proprio potere normativo, sia pure in via dʼeccezione, quindi, la Commissione, oltre a un potere normativo di carattere delegato e a un potere esecutivo, può avere un potere normativo primario, derivante, cioè, direttamente dai Trattati.
La Commissione dispone anche di un potere di raccomandazione di carattere generale (292 tfue) esercitabile ogni qual volta lo ritenga necessario, con il solo limite che riguardi materie rientranti nellʼambito dei Trattati. Tali atti possono rivolgersi ad altre istituzioni o organi, come a Stati membri e a soggetti privati o pubblici e possono avere destinatari generali o particolari. In ogni caso, le raccomandazioni non sono obbligatorie, anche se possono produrre taluni effetti giuridici.
In qualche caso è previsto anche che la Commissione, quando non abbia un potere esclusivo di proposta, emani pareri. Un particolare valore giuridico ha il parere motivato che la Commissione emette nel quadro della procedura dʼinfrazione nei confronti di uno Stato membro che essa reputi abbia violato propri obblighi derivanti dal diritto dellʼUnione.
Inoltre, la Commissiona pubblica annualmente, almeno un mese prima dellʼapertura della sessione del parlamento europeo, una relazione generale sullʼattività dellʼUnione. Tale relazione, sottoposta allʼesame del Parlamento europeo, costituisce anche una preziosa fonte di conoscenza sullʼattività e i risultati dellʼUnione.
13. L’alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Un organo “ibrido” poiché, oltre alla posizione di presidente del Consiglio “Affari esteri”, riveste lo status di componente della Commissione, della quali è uno dei vicepresidenti. Questa duplice condizione dellʼAlto rappresentante si riflette nella duplicità dei rapporti che si determinano:
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da un lato, con le istituzioni governative dellʼUnione (Consiglio europeo e Consiglio),
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dallʼaltro, con lʼistituzione “soprannazionale” (la Commissione), formata da individui indipendenti da qualsiasi Stato.
L’Alto rappresentante è nominato dal Consiglio europeo d’accordo con il Presidente della Commissione. La sua nomina, come per tutti i membri della Commissione, è subordinata allʼapprovazione del Parlamento europeo il quale, nel contesto di fiducia che intercorre con la Commissione, ha dunque il potere di impedire la nomina di un candidato ad Alto rappresentante e può con una mozione di censura sfiduciarlo. Il consiglio può anche determinare con la medesima procedura la fine del suo mandato e, pertanto, è qualificato come MANDATARIO DEL CONSIGLIO → l’alto rappresentante contribuisce all’elaborazione della politica estera e di sicurezza comune con le sue proposte e la attua in qualità di mandatario del Consiglio (art. 18 par. 2 TUE).
In qualità di membro e vicepresidente della Commissione, l’Alto rappresentante “è incaricato delle responsabilità che incombono a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell’Unione”.
Solo nei limiti entro i quali egli opera in seno alla Commissione resta soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della Commissione; ma, a differenza degli altri membri della Commissione, l’Alto rappresentante è sottratto al divieto generale secondo il quale tali membro non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismi, in quanto questi opera quale mandatario del Consiglio e attua la politica estera e di sicurezza comune.
Al di là delle norme che si riferiscono allʼAlto rappresentante nella sua veste di presidente del Consiglio “Affari esteri” e di vicepresidente della Commissione, numerose disposizioni dei Trattati stabiliscono le sue funzioni nellʼambito generale dellʼazione esterna dellʼUnione e, più specificatamente, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune:
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Sul piano generale, lʼAlto rappresentante assiste il Consiglio e la Commissione nel loro compito di garantire la coerenza tra i vari settori dellʼazione esterna e tra questi e le altre politiche dellʼUnione; l’Alto rappresentante svolge una funzione di proposta (di questioni o di iniziative) nei confronti del Consiglio, di attuazione delle decisioni dello stesso Consiglio, così come del Consiglio europeo, di rappresentanza dellʼUnione nei rapporti con i terzi, di consultazione (art. 27 tue).
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Di particolare importanza appaiono le funzioni dell ‘Alto rappresentante nellʼattuazione delle missioni implicanti lʼimpiego di mezzi civili e militari nellʼambito della politica di sicurezza e di difesa comune (c.d. operazioni di Petersberg) → Esse comprendono le azioni in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, di consulenza e assistenza in amteria militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, ecc. Tali missioni sono decise dal Consiglio e spetta allʼAlto rappresentante, sotto lʼautorità del Consiglio e in stretto contatto con il comitato politico e di sicurezza, provvedere a coordinare gli aspetti cvili e militari delle stesse missioni.
Una significativa novità introdotta dal Trattato di Lisbona consiste nellʼistituzione di un servizio europeo per lʼazione esterna, che potrebbe configurarsi come un servizio europeo di diplomazia, posto sotto la direzione dellʼAlto rappresentante → art. 27 par. 3 TUE “nell’esecuzione delle sue funzioni, l’alto rappresentante si avvale di un servizio europeo per l’azione esterna. Il servizio lavora in collaborazione con i servizi diplomatici degli stati membri ed è composto da funzionari dei servizi competenti del segretariato generale del consiglio e della commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali”. Il SEAE è disciplinato dalla decsione del consiglio 2010/427/UE:
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un organo dell’unione che opera in autonomia funzionale sotto la responsabilità dell’alto rappresentante
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provvisto di capacità giuridica necessaria per l’adempimento dei suoi compiti
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ha sede a Bruxelles ma si articola in una amministrazione centrale e nelle delegazioni presso i paesi terzi e le organizzazioni internazionali, il cui capo delegazione rappresenta l’unione.
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Assiste il rappresentante nell’esecuzione delle sue funzioni, il presidente del consiglio europeo e della commissione e la commissione stessa nelle rispettive funzioni di relazioni esterne. Collabora con i servizi diplomatici degli stati membri.
14. La corte di giustizia dell’Unione Europea
In base allʼart. 19 TUE la Corte di giustizia dellʼUnione europea, qualificata dal TUE come istituzione dellʼUnione, comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati → si identifica con lʼintero ordinamento giudiziario dellʻUnione, al quale compete di assicurare il rispetto del diritto nellʼinterpretazione e nellʼapplicazione dei Trattati.
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La Corte di giustizia era, originariamente, l’unica istituzione giudiziaria dell’Unione europea, fornita di una pluralità di competenze e deputata ad assicurare il rispetto del diritto dellʼUnione europea da parte degli Stati membri, delle istituzioni politiche dellʼUnione e degli individui. Ha sede a Lussemburgo e si riunisce in sezioni, composte da 3 o 5 membri, in grandi sezioni, 13 giudici e presieduta dal presidente o, eccezionalmente, in seduta plenaria.
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Successivamente, con una decisione del Consiglio del 1988, fu istituito un secondo organo giudiziario, il Tribunale di primo grado, con alcune limitate competenze che, peraltro, sono progressivamente aumentate. Esso è stato formalmente inserito nei Trattati con il Trattato di Maastricht del 1992, mentre con il Trattato di Lisbona ha assunto la denominazione di Tribunale. La creazione del Tribunale rispondeva principalmente a due esigenze:
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decongestionare la Corte di giustizia rispetto a una massa smisurata di ricorsi che rischiava di minarne l’efficienza e la funzionalità;
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opportunità di garantire un doppio grado di giurisdizione, con il diritto dʼimpugnare le sentenze del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia. Il doppio grado di giurisdizione non è, tuttavia, di generale applicazione, poiché vi sono tuttora importanti competenze, basti pensare alla procedura di infrazione contro gli Stati membri, riservate alla sola Corte, che, dunque, è giudice unico
Ha sede a Lussemburgo ed è formato da almeno un giudice per stato membro.
Riguardo alla prima esigenza ricordata, sollevare la Corte di giustizia dal rischio di restare travolta dai ricorsi, la creazione del Tribunale si è rivelata misura insufficiente. Al fine di alleggerire il peso del contenzioso della Corte non solo sono state, di volta in volta, aumentate le competenze del Tribunale, ma il Trattato di Nizza del 2001 ha previsto, con una “clausola abilitante”, divenuta lʼattuale 257 TFUE, la possibilità di affiancare al Tribunale dei tribunali specializzati, incaricati a conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche. Sulla base della disposizione del Trattato di Nizza è stato già creato un tribunale specializzato. Il Consiglio, infatti, con decisione del 2004, ha istituito il Tribunale della funzione pubblica dellʼUnione europea, competente a pronunciarsi in primo grado sulle controversie tra lʼUnione e i suoi agenti:
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Contro le sue decisioni può essere proposta impugnazione, solo per motivi di diritto, al Tribunale che così, nella materia in esame, diventa giudice di secondo grado.
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Le decisioni del Tribunale, emanate a seguito di impugnazione di una decisione del Tribunale della funzione pubblica, possono essere oggetto di riesame da parte della Corte di giustizia, ove sussistano gravi rischi che lʼunità o la coerenza del diritto dellʼUnione siano compromesse → In questa ipotesi, per quanto eccezionale, si configura un terzo grado di giurisdizione presso la Corte di giustizia.
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composto da sette giudici, nominato dal Consiglio allʼunanimità. Peraltro, la decisione del Consiglio è subordinata alla consultazione di un comitato composto da sette personalità scelte tra ex giudici della Corte e del Tribunale e tra giuristi di notoria competenza, il quale fornisce un parere sullʼidoneità dei candidati allo svolgimento delle funzioni di giudice del Tribunale della funzione pubblica.
La disciplina delle istituzioni giudiziarie si trova anche:
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nello Statuto della Corte di giustizia → Lo statuto è stabilito con protocollo separato ed ha lo stesso valore giuridico dei trattati. E’ previsto un meccanismo semplificato di revisione dello statuto, ad eccezione del titolo I e dell’art. 64, regolato dall’art. 281,2 TFUE (il parlamento e il consiglio deliberano su richiesta della c. di giustizia e previa consultazione della commissione o su proposta della commissione, previa consultazione della corte di giustizia).
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nei regolamenti di procedura delle diverse giurisdizioni dell’UE → stabiliti da ciascun tribunale ma oggetto di approvazione del consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.
La Corte di giustizia è composta da un giudice per ogni Stato membro e da otto avvocati generali. I giudici e gli avvocati sono nominati dagli Stati membri di comune accordo per sei anni e il loro mandato è rinnovabile. I giudici e gli avvocati devono essere scelti “tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza”.
La nomina dei giudici (come degli avvocati generali e dei membri del Tribunale) è preceduta da un parere sulla loro adeguatezza fornito da un comitato di sette personalità scelte tra ex membri della Corte e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza, uno dei quali proposto dal Parlamento europeo. Le regole di funzionamento e composizione del comitato sono oggetto di una decisione del consiglio su iniziativa del presidente della corte.
Con decisione 2010/124/UE è stata adottata quella sulle norme di funzionamento:
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i giudici designano tra di loro il presidente per 3 anni rinnovabili
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la corte nomina il cancelliere, fissandone lo statuto
Sebbene i giudici vengano nominati per ciascuno Stato membro, questi non rappresentano tale Stato, non solo perché la loro indipendenza è prescritta dal TFUE, ma anche perché il carattere di piena indipendenza è connaturato alla funzione giudiziaria; la Corte, pertanto, è un tipico organo di individui.
La Corte di giustizia è assistita da otto avvocati generali, il cui numero può essere aumentato dal Consiglio, all’unanimità, su richiesta della Corte. L’avvocato generale, la cui nomina e i cui requisiti sono identici a quelli dei giudici:
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si pone al servizio dell’interesse generale del diritto dell’Unione, fornendo maggiori garanzie di equilibrio e di preparazione tecnica alla Corte di giustizia.
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“ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento” (art. 252,2 tfue) → amicus curiae che deve in maniera imparziale rappresentare l’interesse al rispetto del diritto.
La sue funzioni e la sua natura sono state precisate dalla Corte di giustizia in una ordinanza, nella quale essa ha affermato anche che egli è un membro dell’istituzione giudiziaria e partecipa all’esercizio della funzione giurisdizionale.
15. La Banca centrale europea e gli organi monetari
Nellʼambito dellʼunione economia e monetaria un ruolo importante spetta alla Banca centrale europea, qualificata istituzione dallʼart. 13 TUE, e agli organi monetari dellʼUnione europea. In materia monetaria poteri estremamente incisivi sono attribuiti alle autorità monetaria. Queste sono:
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la Banca centrale europea (BCE)
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il Sistema europeo di banche centrali (SEBC), le cui competenze e poteri sono regolati sia dal Trattato sul funzionamento dellʼUnione europea che dallo Statuto, contenuto nel Protocollo n. 4.
Il SEBC ha, quale obiettivo principale, il mantenimento della stabilità dei prezzi; i suoi compiti fondamentali sono: definire e attuare la politica monetaria dellʼUnione; svolgere le operazioni sui cambi; detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati; promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Il SEBC non è un organo autonomo, in quanto è composto dalla BCE, con sede a Francoforte, e dalle banche centrali nazionali (per lʼItalia, la Banca dʼItalia) ed è retto dagli organi decisionali della BCE. È la BCE, fornita di personalità giuridica, che con il suo apparato esercita in concreto le competenze in materia monetaria, a cominciare dalla emissione e dal governo dellʼeuro. Gli organi della BCE sono:
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il Consiglio direttivo → composto dai membri del Comitato esecutivo della BCE e dai governatori delle banche centrali nazionali degli Stati partecipanti allʼeuro.
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il Comitato esecutivo → comprende il Presidente, il vicepresidente e quattro altri membri, nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario e cittadini di Stati membri, dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo della BCE. Il loro mandato è di otto anni ed è rinnovabile.
Il Comitato esecutivo svolge funzioni preparatorie ed esecutive rispetto al Consiglio direttivo e, in generale, attua la politica monetaria sulla base delle determinazioni del Consiglio direttivo, il quale stabilisce le linee generali della politica monetaria.
La BCE si caratterizza per la sua posizione di indipendenza, sia nei confronti degli Stati membri, che delle istituzioni politiche europee Questa scelta corrisponde essenzialmente allʼintento politico di salvaguardare la stabilità dei prezzi e, quindi, di evitare spinte inflazionistiche. A tal fine le decisioni di politica monetaria vengono sottratte ad ogni forma di condizionamento o di pressione politica. proveniente da organi o istituzioni politiche. A tal proposito il TFUE, art. 130 stabilisce che “né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo”.
Tale indipendenza non implica però incomunicabilità fra le autorità monetarie europee e le istituzioni. Al contrario:
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il Presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio direttivo della BCE, al quale il Presidente del Consiglio può anche sottoporre una mozione per lʼapprovazione. I
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l Presidente della BCE è invitato a partecipare alle riunioni del Consiglio su argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC.
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La BCE trasmette una relazione annuale sullʼattività del SEBC e sulla politica monetaria al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo.
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Il Presidente della BCE e gli altri membri del Comitato esecutivo, a richiesta del Parlamento o di propria iniziativa, possono essere ascoltati dalle commissioni competenti del Parlamento europeo.
La BCE svolge anche funzioni consultive e talvolta deve essere obbligatoriamente consultata, come sulle proposte di atti dellʼUnione rientranti nelle sue competenze (da parte delle istituzioni europee) e, dalle autorità nazionali, sui progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze.
Di particolare importanza è il potere normativo che è conferito (art. 132 tfue) alla BCE per lʼassolvimento dei compiti del SEBC. Essa, infatti:
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può emanare regolamenti, decisioni, raccomandazioni e pareri.
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Tali atti hanno le stesse caratteristiche che lʼart. 288 TFUE assegna agli atti menzionati nellʼordinamento dellʼUnione: regolamenti e decisioni sono obbligatoti e i primi, di portata generale, sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri euro.
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Essi, in omaggio al carattere indipendente delle BCE, sono adottati al di fuori di qualsiasi partecipazione o controllo di istituzioni politiche, in specie del Parlamento, e non sfuggono al controllo giudiziario della Corte di giustizia.
16. La corte dei conti
La Corte dei conti fu istituita con il Trattato di Bruxelles del 22 luglio 1975 per rispondere allʼesigenza di assicurare un controllo finanziario esterno alle singole istituzioni. Oggi alla Corte dei conti è formalmente riconosciuto lo status di istituzione ex art. 13 TUE.
La Corte dei conti è un organo di individui ma NON giurisdizionale:
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è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro.
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I suoi componenti sono nominati per sei anni dal Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta di ciascuno Stato membro e previa consultazione del Parlamento, e sono scelti tra personalità che fanno o hanno fatto parte, nei rispettivi Stati, delle istituzioni di controllo esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione e che offrano tute le garanzie di indipendenza.
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Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza e nell’interesse generale dell’Unione (art. 285,2 TFUE).
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“Nell’adempimento dei loro doveri, i membri della Corte dei conti non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni. Essi non possono, per la durata delle loro funzioni, esercitare alcun’altra attività professionale, remunerata o meno. Fin dal loro insediamento, i membri della Corte dei conti assumono l’impegno di rispettare, per la durata delle loro funzioni e anche dopo la cessazione di queste, gli obblighi derivanti dalla loro carica ed in particolare i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l’accettare, dopo tale cessazione, determinate funzioni o vantaggi” (art. 286).
La funzione principale della Corte dei conti è quella di assicurare il controllo finanziario dellʼUnione esaminando i conti di tutte le entrate e le spese, compresi quelli degli organismi creati dallʼUnione:
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un controllo c.d. esterno, cioè effettuato da unʼistituzione, la Corte dei conti, nei confronti di altre istituzioni o organi.
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Il controllo riguarda la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese e si estende allʼaccertamento della sana gestione finanziaria.
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Nellʼesercizio della sua funzione dispone di incisivi strumenti di indagine, sia controllando i documenti sia, ove necessario, mediante sopralluoghi presso le altre istituzioni dellʼUnione, nei locali di qualsiasi organo che gestisca le entrate o le spese per conto dellʼUnione e negli Stati membri, compresi i locali delle persone fisiche o giuridiche che ricevano contributi a carico del bilancio dellʼUnione.
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Negli Stati membri la Corte dei conti e le competenti autorità nazionali collaborano in un spirito di reciproca fiducia, pur mantenendo la loro indipendenza.
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La Corte dei conti assiste il Parlamento europeo e il Consiglio nella loro attività di controllo sullʼesecuzione del bilancio.
I principali risultati della funzione di controllo finanziario consistono nella dichiarazione di affidabilità dei conti, comprendente l’attestazione di regolarità e legittimità delle relative operazioni, che la corte presenta al parlamento europeo e al consiglio e nella relazione generale annuale, redatta dopo la chiusura di ogni esercizio finanziario e trasmessa alle altre istituzioni europee.
La Corte dei conti ha anche una funzione consultiva → può dare pareri su richiesta di una delle altre istituzioni dell’Unione: si tratta di pareri facoltativi, nel senso che le altre istituzioni hanno la facoltà, non lʼobbligo, di richiederli. In qualche raro caso il parere è obbligatorio (ad esempio, lʼart. 325, par. 4 TFUE, il quale prescrive che il Parlamento europeo e il Consiglio consultino la Corte dei conti per lʼadozione delle misure di prevenzione e di lotta contro le frodi le ledano gli interessi finanziari dellʼUnione).
La potestà consultiva può essere esercitata dalla Corte dei conti anche di propria iniziativa, in quanto è stabilito che essa può presentare in ogni momento le sue osservazioni su problemi particolari (art. 287 par. 4,2 TFUE).
17. Gli organi ausiliari consultivi
art. 13 par. 4 TUE “il parlamento, il consiglio e la commissione sono assistiti da un comitato economico e sociale e da un comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive.
Tali organi ausiliari consultivi sono entrambi organi di individui, in quanto composti da persone indipendenti dai governi degli stati membri.
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Il comitato economico e sociale è composto da rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori indipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale (art. 300 par. 2 TFUE):
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in numero non superiore a 350 (art. 301)
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la composizione è determinata con decisione unanime del consiglio su proposta della commissione.
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La nomina è effettuata dal consiglio per cinque anni, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta degli stati membri, previa consultazione della commissione.
Il comitato si riunisce su convocazione del presidente eletto dallo stesso comitato, di propria sponte o su richiesta del parlamento europeo, del consiglio o della commissione. La funzione consultiva è esercitata mediante (art. 304):
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pareri obbligatori: richiesti dal parlamento europeo, dal consiglio o dalla commissione solo nei casi espressamente previsti dai trattati. Il parlamento etc. possono stabilire un termine di un mese, passato il quale deliberano in assenza del parere.
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pareri facoltativi: richiesti dal parlamento europeo, dal consiglio o dalla commissione in tutti i casi lo ritengano opportuno e quelli emanati dal comitato di propria iniziativa.
B) Il comitato delle regioni è stato formalmente istituito dal trattato di Maastricht, per dare una rappresentanza alle autonomie locali, tenuto conto che sovente politiche e diritto UE incidono notevolmente sugli interessi e sulle competenze delle regioni e di analoghi enti locali:
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il numero e la nomina dei componenti è analoga a quella del comitato economico.
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I membri devono già rivestire un mandato assembleare o di governo in una regione o altro ente locale. Tale mandato deve perdurare.
Anch’esso emette pareri obbligatori, solitamente prescritti in materie ove è richiesto il parere anche del comitato economico, e facoltativi. Il trattato di Lisbona gli ha riconosciuto una limitata legittimazione ad impugnare dinnanzi alla corte di giustizia atti dell’unione europea:
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se non è stata effettuata la consultazione, ove prescritta
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per violazione del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, negli atti ove è prescritto il parere obbligatorio.
C) Il comitato per l’occupazione (art. 150tfue) è composto da due membri nominati da ciascuno stato membro e due dalla commissione. Esso è incaricato di seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia, di formulare pareri su richiesta del consiglio o della commissione o di propria iniziativa (pareri facoltativi) e di preparare i lavori del consiglio relativi alla elaborazione degli orientamenti in materia occupazionale (parere obbligatorio). Esso deve ascoltare le parti sociali.
D) Il comitato dei trasporti, istituito presso la commissione, ha funzioni consultive facoltative ed è composto da esperti designati dagli stati membri.
E) Il comitato è presieduto da un membro della commissione e composto da rappresentanti dei governi e elle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, è incaricato di assistere la commissione nell’amministrazione del fondo sociale europeo.
F) Il comitato per la protezione sociale è un organo a carattere consultivo, composto da due membri nominati da ciascuno stato membro e dalla commissione, incaricato i seguire la situazione sociale e lo sviluppo elle politiche di protezione sociale.
18. La Banca europea per gli investimenti
La Banca centrale europea per gli investimenti, pur facendo parte della struttura dellʼUnione europea sin dalla sua origine, costituisce in realtà unʼentità autonoma, i cui membri sono gli Stati membri dellʼUnione europea, dotata di personalità giuridica e regolata in un apposito Statuto. La marcata autonomia risulta dalla presenza di una propria struttura organizzativa:
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Il Consiglio dei governatori, composto dai ministri designati dagli Stati membri,
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Il Consiglio di amministrazione, formato da individui che offrano ogni garanzia di indipendenza e di competenza
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Il Comitato direttivo, anchʼesso costituito da personalità indipendenti.
Anche il sistema di finanziamento e il bilancio hanno una loro autonomia: il capitale della BEi è costituito, infatti, dalle quote sottoscritte dai singoli Stati membri. La funzione essenziale della BEI è quella di contribuire allo sviluppo equilibrato del mercato interno nell’interesse dell’Unione (art. 309 TFUE). I mezzi utilizzabili a tal fine dalla BEI sono:
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le concessioni di prestiti e di garanzie, senza finalità di lucro, a favore di Stati membri o di imprese private o pubbliche, per il finanziamento di progetti per la valorizzazione delle regioni meno sviluppate, di progetti contemplanti lʼammodernamento
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La riconversione di imprese e di progetti di interesse comune per gli Stati membri, che non possono essere interamente assicurati da finanziamenti esistenti nei singoli Stati membri a causa della loro ampiezza o natura.
CAPITOLO V – LE ISTITUZIONI DELL’UE
1. Quadro generale delle istituzioni e degli organi
Il quadro istituzionale dell’UE ex art. 13 par. 1 TUE mira a promuovere i valori, perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e dei suoi stati membri, garantirne la coerenza, l’efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni.
La regolamentazione relativa alla composizione, al funzionamento, alle competenze e ai poteri dei diversi organi è ripartita tra il Trattato sullʼ Unione europea (TUE) e quello su funzionamento dellʼUnione europea (TFUE). Alla luce dellʼart. 13, par 1, 2° comma, TUE rileviamo, anzitutto, che alcuni organi, di fondamentale importanza nella vita dellʼUnione, sono definiti “istituzioni”:
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il Parlamento europeo,
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il Consiglio europeo, inserito per la prima tra le istituzioni con il Trattato di Lisbona,
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il Consiglio,
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la Commissione europea,
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la Corte di giustizia dellʼUnione europea,
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la Banca centrale europea (BCE),
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la Corte dei Conti.
Tale qualifica, non solo ha un valore di prestigio, ma determina anche alcune conseguenze giuridiche, poiché talune disposizioni dei Trattati si riferiscono espressamente alle istituzioni e non agli altri organi → Per esempio, lʼart. 265 TFUE attribuisce la legittimazione a proporre ricorsi “in carenza” dinanzi alla Corte di giustizia alle “istituzioni dellʼUnione”.
I rapporti tra tali istituzioni:
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devono corrispondere al principio di leale collaborazione che, stabilito originariamente nelle relazioni tra gli Stati membri e la Comunità, è stato esteso dalla Corte di giustizia anche ai rapporti tre le istituzioni;
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devono conformarsi al riparto di competenze tra le stesse istituzioni stabilito dalle disposizioni dei Trattati, riparto dal quale emerge un principio di equilibrio istituzionale. Il rispetto di tale principio è essenziale nello svolgimento dei rispettivi ruoli delle tre istituzioni politiche ed è sottoposto al controllo della Corte di giustizia.
Il principio del rispetto dellʼequilibrio istituzionale, come osserva la Corte, ha una piena valenza sul piano giuridico. Non solo essa determina lʼillegittimità degli atti adottati in sua violazione, ma lʼesigenza di garantire in via giudiziaria il rispetto di tale principio ha condotto la Corte di giustizia) sentenza 22 maggio 1990, causa C- 70/88, Parlamento v. Consiglio), a riconoscere la legittimazione del Parlamento europeo ad impugnare un atto dinanzi alla stessa Corte, anche se unicamente al fine di difendere le prerogative. Di particolare importanza è l’accordo quadro sulle relazioni tra il parlamento e la commissione europea, concluso tra tali istituzioni, in base all’art. 295, il 20 ottobre 2010 a Strasburgo.
Lʼapparato dellʼUnione europea comprende, inoltre il Sistema europeo di banche centrali (SEBC), costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali nonché da altri organi bancari, quale la Banca europea per gli investimenti che, peraltro, ha una spiccata autonomia ed è dotata di una propria personalità giuridica e di una propria struttura organizzativa.
I Trattati istituiscono anche degli organi ausiliari. Lʼart. 13, par. 4, TUE dichiara infatti: “il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico e sociale e da un Comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive”. Analoghi organi, con funzioni consultive in specifiche materie, sono previsti da varie disposizioni dei Trattati, come il Comitato di cui allʼart. 99 TFUE in materia di trasporti; il Comitato per lʼoccupazione (art. 150 TFUE), nonché il Comitato economico e finanziario avente, oltre a compiti consultivi, gli ulteriori compiti indicati dallʼart. 134 TFUE; il Mediatore europeo, caratterizzato da indipendenza.
Nellʼambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), va ricordato il Comitato politico e di sicurezza previsto dallʼart. 38 TUE, il quale svolge funzioni di controllo della situazione internazionale, funzioni consultive nei riguardi del Consiglio e dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, funzioni di controllo sullʼattuazione delle politiche in materia nonché, funzioni di controllo politico e di direzione strategica delle operazioni di gestione della crisi di cui allʼart. 43 TUE, sotto la responsabilità del Consiglio e dellʼAlto rappresentante.
Ulteriori organismi sono stati creati con atti delle istituzioni europee, con compiti vari, di natura tecnica, scientifica, di gestione, operativi, di sostegno e coordinamento dellʼazione delle autorità statali → Essi sono designati, solitamente, con il termine di AGENZIE anche se la loro denominazione ufficiale è talvolta differente. Esistono oggi circa una ventina di agenzie, tra le quali lʼAgenzia europea dellʼambiente (EEA), lʼAgenzia europea per i medicinali (EMEA), lʼAgenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (FRONTEX).
In materia di COOPERAZIONE PENALE il TFUE regola l’Unità europea di cooperazione giudiziaria (Eurojust) e l’Ufficio europeo di polizia (europol)
Altre agenzie dette esecutive, aventi durata limitata sono costituite per la gestione di determinati programmi, come lʼAgenzia esecutiva per lʼenergia intelligente); ulteriori organi sono talvolta creati da atti di diritto derivato in specifiche materie (un esempio interessante è rappresentato dal Garante europeo della protezione dei dati, incaricato di sorvegliare lʼapplicazione delle norme sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali).
2. Il parlamento europeo
Ex art. 14 par. 2 TUE il parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell’Unione. Esso è l’organo democratico per eccellenza, esistente già dal momento della nascita della CECA come Assemblea. La stessa assemblea, con risoluzione 20 marzo 1958, si autodefinì ASSEMBLEA PARLAMENTARE EUROPEA e con una nuova risoluzione 30 marzo 1962 PARLAMENTO EUROPEO, denominazioni ufficializzata con l’atto unico europeo del 1986.
L’attuale Parlamento europeo, eletto nel giugno 2009 per la legislatura 2009- 2014 sulla base della disciplina anteriore al Trattato di Lisbona, è formato da 736 parlamentari suddivisi, sul piano nazionale, secondo un criterio grosso modo demografico. Lʼart. 24, par. 2, TUE non stabilisce un numero fisso per ciascun Paese, ma solo un numero massimo dellʼintero Parlamento, consistente in 750 più il presidente (formula escogitata nel corso del negoziato sul Trattato di Lisbona per venire in contro alla richiesta italiana di mantenere la parità di parlamentari con il Regno Unito), in sostanza 751.
Facendo seguito ad una intesa politica raggiunta in seno al Consiglio Europeo, gli stati membri hanno concluso un protocollo (2010) che stabilisce, limitatamente al periodo della restante legislatura, in deroga all’art. 14 par. 2 TUE, che il numero dei parlamentari è aumentato provvisoriamente a 754.
Lʼart. 14, par. 2, 1° comma, TUE, pur non disponendo il numero dei membri del Parlamento assegnato a ciascuno Stato, pone un criterio generale e del limiti a tale numero, stabilendo che: “La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri per Stato membro. A nessuno Stato membro sono assegnati più di novantasei seggi”. Il criterio degressivamente proporzionale comporta che il numero dei parlamentari degli Stati membri non è in rapporto diretto con il numero dei cittadini di ognuno di tali Stati, ma anzi che, mano mano che la popolazione si riduce, il criterio proporzionale opera in maniera meno decisiva → così che, in definitiva, gli Stati demograficamente maggiori hanno un numero di parlamentari inferiore a quello che spetterebbe in basa a un rigido rapporto proporzionale tra tali parlamentari e la loro popolazione e, al contrario, gli Stati con una più ridotta popolazione hanno un numero di parlamentari più elevato di quello risultante da tale rapporto proporzionale.
Fermo il rispetto di tale principio di proporzionalità digressiva, nonché i “tetti” minimo e massimo di 6 e 96 membri, il numero dei componenti del Parlamento europeo e la loro assegnazione a ciascuno Stato membro sono stabiliti dal Consiglio europeo con una decisione votata allʼunanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con la sua approvazione.
L’assegnazione dei seggi ai diversi Stati membri non va intesa nellʼottica nazionalistica, nella quale il Parlamento europeo risulti come la semplice somma dei gruppi di parlamentari rappresentanti i diversi Paesi. Al contrario i parlamentari, configurati come “rappresentanti dei cittadini dellʼUnione” si aggregano nel Parlamento secondo affinità politiche, e non secondo la propria cittadinanza (o in base allo Stato dove sono stati eletti).
In origine il Parlamento europeo era formato “dai delegati che i parlamenti nazionali designavano fra i propri membri secondo al procedura fissata da ogni Stato membro” ma tale elezione di secondo grado presentava alcuni inconvenienti:
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scarsa rappresentatività in quanto non diretta espressione popolare
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i procedimenti nazionali raramente rispettavano un criterio di proporzionalità
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i parlamentari europei, già ed anche nazionali, concentravano il loro impegno nel parlamento nazionale
Peraltro il Trattato (art. 138, par. 1) prevedeva che il Parlamento europeo elaborasse progetti per consentire lʼelezione a suffragio universale diretto, attribuendo al Consiglio, allʼunanimità, il potere di stabilire le disposizioni da raccomandare agli Stati membri, affinché le adottassero conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. In virtù di tale norma, dopo molteplici iniziative dello stesso Parlamento restate senza seguito, il Consiglio, sulla base di un progetto approvato dal Parlamento 14 genn. 1975, adottò una decisione e un Atto allegato relativo allʼelezione dei rappresentanti nellʼAssemblea a suffragio universale. Le prime elezioni dirette del Parlamento europeo si sono così svolte nel 1979.
Il vigente art. 14 par. 3 TUE sancisce che i membri del parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto, per un mandato di cinque anni.
Lʼart. 223, par. 1, riguardo al procedimento elettorale, TFUE dichiara: “Il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l’elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto Il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali”.
In realtà, come parte della dottrina ha messo in luce, si tratta di un procedimento di tipo convenzionale poiché l’approvazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni stabilite dal Consiglio equivale a un atto di ratifica di un accordo internazionale, il cui testo è predisposto dalle istituzioni europee → sinora non si è riusciti ad adottare una procedura elettorale uniforme, ma solo taluni principi comuni, essendo per il resto gli Stati membri liberi di disciplinare come credono lʼelezione al Parlamento europeo. È tuttavia importante che si siano realizzate alcune convergenze sul metodo elettorale e sul regime delle incompatibilità → la decisione del Consiglio 2002/772/CE ha stabilito che le elezioni debbano svolgersi con il metodo proporzionale, consentendo agli Stati membri di adottare lo scrutinio di lista o uninominale preferenziale; essa riafferma che, fermo restando le disposizioni dello stesso atto, la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle proprie disposizioni che possono anche tener conto delle particolarità di singoli Stati membri, ma non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.
Gli atti adottati in materia della Comunità europea stabiliscono alcune incompatibilità del mandato parlamentare; ulteriori incompatibilità possono essere stabilite da ciascun Stato membro, per i parlamenti eletti nello stesso Stato.
Anche i requisiti per l’elettorato attivo e passivo rientrano, in principio, nella competenza degli Stati membri, salvo quelli collegati alla cittadinanza europea. La decisione del consiglio 2002/772/CE ha affermato che quando la legislazione di uno stato membro stabilisce espressamente la decadenza del mandato di un membro del parlamento europeo, il suo mandato scade in applicazione delle disposizioni di tale legislazione e le autorità nazionali competenti ne informano il parlamento. Caso celebre è quello dell’on. Jean Marie Le Pen, dichiarata decaduta con decreto del primo ministro francese 31/3/00. Quando fece ricorso in primo grado contro la presa d’atto da parte del parlamento europeo della notifica del governo francese della decadenza fu dichiarato irricevibile poiché il tribunale affermò che gli effetti giuridici della decadenza derivavano dal provvedimento del governo francese, non da un atto del parlamento.
Lʼart. 223, par. 2, TFUE prevede inoltre la procedura per stabilire lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni dei membri del Parlamento europeo:
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i privilegi e le immunità di tali membri, essi sono regolati dal Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, che contiene specifiche disposizioni in proposito.
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Competente a revocare l’immunità parlamentare è lo stesso Parlamento europeo.
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La disciplina contenuta nell’art. 30 ss. del Regolamento interno relativa alla costituzione dei gruppi parlamentari, esclude che tali gruppi possano costituirsi su base nazionale, essendo necessario che i componenti provengano da almeno un quarto degli Stati membri, e prescrivere la loro formazione esclusivamente in ragione dellʼaffinità politica, anche se, in principio, al Parlamento europeo non spetta di accettare l’effettiva presenza di tale affinità.
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Se la consistenza numerica di un gruppo scende al di sotto della soglia prescritta, il gruppo pu essere autorizzato a continuare a esistere sino alla successiva seduta costitutiva del parlamento, purché rappresenti almeno un quinto degli Stati membri ed esista da più di un anno.
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Non è, invece, ammessa la costituzione di gruppi misti → il Tribunale di primo grado nella sentenza del 2001 promossa dal Front National, dalla lista Emma Bonino, nonché da diversi parlamentari europei, contro il Parlamento europeo per impugnare il rifiuto di consentire la costituzione di un “Gruppo tecnico di deputati indipendenti (TDI)- Gruppo misto”, ha affermato che la strutturazione del parlamento in gruppi politici, che riuniscono parlamentari di più stati e affini politicamente, apparirebbe una misura strumentale all’organizzazione efficiente dei lavori e delle procedure dell’istituzione, al fine di consentire l’espressione di volontà politiche comuni e l’adozione di compromessi (…) la duplice esigenza di affinità politiche e di appartenenza a più di uno stato membro permette di trascendere i particolarismi politici locale e di promuovere l’integrazione europea”.
La caratterizzazione in senso politico del Parlamento europeo e il crescente coinvolgimento del cittadino europeo nel processo di integrazione risulta anche dallʼart. 10, par. 4, TUE, il quale riconosce i partiti politici europei quali soggetti politici transnazionali: “I partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per lʼintegrazione in seno allʼUnione. Essi contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dellʼUnione”. Inoltre, “il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano lo statuto dei partiti politici a livello europeo, in particolare le norme relative al loro finanziamento” (art. 224 TFUE).
3. L’organizzazione e il funzionamento del parlamento europeo
In conformità all’art. 14 par. 4 TUE, il parlamento:
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elegge tra i suoi membri il presidente e lʼUfficio di Presidenza.
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elegge quattordici vicepresidenti e cinque questori che durano in carica due anni e mezzo
Il Presidente, i vicepresidenti e, a titolo consultivo, i questori compongono lʼUfficio di Presidenza. Le modalità di elezione e le loro competenze sono disciplinate nel Regolamento interno. Ulteriori organi del Parlamento sono la Conferenza dei presidenti, formata dal Presidente del Parlamento e dai presidenti dei gruppi politici, e la Conferenza dei presidenti di commissione, composta dai presidenti di tutte le commissioni permanenti e speciali.
Anche il parlamento europeo è organizzato in commissioni:
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permanenti → elette per due anni e mezzo, con competenza per materia e le cui attribuzioni sono fissate nell’allegato VII al regolamento interno del parlamento.
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Speciali → costituite dal Parlamento per una questione particolare e la loro durata non può superare i dodici mesi (prorogabili dal Parlamento).
Il TFUE prevede la possibilità di istituire commissioni temporanee d’inchiesta → Lʼart. 226 TFUE dispone: “Nell’ambito delle sue funzioni, il Parlamento europeo, su richiesta di un quarto dei membri che lo compongono, può costituire una commissione temporanea d’inchiesta incaricata di esaminare, fatti salvi i poteri conferiti dai trattati ad altre istituzioni o ad altri organi, le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto dell’Unione, salvo quando i fatti di cui trattasi siano pendenti dinanzi ad una giurisdizione e fino all’espletamento della procedura giudiziaria. La commissione temporanea d’inchiesta cessa di esistere con il deposito della sua relazione. Previa approvazione del Consiglio e della Commissione, il Parlamento europeo, di sua iniziativa, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, fissa le modalità per l’esercizio del diritto d’inchiesta”. Lʼinchiesta non può svolgersi contemporaneamente all’esercizio di attività giudiziaria, da parte sia di giudici dell’Unione che di giudici nazionali, e non impedisce che altre istituzioni o organi, come la Commissione europea o il Mediatore europeo o la Commissione per le petizioni, si occupino del caso sottoposto all’inchiesta. L’attività della commissione di inchiesta si conclude con la consegna della sua relazione al Parlamento europeo, il quale può assumere le iniziative che ritiene più opportune, sia nei riguardi di Stati membri che di altre istituzioni o organi europei.
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Il Parlamento europeo tiene una sessione annuale e si riunisce di diritto il secondo martedì del mese di marzo:
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tale sessione ha durata annuale e ciascuna tornata ha luogo, di regola, ogni mese.
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Esso si riunisce, inoltre su richiesta della maggioranza dei suoi membri, del Consiglio o della Commissione.
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Per quanto riguarda la sede del Parlamento che, come per ogni altra istituzione, è fissata dʼintesa comune dai governi degli Stati membri, essa è a Strasburgo dove si tengono le dodici giornate plenarie mensili, mentre quelle aggiuntive e le riunioni delle commissioni si svolgono a Bruxelles; il Segretariato generale del Parlamento europeo e i suoi servizi restano a Lussemburgo, dove era originariamente la sede del Paramento europeo.
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Il TFUE, in merito alla votazione, stabilisce: “Salvo contrarie disposizioni dei trattati, il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei suffragi espressi. Il Regolamento interno fissa il numero legale”. Il numero legale, occorrente, in principio, perché il Parlamento possa svolgere i suoi lavori, è dato da un terzo dei componenti, ma le votazioni sono valide qualunque sia il numero dei votanti a meno che, allʼatto della votazione, il Presidente, su preventiva richiesta di almeno quaranta deputati constati lʼassenza del numero legale.
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Riguardo alla maggioranza richiesta dal 1° comma dellʼart. 231, va ricordato che varie disposizioni dei Trattati precisano diverse maggioranze su specifiche materie. Per esempio, nella procedura di constatazione di una violazione grave e persistente dei valori di cui allʼart. 2 TUE, il Parlamento europeo delibera alla maggioranza dei due terzi dei voti espressi, che rappresenta la maggioranza dei suoi membri; maggioranza aggravare sono previste per lʼammissione di nuovi membri nonché per alcune delibere relative alla procedura legislativa ordinaria, di approvazione del bilancio, per lʼadozione del regolamento interno, ecc.
4. Le funzioni ed i poteri del parlamento europeo
L’iniziale deficit democratico, per cui il parlamento non aveva alcuna potestà legislativa, è stato colmato mediante l’istituzione della procedura di CODECISIONE che conferisce al parlamento una posizione paritaria con il consiglio. Tale procedura, regolata art. 294 TFUE, con Lisbona, è divenuta la procedura legislativa ordinaria: la procedura legislativa ordinaria consiste nell’adozione congiunta di un regolamento, di una direttiva o di una decisione da parte del parlamento europeo e del consiglio su proposta della commissione. (art. 289 TFUE)
L’art. 14 par. 1 TUE sinteticamente riporta le funzioni del parlamento: esso esercita, congiuntamente al consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della commissione.
Il ruolo del Parlamento nellʼadozione degli atti dellʼUnione può essere compiutamente inteso solo nel contesto dei diversi procedimenti previsti dai Trattati e in raffronto al ruolo che, in tali procedimenti, rivestono la Commissione e il Consiglio → Si tratta di procedimenti che, proprio perché coinvolgono le tre istituzioni politiche dellʼUnione europea, Parlamento, Consiglio, Commissione, sono denominati interistituzionali.
L’art. 225 TFUE sancisce il potere di preiniziativa del parlamento nei cnf della commissione: a maggioranza dei membri che lo compongono il parlamento può chiedere alla commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione di un atto dell’unione ai fini dell’attuazione dei trattati.
Oltre a questo specifico potere, il Parlamento europeo ha un potere generale di deliberare e di adottare risoluzioni su qualsiasi questione che concerne lʼUnione. Significativi sono i poteri di controllo del Parlamento nei riguardi delle altre istituzioni europee. Nei rapporti con la Commissione va ricordato:
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Il parlamento in seduta pubblica (art. 249 par. 2 tfue) analizza la relazione generale annuale sull’attività dell’unione che la commissione deve pubblicare annualmente, almeno un mese prima dell’apertura della sessione del parlamento.
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La commissione deve presentare al parlamento varie relazioni su determinate materie, come la cittadinanza, la coesione economica e sociale.
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Il parlamento o i singoli deputati possono presentare le interrogazioni a cui la commissione deve rispondere oralmente o per iscritto.
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Con la nozione di censura il Parlamento ha il potere di provocare le dimissioni della Commissione.. Tale potere esprime un vero e proprio rapporto di fiducia politica tra le due istituzioni, poiché la permanenza in carica della Commissione presuppone la sussistenza della fiducia del Parlamento; venuta meno questʼultima, con la mozione di censura, la Commissione deve cessare dalle sue funzioni.
Il TFUE, allʼart. 234, disciplina così la mozione di censura: “il Parlamento europeo, cui sia presentata una mozione di censura sull’operato della Commissione, non può pronunciarsi su tale mozione prima che siano trascorsi almeno tre giorni dal suo deposito e con scrutinio pubblico. Se la mozione di censura è approvata a maggioranza di due terzi dei voti espressi e a maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione. Essi rimangono in carica e continuano a curare gli affari di ordinaria amministrazione fino alla loro sostituzione conformemente all’articolo 17 del trattato sull’Unione europea. In questo caso, il mandato dei membri della Commissione nominati per sostituirli scade alla data in cui sarebbe scaduto il mandato dei membri della Commissione costretti a dimettersi collettivamente dalle loro funzioni”. Lʼadozione della mozione di censura è circondata da molteplici garanzie:
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che la decisione sia sostenuta da unʼampia maggioranza, i due terzi dei voti espressi che corrispondono alla maggioranza dei componenti del Parlamento;
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che essa sia discussa dopo ponderato esame e riflessione, quindi non prima di tre giorni dal suo deposito e non sai il frutto di un “colpo di mano”;
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che la discussione e la votazione avvengono con la massima trasparenza, quindi con la votazione pubblica (con appello nominale).
Ulteriori garanzie sono poste dal Regolamento il quale, tra lʼaltro, richiede che la mozione di censura sia presentata da almeno un decimo dei deputati che compongono il Parlamento.
Lʼapprovazione della mozione di censura comporta le dimissioni collettive dei membri della Commissione, a parte la particolare posizione dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Non è ammessa la censura contro i singoli commissari per cui essa, anche se motivata dalla condotta di taluni commissari, si ripercuote sullʼintera Commissione. Le regioni della censura, che solo il Parlamento è competente a valutare, riguardano lʼoperato della Commissione (o dei singoli commissari), quindi la sua azione politica e rilevanti sono eventuali illeciti o irregolarità presenti nella sua azione. La caduta della Commissione implica la nomina di una nova Commissione, il cui mandato è limitato alla restante durata del mandato di quella censurata. Questʼultima resta in carica sino alla nomina della nuova Commissione, ma solo per la cura degli “affari di ordinaria amministrazione”. La mozione di censura, sebbene talvolta presentata, non è mai stata approvata, forse perché i deputati sono consapevoli del suo carattere “traumatico”. Il ruolo della Commissione naturale interlocutore del Parlamento europeo è confermato dalla norma che consente alla stessa Commissione di assistere a tutte le sedute del Parlamento e di essere ascoltata a sua richiesta.
In origine il Parlamento non aveva rapporti con il Consiglio, ma dapprima nella prassi, poi nei Trattati, è stato riconosciuto un diritto dʼinterrogazione del parlamento e dei deputati anche nei suoi confronti. Infatti, il Consiglio è ascoltato dal Parlamento europeo secondo le modalità previste nel Regolamento interno del Consiglio. Le disposizioni le Regolamento del Parlamento relative alle interrogazioni alla Commissione e al question time, regolano anche le interrogazioni al Consiglio. Non è, invece, neppure proponibile una qualche forma di censura verso il Consiglio analoga a quella nei confronti della Commissione, essendo il Consiglio composto dai ministri degli Stati membri, i quali, come componenti dei governi, rispondono eventualmente, sulla base di un rapporto fiduciario, ai parlamenti nazionali.
Anche con il Consiglio Europeo originariamente non esisteva alcun rapporto, ma il TUE prevede la presentazione al Parlamento europeo di una relazione dopo ogni riunione del Consiglio europeo da parte del Presidente di tale Consiglio. Inoltre il TFUE estende ora al Consiglio europeo la possibilità di essere ascoltato dal Parlamento europeo, secondo le modalità previste dal Regolamento interno del Consiglio europeo. Dʼaltra parte, il Presidente del Parlamento europeo può essere invitato per essere ascoltato dal Consiglio europeo. Si creavo, dunque, vari canali di comunicazione tra il “vertice” politico dellʼUnione (il Consiglio europeo) e l’istituzione rappresentativa dei cittadini europei (il Parlamento).
Scarsi sono i rapporti del Parlamento europeo con la Banca centrale europea, la quale corrisponde a un modello di piena indipendenza rispetto a organi politici. Tuttavia, il TFUE dispone che il Presidente della BCE presenti al Parlamento europeo una reazione annuale sullʼattività del sistema europeo di banche centrali (SEBC) e sulla politica monetaria dellʼanno precedente e dellʼanno in corso. Su tale base il Parlamento europeo può procedere a un dibattito generale, svolgendo così una sia pur blanda forma di controllo. Inoltre, il Presidente e gli altri membri del Comitato esecutivo della BCE possono, a richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltati dalle commissioni competenti dello stesso Parlamento. Il Regolamento interno del Parlamento stabilisce poi, che ciascun deputato pu rivolgere interrogazioni con richiesta di risposta scritta alla BCE.
Ai poteri di controllo del Parlamento europeo sulle altre istituzioni e organi, ma anche sugli Stati membri, vanno poi ricollegati gli istituti dell’inchiesta (art. 226 TFUE), della petizione (art. 227 TFUE) e del Mediatore ( art. 228 TFUE). Essi, pur nelle loro differenze, sono accomunati dallʼesito non vincolante dei relativi procedimenti; spesso, poi, nella prassi risultano idonei a riparare in maniera amichevole, conciliativa, casi di violazione del diritto dellʼUnione o di cattiva amministrazione e a promuovere iniziative, di carattere politico, legislativo o anche giudiziario, volte a risolvere i problemi generali che tali casi possano mettere in luce.
I rapporti di collaborazione con i parlamenti nazionali sono istituti, in particolare, in seno alla Conferenza delle commissioni per gli affari europei del parlamenti nazionali, alla quale partecipa una rappresentanza del Parlamento europeo. Il parlamento partecipa, a vario titolo, alla formazione di altre istituzioni o organi, come la Corte dei conti e il Comitato esecutivo della BCE. Il Parlamento, poi, nomina in via esclusiva il Mediatore europeo. Di particolare rilevanza è la partecipazione del Parlamento ala nomina della Commissione.
Nonostante i progressi relativi a ruolo del Parlamento europeo realizzati con il Trattato di Lisbona del 2007, la sua posizione resta ancora del tutto marginale nel settore della politica estera di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune. Le funzioni del Parlamento europeo si limitano alle seguenti: esso è consultato regolarmente dallʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della PESC, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune, che lo informa sullʼevoluzione di tali politiche. Il Parlamento europeo, inoltre, pu rivolgere interrogazioni e raccomandazioni al Consiglio e allʼAlto rappresentante e procede due volte allʼanno a un dibattito sui progressi compiuti in dette politiche. È esclusa invece, qualsiasi forma di partecipazione del Parlamento alle procedure decisionali.
5. Il consiglio europeo: composizione e funzionamento. Il presidente del consiglio europeo.
Esso è nato nella prassi della diplomazia intergovernativa dei VERTICI, a partire dal 1961, per affrontare problemi e assumere importanti decisioni politiche sul cammino dell’integrazione europea. Tale prassi fu formalizzata con il Vertice di Parigi del 9- 10 dicembre 1974, nel quali i Capi di Stato e di governo, in un comunicato finale, espressero la loro decisione di riunirsi, accompagnati dai ministri egli esteri, tre volte allʼanno e ogni volta che fosse necessario come Consiglio delle Comunità e a titolo di cooperazione politica, in modo da assicurare lo sviluppo e la coesione generale delle attività delle Comunità e dei lavori relativi alla cooperazione politica. Esso ebbe dunque la duplice funzione:
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di dibattere le questioni di principale importanza al livello comunitario e di operare le scelte decisive al riguardo;
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di svolgere attività di consultazione, di coordinamento e di programmazione nel campo della politica estera.
Lʼart. 2 dell’Atto unico europeo diede a tale struttura un formale riconoscimento, senza precisarne le funzioni e lasciando aperti i dubbi sulla natura giuridica e circa la sua appartenenza o meno all’ordinamento comunitario; con il Trattato di Maastricht del 1992 il Consiglio europeo è stato formalmente inserito nell’Unione europea e con il Trattato di Lisbona del 2007, esso ha ricevuto al qualifica di istituzione ma non è venuta meno la sua struttura intergovernativa → Il Consiglio europeo si colloca al vertice della struttura istituzionale dellʼUnione, in quanto le grandi decisioni relative agli sviluppi dell’integrazione europea sono assunte al livello di tale Consiglio e sono poi attuate dalle altre sitituzioni, secondo le competenze e le procedure regolate dai trattati.
La composizione del Consiglio europeo è definita dallʼart. 15, par. 2, TUE: “Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente della Commissione. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa ai lavori”. Circa la composizione del Consiglio europeo va precisato che la partecipazione degli stati membri a livello di Capo di Stato o di Capo di governo dipende dalla costituzioni interne, in base alle quali dovrà individuarsi chi, fra tali cariche, è posto al vertice dell’esecutivo.
Una delle novità più significative del Trattato di Lisbona consiste nell’istituzione della figura del Presidente del Consiglio europeo → un organo individuale che non può esercitare alcun mandato nazionale, eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una sola volta. Con la stessa procedura il Consiglio europeo può porre fine al mandato del Presidente in caso di impedimento o di colpa grave. I compiti del Presidente del Consiglio europeo sono indicati dallʼart. 15, par. 6, TUE: “a) presiede e anima i lavori del Consiglio europeo; b) assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio «Affari generali»; c)si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo”.
Dunque, il Presidente svolge un ruolo di coordinamento, di preparazione e di mediazione allʼinterno del Consiglio europeo. Ha, inoltre, una funzione di rappresentanza esterna: “Il Presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.
Lʼart. 15, pr. 3, TFUE, dispone che il Consiglio europeo si riunisca due volte a semestre su convocazione del Presidente; quest’ultimo se la situazione lo richiede, convoca una riunione straordinaria. Con il trattato di Lisbona è stata formalizzata la prassi per cui le decisioni vengono prese di comune accordo medante la pratica del CONSENSU (riproduzione in un testo dellʼintesa raggiunta dai partecipanti). Il Trattato di Lisbona ha anche previsto anche numerosi casi nei quali il Consiglio europeo vota formalmente → lʼart. 15, par. 4, TUE, stabilisce che: “Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente”. In questi ultimi casi votano soltanto gli Stati membri, tramite i rispettivi Capi di Stato o di governo, mentre il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente della Commissione non partecipano al voto. Nel caso di votazione, inoltre, è stabilito che:
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ciascun membro del Consiglio europeo possa ricevere delega da un solo altro membro
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quando è richiesta l’unanimità, lʻastensione di un membro non osta allʼadesione della deliberazione
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quando è prescritta la maggioranza qualificata trovano applicazione le stesse regole previste per la votazione nel Consiglio.
Nei Trattati sono contemplate diverse regole di votazione a seconda dei casi. Rara è lʼipotesi un cui sia prevista la maggioranza semplice (le deliberazioni di carattere procedurale e lʼadozione del regolamento interno, le decisioni su proposte di modifiche ai trattati). Anche le questioni da decidere a maggioranza qualificata non sono frequenti (la nomina del presidente dello stesso Consiglio, la proposta di nomina del presidente della Commissione, la nomina dell’intera Commissione, la nomina dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ecc.). Più spesso è prevista la decisione all’unanimità.
6. Le funzioni del Consiglio europeo
Oltre alle funzioni concernenti la formazione d altre istituzioni e le modifiche ai Trattati, lʼart. 15, par. 1, TUE dichiara: “Il Consiglio europeo dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative”.
La formulazione della norma mette in luce la natura eminentemente politica del ruolo del Consiglio europeo, natura che si riflette anche sugli atti che esso emana e che non possono avere natura legislativa → al termine delle sue riunioni la Presidenza del Consiglio europeo esprime delle conclusioni alle quali possono aggiungersi comunicati e dichiarazioni frutto dell’intesa raggiunta nel Consiglio stesso. Atti del genere, in principio, non hanno efficacia giuridica ma, sul piano politico, possono avere notevole rilevanza:
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possono contenere direttive o orientamenti rivolti alla Commissione e al Consiglio e diretti a promuovere loro iniziative formali, in vista dell’adozione di atti o dello sviluppo di politiche dell’Unione.
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in seno al Consiglio europeo possano realizzarsi degli accordi tra gli Stati membri, sia pure in maniera implicita ed in forma semplificata.
Il Consiglio europeo svolge un ruolo di primo piano nellʼazione esterna dellʼUnione e in particolare nellʼambio della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune, che ne costituisce parte integrante che assicura che lʼUnione disponga di una capacità operativa con mezzi civili e militari. In questo contesto, il Consiglio europeo adotta anche atti formali, provvisti di effetti giuridici obbligatori.
Con particolare riguardo alla politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio europeo ha il compito di: individuare gli interessi strategici dell’Unione, di fissare gli obiettivi e di definire gli orientamenti generali di tale politica, comprese le questioni aventi implicazioni in materia di difesa e di adottare le necessarie decisioni (art. 22 tue). Queste determinazioni del Consiglio europeo appaiono giuridicamente obbligatorie, almeno nei confronti del Consiglio che ”elabora la politica estera e di sicurezza comune e prende le decisioni necessarie per la definizione e l’attuazione di tale politica in base agli orientamenti generali e alle linee strategiche definiti dal Consiglio europeo” (art. 26 tue). Il Consiglio europeo ha il potere di “decidere” in merito alla definizione di una difesa comune dell’Unione (art. 42 tue) → mediante una raccomandazione agli stati membri, di per sé non vincolante, di adottare una decisione conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Sempre nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune è prevista una sorta dʼappello al Consiglio europeo da parte del Consiglio qualora, nei casi in cui questʼultimo delibera a maggioranza qualificata, un membro del Consiglio dichiara che, per specificati e vitali motivi di politica nazionale, intende opporsi all’adozione della decisione a maggioranza → dopo che lʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza abbia inutilmente cercato di raggiungere una soluzione accettabile per lo Stato in questione, il Consiglio, a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo in vista di una decisione all’unanimità (appare lecito dubitare dellʼutilità di tale meccanismo: non si vede, infatti, perché mai i Capi di Stato o di governo dovrebbero trovare nel Consiglio europeo quellʼintesa che i loro ministri non hanno trovato in seno al Consiglio).
Il Consiglio europeo interviene anche in talune materie estranee all’azione esterna dell’Unione:
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l’art. 121 par. 2 tfue dichiara che il consiglio europeo dibatte delle conclusioni in merito agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli stati membri e dell’unione, sulla base dei quali il consiglio adotta una raccomandazione che definisce i suddetti indirizzi di massima.
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Ex art. 148 tfue, il consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell’occupazione nell’unione sulla base di una relazione annuale comune del consiglio e della commissione e adotta le conclusioni del caso, in base a cui elabora gli orientamenti di cui devono tener conto gli stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione.
Esiste oggi un rapporto tra il Consiglio europeo e il parlamento europeo, il quale pu esercitare sul primo qualche forma di controllo politico → Con il Trattato di Lisbona per la prima volta è stata prevista la possibilità di impugnare dinanzi alla Corte di giustizia atti del Consiglio europei ritenuti illegittimi purché destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Ma lʼipotesi di impugnabilità si restringe sensibilmente ove si ricordi che, di regola, è esclusa la competenza della Corte di giustizia nell’intera materia della politica estera e di sicurezza comune; dunque, risultano impugnabili per vizi di legittimità solo (eventuali) atti del Consiglio europeo che, per un verso, siano giuridicamente obbligatori, ma, per lʼaltro verso, non riguardino la politica estera e di sicurezza comune. In conclusione, va riconosciuto che il Consiglio europeo ha svolto frequentemente un ruolo positivo, riuscendo talvolta a sbloccare situazioni di impasse e assumendo decisioni politiche fondamentali, come quelle sull’allargamento, sulla moneta univa,ecc. Non pu non confederarsi, tuttavia, che esso ha determinato una erosione dei poteri di tutte le istruzioni europea ad esso politicamente subordinate (in particolare, al Consiglio, ma anche alla Commissione), accentuando, mediante decisioni verticistiche, quel deficit democratico che sembra, pertanto ancora presente nella costruzione europea.
7. Il consiglio
Il Consiglio è un organo tipicamente intergovernativo composto dagli Stati membri, rappresentati dai rispettivi esecutivi. Lʼart. 16, par. 2, TUE dichiara: “il Consiglio è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto”. Il Consiglio esprime gli interessi particolari dei singoli Stati membri, che raggiungono la loro sintesi e il loro compromesso negli atti adottati dal Consiglio. Tali atti sono giuridicamente imputabili allo stesso consiglio e non già ai singoli stati membri → ciò è confermato dalla possibilità per uno stato membro di impugnare un atto del consiglio adottato con il proprio voto favorevole, come espressamente riconosciuto dalla corte di giustizia (sent. 12 luglio 1979) che respinse l’eccezione di improponibilità del ricorso italiano tendente all’annullamento di un regolamento perché questo era stato adottato con voto positivo e senza riserve dall’Italia.
Lʼart. 16, par. 2, TUE, a seguito di una modica introdotta con il Trattato di Maastricht del 1992, non richiede più che alle riunioni del Consiglio partecipino necessariamente ministri del governo centrale di uno Stato: questo può farsi rappresentare anche da componenti di organi di governo di enti locali, purché ad essi sia attribuito dal diritto nazionale lo status ministeriale.
La composizione del Consiglio è variabile poiché esso è formato dai ministri competenti ratione materiae in corrispondenza agli argomenti di volta in volta posti al suo ordine del giorno. Lʼelenco delle varie formazioni è adottato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, ai sensi dellʼart. 236, lett. a), TFUE. In attesa di tale determinazione l’elenco è adottato, in via provvisoria, dal Consiglio, che vi ha provveduto con decisione 1009/878/UE che stabilisce dieci formazioni, idonee a coprire il complesso delle materie di competenza dell’UE. Peraltro, lo stesso art. 16, par. 6, TUE prevede due formazioni del Consiglio:
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Consiglio “Affari generali” → che assicura la coerenza dei lavori nelle varie formazioni del consiglio, prepara le riunioni del consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del consiglio europeo e la commissione.
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Consiglio “Affari esteri” → che elabora l’azione esterna dell’unione secondo le linee strategiche definite dal consiglio europeo e assicura la coerenza dell’azione dell’unione.
Riguardo alla presidenza del Consiglio, lʼart. 16, par. 9, TUE dichiara che, fatta eccezione per la formazione “Affari esteri”, essa è determinata dal Consiglio europeo con votazione a maggioranza qualificata secondo un sistema di rotazione paritaria (assicurando a tutti gli Stati membri, a turno, tale presidenza) → in forza della decisione del Consiglio europeo del 1° dicembre 2009, viene predeterminato un gruppo di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi, tenendo conto della loro diversità e degli equilibri geografici nell’Unione. Ciascun membro di tale gruppo esercita a turno la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio (ad eccezione di quella “Affari esteri”) per sei mesi; gli altri due membri lo assistono in tutti i suoi compiti sulla base di un programma comune.
Diversa è la disciplina concernente la presidenza del Consiglio “Affari esteri”, la quale spetta ad un organo individuale e non ad uno Stato membro → lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata con lʼaccordo del presidente della Commissione, ma che fa parte anche della Commissione ed è uno dei suoi vicepresidenti.
Il Consiglio è assistito da un Segretariato generale sotto la responsabilità di un Segretario generale, nominato dal Consiglio a maggioranza qualificata, mentre lʼorganizzazione del Segretariato generale è decisa a maggioranza semplice. Esso si riunisce, su convocazione del suo Presidente, per iniziativa dello stesso Presidente, di uno Stato membro o della Commissione. La sua sede è a Bruxelles, ma in aprile, giugno e ottobre tiene le sue sessioni a Lussemburgo. Le riunioni del Consiglio avvengono in seduta pubblica quando esso delibera e vota su un progetto di atto legislativo; le sessioni del Consiglio sono suddivise, pertanto, in due parti dedicate, rispettivamente, alle deliberazioni su atti legislativi e alle attività non legislative.
Nel funzionamento del Consiglio un ruolo significativo svolge il Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), istituito nel 1958, con compiti preparatori ed esecutivi rispetto al lavoro del Consiglio → un organo intergovernativo formato da delegati dei governi degli Stati membri, articolato in due parti:
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COREPER I, costituito dai rappresentanti permanenti aggiunti.
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COREPER II, composto dai rappresentanti permanenti aventi il rango diplomatico, tra i quali si distribuiscono le materie da trattare.
Il COREPER svolge un ruolo importante ai fini dellʼadozione degli atti da parte del Consiglio. Infatti la proposta della Commissione vene trasmessa dal Consiglio al COREPER e, dopo un adeguata istruttoria, è posta in discussione nel COREPER, al fine di raggiungere una posizione unanime:
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Se si raggiunge tale risultato la questione è iscritta al punto A dellʼordine del giorno del Consiglio, il quale, di regola, si limita ad approvarla senza riaprire la discussione.
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In caso contrario il COREPER sottopone un rapporto avente carattere istruttorio in merito allʼargomento, che viene iscritto al punto B dellʼordine del giorno e viene adeguatamente esaminato e discusso nel Consiglio.
Anche quando il Consiglio di limiti a ratificare le soluzioni raggiunte unanimemente dal COREPER, lʼatto in questione è giuridicamente imputabile sempre al Consiglio. Il COREPER, dunque, finisce spesso per diventare il reale interlocutore della Commissione la quale, attraverso suoi rappresentanti, partecipa al negoziato che si svolge nel COREPER. Alla generale competenza del COREPER fa eccezione la politica agricola per la quale l’attività preparatoria non è svolta da tale organo ma dal Comitato speciale agricoltura (CSA).
8. La votazione nel consiglio
Il sistema di votazione nel Consiglio è disciplinato dallʼart. 16, paragrafi da 3 al 5 TUE, integrato dallʼart. 238 TFUE. Affinché il Consiglio possa procedere alla votazione, il quorum richiesto è dato dalla presenza della maggioranza dei membri aventi titolo a votare.
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Ai sensi dellʼart. 16, par. 3 TUE: “il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente” → La regola generale, quindi, è la maggioranza qualificata.
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A fronte di tale regola generale, l’art, 238 richiama altre due procedure applicabili, ovviamente, solo quando espressamente prescritte dalla disposizione in questione:
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la maggioranza semplice → ex art. 230 TFUE, “per le deliberazioni che richiedono la maggioranza semplice, il Consiglio delibera alla maggioranza dei membri che lo compongono”. Le materie in cui il Consiglio può votare a maggioranza semplice sono estremamente limitate in quanto il trattato prevede quasi sempre procedure diverse, in primis quella a maggioranza qualificata.
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L’unanimità → in passato costituiva la regola per le deliberazioni del Consiglio, essa è stata notevolmente ridimensionata in seguito alle modiche introdotte dagli ultimi trattati. È ancora prevista per alcune materie quali l’armonizzazione fiscale ed il riavvicinamento delle legislazioni nazionali. Si applica anche alla politica estera e di sicurezza comune, alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e ad alcuni aspetti relativi alla cittadinanza europea. Secondo il par. 4 dell’art. 238 TFUE, “le astensioni dei membri presenti o rappresentanti non ostano all’adozione delle deliberazioni del Consiglio per le quali è richiesta l’unanimità”. Da questa disposizione di evince che, mentre l’astensione non impedisce il raggiungimento dell’unanimità, questa è preclusa, e la delibera non è approvata, in caso di assenza di un membro.
Ogni stato membro può ricevere la delega a votare in nome di un solo altro stato membro (art. 239 tfue).
Per la Votazione a maggioranza qualificata, la disciplina introdotta dallʼart. 16, par. 4, TUE e dallʼart. 238, par. 2, TFUE relativa alla votazione a maggioranza qualificata si applicherà solo dal 1° novembre 2014. La disciplina sino ad allora vigente è contenuta nellʼart. 3, par. 3, del Protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie:
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la votazione a maggioranza qualificata si caratterizza per il sistema di PONDERAZIONE: gli Stati membri hanno un voto ciascuno, ma al voto dei doversi Stati è assegnato un differente coefficiente numerico. Tali coefficienti sono il frutto di una valutazione dellʼimportanza di ciascuno Stato (sotto il profilo politico, economico, demografico), come risulta dallʼassegnazione del valore di 29 al voto dei quattro “grandi”, Germania, Francia, Italia e Regno Unito, nonché spesso di lunghi negoziati ogni qual volta si è dovuto procedere a una loro ridistribuzione.
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Importante è la determinazione della maggioranza necessaria per lʼadozione delle deliberazioni, in quanto, a seconda del numero richiesto, diverse sono le coalizioni realizzabili tra gli Stati non solo per raggiungere tale maggioranza, ma anche per formare quella minoranza, c.d. minoranza di blocco, sufficiente a impedire lʼadozione dellʼatto → è prescritta una duplice maggioranza: una fondata sulla ponderazione del voto, l’altra sul numero degli stati votanti (metà più uno), posti sullo stesso piano. Attualmente il numero di voti ponderati è 345 perciò la minoranza di blocco è di 91 voti. Affinché la deliberazione sia approvata occorre che in aggiunta a questa maggioranza se ne determini un’altra, ossia la maggioranza degli stati membri (14).
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La maggioranza dei membri è sufficiente quando la deliberazione deve essere approvata su proposta della commissione; quando non è prescritta è richiesta una maggoranza qualificata aggravata: 255 da almeno 2/3 stati membri.
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Su richiesta di uno stato membro si può usare la c.d. Clausola di verifica demografica: per verificare che la maggioranza qualificata esprime anche la maggioranza del 62% della popolazione totale dell’Unione.
A decorrere dal 1 novembre 2014, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del consiglio, con un minimo di 15, rappresentanti stati membri che totalizzano almeno il 65% della popolazione dell’unione. La minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro membri del consiglio; in caso contrario la maggioranza qualificata si intende raggiunta.
Tale disciplina è integrata dall’art. 238 par. 2 TFUE che stabilisce una elevazione della maggioranza al 72% dei membri del consiglio, rappresentante il 65% della popolazione dell’Unione, quando il Consiglio non delibera su proposta della commissione o dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
La nuova disciplina, al di là di quest’ultima variante:
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elimina la ponderazione del voto.
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consente un recupero degli stati più importanti, sotto l’aspetto demografico.
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per evitare che un esiguo numero di stati dotati di vasta popolazione possano impedire la maggioranza del 65% della popolazione, la norma aggiunge che la minoranza di blocco comprenda almeno 4 stati membri.
L’abbandono della ponderazione ha provocato molti malumori → il protocollo 36 all’art. 3 par. 2 prescrive pertanto che sino al 31 marzo 2017, su richiesta di un qualsiasi stato membro senza alcuna giustificazione, la regola transitoria fondata sulla ponderazione potrà continuare ad essere applicata.
Inoltre, il consiglio, con una decisione incorporata nella dichiarazione 7, entrata in vigore contemporaneamente al trattato di Lisbona, ha nella sostanza parzialmente modificato il futuro meccanismo di votazione a maggioranza qualificata, facendo concessioni agli stati che, per quanto in minoranza, presentino una certa consistenza → un meccanismo ispirato al c.d. Compromesso di Ioannina (decisione del consiglio del 29 marzo 1994) :
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dal 1 novembre 2014 al 31 marzo 2017, se un numero di membri del consiglio che rappresenti almeno i ¾ della popolazione o i ¾ del numero degli stati membri, necessari per costituire una minoranza di blocco, manifesta l’intenzione di opporsi all’adozione da parte del consiglio di un atto di un atto a maggioranza qualificata, il consiglio discute la questione, sempre però nel rispetto dei limiti di tempo previsti dal diritto UE.
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Dal 1 aprile 2017, è previsto un meccanismo analogo, il cui impiego richiede una proporzione della minoranza di blocco più bassa (55%).
Questo meccanismo gode di una forza particolare perché qualsiasi modifica o abrogazione dello stesso da parte del consiglio richiede preliminarmente una delibera in proposito adottata dal consiglio europeo per consenso.
In taluni settori, oltre alla maggioranza qualificata, vigono:
(a) la maggioranza semplice → in merito alle questioni procedurali e per l’adozione del regolamento interno del consiglio, la definizione dello statuto dei comitati previsti dai trattati, per le istanze dinanzi alla corte di giustizia contro membri della commissione etc.
(b) l’unanimità → una materia in cui è applicata in maniera particolarmente ampia è la POLITICA ESTERA e DI SICUREZZA COMUNE, tanto da essere la regola, salvo che i trattati dispongano diversamente (art. 24 par. 1,2 TUE). Ipotesi di delibere a maggioranza qualificata aggiuntive sono escluse per le decisioni che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.
N.B.
Talvolta i trattati prevedono, con specifiche disposizioni, maggioranze diverse:
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art. 126 par. 13 TFUE, per le decisioni nell’ambito della procedura per eccessivi disavanzi, maggioranza qualificata del consiglio, escluso lo stato in disavanzo.
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Art. 7 par. 1 TUE, maggioranza dei 4/5 degli stati membri per la constatazione di un evidente rischio di violazione grave da parte di uno stato membro, che non vota, dei valori ex art. 2 TUE.
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È possibile istituire cooperazioni rafforzate che prevedono una integrazione differenziata → quando non tutti i membri del consiglio prendono parte alle votazioni, la maggioranza qualificata va calcolata ex art. 3 par. 4 protocollo 36 (sino al 31 otto. 2014),poi ex art. 238 par. 3 TFUE.
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Si possono realizzare in senso al consiglio degli accordi tra gli stati membri e talvolta è previsto che un testo elaborato con il voto unanime del consiglio sia poi sottoposto all’approvazione degli stati membri in conformità con le rispettive norme costituzionali.
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In altre norme, per quanto rare, i trattati dispongono che certe decisioni siano direttamente prese di comune accordo dai governi degli stati membri → nomina dei giudici e degli avvocati generali della corte di giustizia; determinazione sede delle istituzioni; nomina dei giudici del tribunale.
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Purchè sia certa la volontà degli stati membri di obbligarsi giuridicamente, può ritenesti che questi possano concludere accordi in forma semplificata, cioè senza successiva ratifica, qualora integrino e sviluppino norme e politiche dell’unione.
9. Le funzioni del consiglio
Art. 16 par. 1 TUE: il consiglio esercita, congiuntamente al parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio → Emerge così un ruolo che tende porsi come paritario tra il Consiglio e il Parlamento e che ne disegna una posizione condivisa di autorità legislativa e di bilancio.
Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati → riferimento alle funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento. Lʼespressione è alquanto generica e può specificarsi solo in rapporto alle singole disposizioni.
Sul piano generale può dirsi che, nell’esercizio di tali funzioni, il Consiglio non emana solo atti legislativi ma atti di indirizzo, di assistenza, di consulenza, in definitiva, atti giuridicamente non vincolanti → l’art. 292 TFUE dichiara che il consiglio adotta raccomandazioni; riguardo settori specifici, invece, gli atti del consiglio possono acquisire maggiore efficacia giuridica, come in materia di occupazione (v. art. 148 tfue).
Poteri più specifici e più incisivi risultano dalle disposizioni concernenti la politica economica (artt. 120-126 tfue), come l’adozione di una raccomandazione contenente gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione, un compito di sorveglianza, di assistenza finanziaria, poteri sanzionatori, poteri normativi. Il Consiglio detiene un potere decisionale nella politica estera e di sicurezza comune, anche se non si tratta di un potere legislativo perché, in tale materia, è radicalmente esclusa l’adozione di atti legislativi. Il Consiglio, il quale, peraltro, opera sulla base degli orientamenti generali definiti dal Consiglio europeo, adotta decisioni per un intervento operativo che stabiliscono gli obiettivi, la portata e i mezzi di cui lʼUnione deve disporre, le condizioni di attuazione e la durata. Tali decisioni vincolano gli Stati membri nella loro azione.
Egualmente obbligatorie sono le decisioni con le quali il Consiglio definisce la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica e tematica. Spetta al Consiglio, inoltre, su proposta dellʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro, adottare le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione operativa avente anche implicazioni militari.
Nei rapporti con la Commissione, al pari del Parlamento europeo, il Consiglio può chiedere alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni al fine del raggiungimento degli obiettivi comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso.
Il Consiglio, inoltre, interviene con varie modalità nella nomina di altre istituzioni o organi, come la Commissione, il Comitato esecutivo della Banca centrale europea, la Corte dei Conti, il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni. Esso fissa anche gli stipendi, le indennità e le pensioni di coloro che rivestono le cariche principali nelle istituzioni europee. Interviene, talvolta, nella definizione di atti normativi concernenti lʼazione di altre istituzioni (per esempio, il regolamento di procedura della Corte di giustizia è stabilito dalla stessa Corte).
Il Trattato sulla Comunità europea aggiungeva alle funzioni del Consiglio quella di conferire alla Commissione, negli atti adottati, le competenze di esecuzione delle norme da esso stabilite, sottoponendo lʼesercizio di tali competenze a determinate modalità definite in via preliminare. A tale disposizione faceva da pendant la norma in base alla quale la Commissione esercitava le competenze conferitele dal Consiglio per lʼattuazione delle norme da esso stabilite. Malgrado il mantenimento in vigore di tale disciplina, nella logica del Trattato di Lisbona non si giustifica più un potere del Consiglio di conferire alla Commissione la competenza ad eseguire le norme da esso emanate, poiché il Consiglio non detiene in via esclusiva il potere legislativo, ma lo condivide con il Parlamento europeo. (art. 291 tfue) La possibilità che il Consiglio riceva un potere di esecuzione riguarda non solo gli atti legislativi, ma qualsiasi atto obbligatorio dell’Unione.
10. La Commissione
Organo tipicamente sopranazionale che è tenuto ad operare nell’esclusivo interesse dell’unione, in piena indipendenza dagli stati membri e da qualsiasi potere → rappresenta l’interesse generale e unitario dellʼUnione.
La commissione è formata da individui indipendenti e competenti → il numero dei commissari era fissato, originariamente, in nove, così da consentire ai Paesi membri più importanti (Francia, Italia e Germania) di avere due commissari di propria cittadinanza, mentre gli altri (Belgio, Lussemburgo e Olanda) ne avevano uno a testa. Nei primi allargamenti il numero fu ampliato in maniera da garantire lʼapplicazione di questa regola (non scritta) attribuendo due membri della Commissione anche al Regno Unito e poi alla Spagna. Proseguendo negli allargamenti, e vista l’esigenza di evitare che la Commissione diventasse un organo pletorico e scarsamente efficiente, il numero dei commissari non era più definito, ma lʼart. 213, par.1 2° comma, del TCE stabiliva che la Commissione comprendesse un cittadino di ciascuno Stato membro. Con lʼingresso della Bulgaria e della Romania, dal 1° gennaio 2007 essa risulta quindi formata da 27 componenti.
Il Trattato di Lisbona ha previsto una riduzione della composizione della Commissione. In una prima fase, cioè fino al 31 ottobre 2014, la Commissione resta formata da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il Presidente e lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti. Tale composizione dovrebbe cambiare dal 1° novembre 2014 con una sostanziale riduzione dei suoi membri. Infatti “a decorrere dal 1 o novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il Presidente e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, non decida di modificare tale numero. I membri della Commissione sono scelti tra i cittadini degli Stati membri in base ad un sistema di rotazione assolutamente paritaria tra gli Stati membri che consenta di riflettere la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri. Tale sistema è stabilito all’unanimità dal Consiglio europeo conformemente all’articolo 244 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea” (art. 17 par. 5 TUE). Pertanto il numero dei componenti della Commissione, qualora restasse invariato il numero degli Stati membri, scenderebbe a diciotto (due terzi degli attuali ventisette).
La scelta dei commissari deve essere fatta in base ad un sistema dai caratteri previsti nel 2° comma art. 17 par. 5 TUE, stabilito dal consiglio europeo all’unanimità secondo i principi fissati nell’art. 244 TFUE:
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gli stati membri sono trattati su un piano di assoluta parità per quanto concerne la determinazione dell’avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla commissione; il numero totale dei mandati detenuti dai cittadini di due stati membri non può mai essere superiore a uno.
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Ciascuna delle commissioni successive è costituita in modo da riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli stati membri.
Alla riduzione della composizione della Commissione si collega la Dichiarazione n. 10, dal valore interpretativo, che afferma che la commissione dovrebbe assicurare piena trasparenza nelle relazioni con tutti gli stati membri e mantenere stretti contatti con tutti tali stati, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un membro nella commissione. A ciò si aggiunge la concessione fatta dal Consiglio europeo allʼIrlanda, per favorire un esito positivo della procedura di ratifica del Trattato di Lisbona, secondo la quale, in caso di entrata in vigore dello stesso Trattato di Lisbona, sarebbe stata adottata una decisione affinché la Commissione possa continuare a comprendere un cittadino di ciascun Stato membro. Dunque, la novità del Trattato di Lisbona, consistente nello snellimento della Commissione, sembra destinata a scomparire con la stessa entrata in vigore del Trattato.
Indipendenza e competenza sono gli elementi che caratterizzano i membri della Commissione e questʼultima nel suo insieme. A tali requisiti è stato ora aggiunto lʼimpegno europeo → Lʼart. 17, par. 3, 2° comma, TUE, dichiara infatti che “i membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza”:
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La competenza e lʼimpegno europeo sono oggetto di una valutazione inevitabilmente discrezionale da parte dei soggetti che intervengono nella loro nomina;
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lʼindipendenza dei commissari è regolata dallo stesso art. 17 TUE, nonché dallʼart. 245 TFUE ed è garantita da un meccanismo sanzionatorio in caso di violazione. Lʼindipendenza si concretizza in vari obblighi dei membri della Commissione. Essi, anzitutto, non possono ricevere né tanto meno richiedere istruzioni da alcun governo, in particolare dallo Stato del quale sono cittadini, né da alcun organo o ente pubblico o privato, quale partito politico, associazione, gruppo dʼinteresse economico. A tale obbligo dei commissari fa riscontro il corrispondente dovere degli Stati membri di rispettare il loro carattere indipendente e di astenersi da qualsiasi tentativo di influenzarli nell’esercizio delle loro funzioni. Un ulteriore dovere nel quale sia articola l’indipendenza dei commissari consiste nell’astensione da ogni atto incompatibile con il proprio carattere indipendente e nel divieto di esercitare qualsiasi altra attività professionale, anche se non remunerata.
Gli obblighi dei membri della Commissione possono sopravvivere anche alla cessazione delle proprie funzioni, in particolare riguardo i doveri di onestà e delicatezza nellʼassunzione di determinate funzioni o vantaggi. La stessa Commissione, dopo taluni episodi allarmanti che riguardavano certi membri della Commissione, avvertì la necessità di precisare ancor più dettagliatamente gli obblighi dei commissari:
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la Commissione presieduta da Romano Prodi nel 1999, adottò un codice di condotta per i commissari.
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Un nuovo codice è stato adottato il 20 aprile 2011, presidenza Barroso.
Gli obblighi dei commissari sono passibili di un controllo giudiziario e di sanzioni in caso di violazioni. Sia il Consiglio che la Commissione possono chiedere alla Corte di giustizia, qualora un commissario violi i propri obblighi, di pronunciarne le dimissioni dʼufficio o, se il commissario abbia cessato le sue funzioni, la decadenza del diritto alla pensione o da altri vantaggi sostitutivi (art. 245,2 TFUE):
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nel 1999 Martin Bangemann fu sottoposto dal consiglio alla corte di giustizia per violazione del dovere di delicatezza, avendo accettato una occupazione presso telefonica, settore quello telefonico in cui era competente in seno alla comissione.
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Nel 2004, l’ex commissaria Edith Cresson è stata accusata di aver fatto assumere come ospite scientifico presso la commissione un suo stretto conoscente per usarlo, invece, come consigliere personale benché ciò non fosse possibile in quanto egli superava il limite di età e perché il gabinetto era già completo. La corte, 11 luglio 2006, affermò che i membri della commissione devono far prevalere in ogni momento l’interesse generale dell’Unione anche sugli interessi personali. Tuttavia è necessario che sia stata commessa una grave violazione per una condanna ex art. 245 TFUE. L’ex commissaria fu condannata.
11. La nomina, la cessazione e l’organizzazione della commissione
La disciplina della nomina della Commissione ha conosciuto una lunga e significativa evoluzione, fino alle ultime modifiche del Trattato di Lisbona del 2007:
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Originariamente i suoi membri erano nominati di comune accordi dai governi degli Stati membri, quindi allʼunanimità e al di fuori del quadro istituzionale europeo.
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Le successive revisioni hanno condotto il procedimento di nomina nellʼambito dellʼUnione, hanno eliminato lʼunanimità, hanno assegnato un potere decisionale al Parlamento europeo e un ruolo di partecipazione al Presidente della Commissione.
Innanzitutto il TUE (art. 17, par. 3) dichiara che il mandato della Commissione è di cinque anni. Il procedimento di nomina si articola in vari fasi (art. 17, par. 7): -“[…]
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Tenuto conto delle elezioni del parlamento europeo, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura → il riferimento ai risultati elettorali del parlamento induce a prefigurare il candidato presidente della commissione come politicamente coerente con la maggioranza parlamentare e non coe espressione di decisione autonoma degli stati quanto il frutto di una individuazione di una persona che, alla luce della maggioranza formatasi in parlamento, sia in grado di ottenere la fiducia e, su tale base, di costituire una commissione suscettibile di ottenere voto favorevole del parlamento.
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Il Consiglio, di comune accordo con il presidente eletto, adotta l’elenco delle altre personalità che propone di nominare membri della Commissione. Dette personalità sono selezionate in base alle proposte presentate dagli Stati membri;
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Il Presidente della Commissione, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento europeo. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata” → i candidati compaiono dinnanzi le varie commissioni parlamentari competenti per formulare una dichiarazione e rispondere alle domande. Successivamente il presidente presenta al parlamento il collegio degli interi commissari ed il suo programma e, dopo la discussione, il parlamento approva l’intera commissione. Il consiglio europeo può procedere alla nomina formale.
■ Il TFUE fornisce un elenco tassativo dei casi in cui un membro della Commissione cessa dalla carica di commissario (art. 246 TFUE). Essi sono:
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scadenza del mandato
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decesso
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dimissioni volontarie
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dimissioni dʼufficio → esse possono essere dichiarate dalla Corte di giustizia, su istanza del Consiglio o della Commissione, nellʼipotesi in cui il commissario non risponda più alle condizioni necessarie allʼesercizio delle sue funzioni oppure quando il commissario abbia commesso una colpa grave.
Il posto divenuto vacante a seguito di dimissioni volontarie o dʼufficio o di decesso è coperto, per la restante durata del mandato del membro, da un nuovo membro della stessa nazionalità, nominato dal Consiglio di comune accordo col Presidente della Commissione, previa consultazione del parlamento europeo. Qualora le dimissioni o il decesso riguardino il Presidente o lʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, essi sono sostituiti per la restante durata del mandato secondo la normale procedura di nomina (art. 18 par. 1 TUE).
Con il Trattato di Lisbona è stata prevista lʼipotesi di dimissioni volontarie dellʼintera Commissione → i membri dimissionari della Commissione restano in carica, curando gli affari di ordinaria amministrazione, fino alla loro sostituzione, che deve essere effettuata con la procedura dii cui all’art. 17 TUE, per la restante durata del mandato.
■ L’organizzazione interna della Commissione si articola in direzioni generali, servizi e uffici. Ai commissari sono affidati dal Presidente particolari settori di attività con compiti di preparazione dei lavori della Commissione e di esecuzione delle decisioni. Per lʼespletamento delle proprie competenze ogni commissario costituisce dei gabinetti incaricati di assisterlo. Va per sottolineato che la responsabilità per gli atti dei singoli commissari ricade sempre sullʼintera Commissione, nel rispetto del principio di collegialità. Quanto al sistema di votazione delle delibere, lʼart. 250 TFUE prescrive che vengano adottate a maggioranza dei membri della Commissione, ma di fatto esse delibera solitamente per consensus. Tale maggioranza rappresenta anche il quorum richiesto per le sue deliberazioni. Ma i membri della Commissione sono tenuti ad assistere a tutte le riunioni, salvo impedimento, soggetto alla valutazione del Presidente. La Commissione opera “a tempo pieno” in quanto “si riunisce almeno una volta alla settimana e ogni volta che se ne presenti la necessità”.
Una posizione di primo piano nella Commissione è quella del Presidente. Il ruolo del Presidente della Commissione è stato rafforzato dal Trattato di Nizza ed ha subito alcune modifiche ad opera del Trattato di Lisbona. Egli svolge un ruolo attivo nell’individuazione dei candidati alla carica di commissario, nomina i vicepresidenti tra i membri della Commissione (fatta eccezione per lʼAlto rappresentante dellʼUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza), è investito del ruolo di leadership ai sensi dellʼart. 248 TFUE dal momento che “i membri della Commissione esercitano le funzioni loro attribuite dal presidente, sotto la sua autorità”. È previsto, inoltre, ai sensi dellʼart. 17 par. 6 TUE che il presidente della Commissione:
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definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi compiti;
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decide l’organizzazione interna della Commissione per assicurare la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua azione.
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Nomina i vicepresidenti, fatta eccezione per l’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, tra i membri della commissione.
Di particolare importanza è il potere di provocare le dimissioni di un commissario (con l’eccezione dellʼAlto rappresentante):
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in caso di cessazione del rapporto di fiducia tra il presidente e il singolo commissario
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in caso di rottura del rapp. Di fiducia tra il parlamento e i singoli commissari
.Il Presidente della Commissione, dalla originaria posizione di primus inter pares, tende così ad assumere il ruolo di capo dellʼesecutivo dellʼUnione.
12. Le funzioni della commissione
Le funzioni della Commissione sono previste dallʼart. 17, par. 1, TUE:
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Innanzitutto, “la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine”.
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La norma prosegue enunciando un compito fondamentale della Commissione, quello di vigilare sul rispetto del diritto dellʼUnione (comprendente sia i Trattati che il diritto derivato) → Sotto questo profilo la Commissione appare la custode dei Trattati esercitando la propria vigilanza sugli Stati membri, sulle altre istituzioni e sui privati. Tale potere viene a specificarsi in varie disposizioni dei Trattati o atti dellʼUnione. Possono ricordarsi lʼart. 105 FUE che le attribuisce un potere generale di vigilanza in materia di regole di concorrenza applicabili alle imprese; lʼart. 106 TFUE in materia si applicazione delle regole di concorrenza alle imprese pubbliche; lʼart. 108 TFUE relativo al controllo sugli aiuti degli Stati alle imprese. Al potere di vigilanza ex art. 377 TFUE si accompagna un potere ampio di carattere istruttorio (raccogliere tutte le info e procedere alle necessarie verifiche). L’attività di vigilanza sull’osservanza del diritto dell’Unione può sfociare in diverse determinazioni della Commissione. Essa:
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nei confronti degli Stati, può proporre un ricorso alla Corte di giustizia in base allʼart. 258 TFUE affinché constati lʼinfrazione dello Stato.
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Nei rapporti con le altre istituzioni la Commissione può disporre di altri strumenti di tipo giudiziario, proponendo alla Corte un ricorso di annullamento di atti dellʼUnione ex art. 263 TFUE o, nel caso, unʼazione in carenza volta a fare constatare la violazione dei Trattati consistente nellʼomissione di un atto.
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Quanto ai privati, se specifiche norme lo prevedono, la Commissione può giungere a infliggere delle ammende pecuniarie.
In specifiche materie un potere i vigilanza è attribuito anche al Consiglio, per esempio sulla politica economica degli Stati membro o sui disavanzi pubblici eccessivi. In questa materia non sono mancati problemi di determinazione delle reciproche sfera di competenza tra il Consiglio e la Commissione, che hanno dato luogo a una vicenda giudiziaria decisa dalla Corte di Giustizia.
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Lʼart. 17, par. 1 TUE richiama poi la competenza della Commissione nel dare esecuzione al bilancio dellʼUnione, cioè nella riscossione delle entrate e nell’erogazione delle spese. Si tratta di una competenza non esclusiva, in quanto è largamente condivisa con gli Stati; inoltre, in principio, la Commissione non ha un potere autonomi di decidere come impegnare le spese.
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Tra le competenze della Commissione è menzionata, inoltre, la competenza di gestione dei programmi, cioè la competenza ad amministrare programmi e strumenti finanziari europei (si pensi al programma Erasmus per la mobilità degli studenti universitari). Le funzioni di gestione riguardano anche i fondi a finalità strutturale, quali i fondi europei in materia agricola, il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale. Tali funzioni, peraltro, sono esercitate in collaborazione con le autorità nazionali e regionali.
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Lʼart. 211 del Trattato sulla Comunità europea dedicava uno specifico riferimento alle competenze di esecuzione conferite alla Commissione dal Consiglio per lʼattuazione delle norme da esso stabilite. Le modalità secondo cui erano esercitate le competenze di esecuzione della commissione erano disciplinare della decisione del consiglio n.1999/468/CE, che prevedeva quattro diverse procedure, comportanti l’istituzione di comitati composti da rappresentanti degli Stati membri che affiancavano la Commissione (comitologia). La decisione del consiglio 2006/512/CE contemplava una differente procedura, detta di regolamentazione con controllo. Ma con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona è mutato profondamente il quadro normativo: la potestà legislativa è condivisa tra il consiglio e il parlamento; la competenza ad eseguire gli atti obbligatori dell’unione appartiene sia agli stati membri che alla commissione. E mentre la disciplina fondata sulla “comitologia” pone sullo stesso piano la funzione strettamente esecutiva, cioè di mera attuazione delle norme emanate dalle istituzioni dotate di poteri legislativi, e quella parzialmente normativa consiste nella emanazione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali dell’atto da eseguire, anche sopprimendo taluni di questi elementi, o completandolo con l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali; al contrario, il Trattato di Lisbona distingue nettamente le due ipotesi, stabilendo una differente disciplina:
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Le funzioni esecutive sono ristrette alla prima ipotesi considerata, cioè della adozione di misure di mera attuazione di un atto,
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la seconda ipotesi è ricondotta alle competenze delegate dalla Commissione.
A queste competenze è dedicato lʼart. 290 TFUE, il quale dispone che:
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un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dellʼatto legislativo.
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Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere: a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega; b) l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.
Pertanto l’attività che un atto legislativo può delegare alla commissione è di natura normativa poiché comporta l’emanazione di atti di portata generale per quanto non legislativi. L’atto delegato può così integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto dell’atto legislativo, poiché quelli essenziali restano nella competenza esclusiva dell’atto legislativo. La facoltà di delega, da parte delle istituzioni dotate di potere legislativo alla commissione corrisponde a una prassi consolidata.
L’art. 291 TFUE, invece, riguarda la vera e propria esecuzione degli atti dell’unione:
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gli stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’unione.
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Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione, gli atti conferiscono competenze di esecuzione alla commissione o, in casi specifici, al consiglio.
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Il parlamento europeo ed il consiglio stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla commissione.
La funzione di esecuzione riguarda quindi tutti gli atti giuridicamente rilevanti dell’unione e la competenza ad adottare tutte le misure di attuazione di tali atti spetta anzitutto agli stati membri, che vi prevedono nell’ambito del loro diritto interno. Solo quando siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione gli atti in questione conferiscono competenze di esecuzione alla commissione. Lo svolgimento delle competenze di esecuzione della commissione è oggetto di una disciplina generale preventiva, definita mediante regolamenti emanati secondo la procedura legislativa ordinaria, relativa alle modalità di controllo da parte degli stati membri sull’esercizio di tali competenze → disciplina adottata con regolamento 182/2011, con cui si prevedono due procedure, entrambe con la partecipazione di un comitato formato da rappresentanti degli stati membri e presieduto da un rapp. della commissione. Un comitato di appello è contemplato in alcune ipotesi.
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Procedura di esame: la commissione è vincolata al parere del comitato.
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Procedura consultiva.
La scelta tra le due procedure si fa nell’atto da eseguire (atto di base) ma in alcuni casi il regolamento stabilisce la procedura di esame.
(f) Lʼart. 17, par. 1 TUE attribuisce alla Commissione anche la rappresentanza esterna dellʼUnione. Tale rappresentanza, peraltro non è esclusiva: lo stesso art. 17, par. 1, TUE eccettua la materia della politica estera e di sicurezza comune, per la quale la rappresentanza esterna è assicurata dal Presidente del Consiglio europeo, fatte salve le prerogative dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Sempre sul piano esterno, assieme al Consiglio e con lʼassistenza dellʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, deve garantire la coerenza tra i vari settori dellʼazione esterna dellʼUnione e tra questi settori e le altre politiche. Inoltre la Commissione e lʼAlto rappresentante sono incaricati di attuare ogni utile forma di cooperazione con le Nazioni Unite e i suoi istituti specializzati, il Consiglio dʼEuropa, lʼOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nonché di assicurare gli opportuni collegamenti con altre organizzazioni internazionali. La rappresentanza dellʼUnione è attribuita alla Commissione anche allʼinterno degli Stati membri (art. 335 tfue attribuisce alla unione la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone dalle legislazioni nazionali).
(g) Oltre al compito di avviare la programmazione dellʼUnione per giungere ad accordi interistituzionali, ulteriori funzioni della Commissione sono indicate anzitutto dallʼart. 17, par. 2 TUE → una norma che esprime la partecipazione della Commissione ai procedimenti decisionali di carattere interistiuzionale, in particolare ai procedimenti legislativi (ordinario e speciali). La Commissione detiene quasi il “monopolio” delle proposte di atti dellʼUnione, senza le quali non è possibile avviare i procedimenti legislativi (o decisionali), anche se le proposte possono essere sollecitate dal parlamento europeo, dal Consiglio o da cittadini dellʼUnione in numero di almeno un milione. La forza della proposta della Commissione è tale che essa pu essere respinta, ma ove il Consiglio intenda modificarla pu farlo, di regola, solo allʼunanimità. Rispetto a questo potere di iniziativa, che fa della Commissione il motore dellʼattività dellʼUnione, estremamente rari sono i casi nei quali i Trattati consentono lʼadozione di atti senza la sua proposta. Come di consueto, a parte si colloca la politica estera e di sicurezza comune, nella quale il ruolo della Commissione è alquanto modesto e viene attenuato il suo potere dʼiniziativa. In questo caso, infatti, il potere di iniziativa, comprensivo del potere di sottoporre proposte al Consiglio è conferito a ciascun Stato membro e, autonomamente, allʼAlto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, salva la possibilità di un appoggio della Commissione, che non costituisce, per , una condizione necessaria per le iniziative dellʼAlto rappresentante.
(h) Rientrano anche nel potere di proposta della Commissione anche i numerosi atti atipici, non vincolanti, che essa è solita emettere nella prassi, come comunicazioni, dichiarazioni, programmi. Tra questi particolare importanza presentano i libri bianchi, i quali contengono un articolato programma di azione e di atti da adottare in un determinato settore, e i libri verdi, che si collocano in una fase preparatorio meno avanzata e contengono una documentazione volta a provocare, su una certa problematica, una discussione e un dibattito con le istituzioni europee e gli Stati membri, o anche con categorie interessate e settori della società civile.
Sebbene lʼart. 17 TUE non menzioni un potere di decisione, talune disposizioni dei Trattati attribuiscono alla Commissione tale potere. Talvolta esso è contemplato nel quadro dei poteri di vigilanza della Commissione e, in questa ipotesi, la decisione diventa uno strumento di controllo sulla condotta degli Stati membri. Non mancano, poi, disposizioni che conferiscono alla Commissione un vero e proprio potere normativo, sia pure in via dʼeccezione, quindi, la Commissione, oltre a un potere normativo di carattere delegato e a un potere esecutivo, può avere un potere normativo primario, derivante, cioè, direttamente dai Trattati.
La Commissione dispone anche di un potere di raccomandazione di carattere generale (292 tfue) esercitabile ogni qual volta lo ritenga necessario, con il solo limite che riguardi materie rientranti nellʼambito dei Trattati. Tali atti possono rivolgersi ad altre istituzioni o organi, come a Stati membri e a soggetti privati o pubblici e possono avere destinatari generali o particolari. In ogni caso, le raccomandazioni non sono obbligatorie, anche se possono produrre taluni effetti giuridici.
In qualche caso è previsto anche che la Commissione, quando non abbia un potere esclusivo di proposta, emani pareri. Un particolare valore giuridico ha il parere motivato che la Commissione emette nel quadro della procedura dʼinfrazione nei confronti di uno Stato membro che essa reputi abbia violato propri obblighi derivanti dal diritto dellʼUnione.
Inoltre, la Commissiona pubblica annualmente, almeno un mese prima dellʼapertura della sessione del parlamento europeo, una relazione generale sullʼattività dellʼUnione. Tale relazione, sottoposta allʼesame del Parlamento europeo, costituisce anche una preziosa fonte di conoscenza sullʼattività e i risultati dellʼUnione.
13. L’alto rappresentante dell’unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Un organo “ibrido” poiché, oltre alla posizione di presidente del Consiglio “Affari esteri”, riveste lo status di componente della Commissione, della quali è uno dei vicepresidenti. Questa duplice condizione dellʼAlto rappresentante si riflette nella duplicità dei rapporti che si determinano:
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da un lato, con le istituzioni governative dellʼUnione (Consiglio europeo e Consiglio),
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dallʼaltro, con lʼistituzione “soprannazionale” (la Commissione), formata da individui indipendenti da qualsiasi Stato.
L’Alto rappresentante è nominato dal Consiglio europeo d’accordo con il Presidente della Commissione. La sua nomina, come per tutti i membri della Commissione, è subordinata allʼapprovazione del Parlamento europeo il quale, nel contesto di fiducia che intercorre con la Commissione, ha dunque il potere di impedire la nomina di un candidato ad Alto rappresentante e può con una mozione di censura sfiduciarlo. Il consiglio può anche determinare con la medesima procedura la fine del suo mandato e, pertanto, è qualificato come MANDATARIO DEL CONSIGLIO → l’alto rappresentante contribuisce all’elaborazione della politica estera e di sicurezza comune con le sue proposte e la attua in qualità di mandatario del Consiglio (art. 18 par. 2 TUE).
In qualità di membro e vicepresidente della Commissione, l’Alto rappresentante “è incaricato delle responsabilità che incombono a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell’Unione”.
Solo nei limiti entro i quali egli opera in seno alla Commissione resta soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della Commissione; ma, a differenza degli altri membri della Commissione, l’Alto rappresentante è sottratto al divieto generale secondo il quale tali membro non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismi, in quanto questi opera quale mandatario del Consiglio e attua la politica estera e di sicurezza comune.
Al di là delle norme che si riferiscono allʼAlto rappresentante nella sua veste di presidente del Consiglio “Affari esteri” e di vicepresidente della Commissione, numerose disposizioni dei Trattati stabiliscono le sue funzioni nellʼambito generale dellʼazione esterna dellʼUnione e, più specificatamente, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune:
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Sul piano generale, lʼAlto rappresentante assiste il Consiglio e la Commissione nel loro compito di garantire la coerenza tra i vari settori dellʼazione esterna e tra questi e le altre politiche dellʼUnione; l’Alto rappresentante svolge una funzione di proposta (di questioni o di iniziative) nei confronti del Consiglio, di attuazione delle decisioni dello stesso Consiglio, così come del Consiglio europeo, di rappresentanza dellʼUnione nei rapporti con i terzi, di consultazione (art. 27 tue).
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Di particolare importanza appaiono le funzioni dell ‘Alto rappresentante nellʼattuazione delle missioni implicanti lʼimpiego di mezzi civili e militari nellʼambito della politica di sicurezza e di difesa comune (c.d. operazioni di Petersberg) → Esse comprendono le azioni in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, di consulenza e assistenza in amteria militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, ecc. Tali missioni sono decise dal Consiglio e spetta allʼAlto rappresentante, sotto lʼautorità del Consiglio e in stretto contatto con il comitato politico e di sicurezza, provvedere a coordinare gli aspetti cvili e militari delle stesse missioni.
Una significativa novità introdotta dal Trattato di Lisbona consiste nellʼistituzione di un servizio europeo per lʼazione esterna, che potrebbe configurarsi come un servizio europeo di diplomazia, posto sotto la direzione dellʼAlto rappresentante → art. 27 par. 3 TUE “nell’esecuzione delle sue funzioni, l’alto rappresentante si avvale di un servizio europeo per l’azione esterna. Il servizio lavora in collaborazione con i servizi diplomatici degli stati membri ed è composto da funzionari dei servizi competenti del segretariato generale del consiglio e della commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali”. Il SEAE è disciplinato dalla decsione del consiglio 2010/427/UE:
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un organo dell’unione che opera in autonomia funzionale sotto la responsabilità dell’alto rappresentante
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provvisto di capacità giuridica necessaria per l’adempimento dei suoi compiti
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ha sede a Bruxelles ma si articola in una amministrazione centrale e nelle delegazioni presso i paesi terzi e le organizzazioni internazionali, il cui capo delegazione rappresenta l’unione.
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Assiste il rappresentante nell’esecuzione delle sue funzioni, il presidente del consiglio europeo e della commissione e la commissione stessa nelle rispettive funzioni di relazioni esterne. Collabora con i servizi diplomatici degli stati membri.
14. La corte di giustizia dell’Unione Europea
In base allʼart. 19 TUE la Corte di giustizia dellʼUnione europea, qualificata dal TUE come istituzione dellʼUnione, comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati → si identifica con lʼintero ordinamento giudiziario dellʻUnione, al quale compete di assicurare il rispetto del diritto nellʼinterpretazione e nellʼapplicazione dei Trattati.
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La Corte di giustizia era, originariamente, l’unica istituzione giudiziaria dell’Unione europea, fornita di una pluralità di competenze e deputata ad assicurare il rispetto del diritto dellʼUnione europea da parte degli Stati membri, delle istituzioni politiche dellʼUnione e degli individui. Ha sede a Lussemburgo e si riunisce in sezioni, composte da 3 o 5 membri, in grandi sezioni, 13 giudici e presieduta dal presidente o, eccezionalmente, in seduta plenaria.
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Successivamente, con una decisione del Consiglio del 1988, fu istituito un secondo organo giudiziario, il Tribunale di primo grado, con alcune limitate competenze che, peraltro, sono progressivamente aumentate. Esso è stato formalmente inserito nei Trattati con il Trattato di Maastricht del 1992, mentre con il Trattato di Lisbona ha assunto la denominazione di Tribunale. La creazione del Tribunale rispondeva principalmente a due esigenze:
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decongestionare la Corte di giustizia rispetto a una massa smisurata di ricorsi che rischiava di minarne l’efficienza e la funzionalità;
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opportunità di garantire un doppio grado di giurisdizione, con il diritto dʼimpugnare le sentenze del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia. Il doppio grado di giurisdizione non è, tuttavia, di generale applicazione, poiché vi sono tuttora importanti competenze, basti pensare alla procedura di infrazione contro gli Stati membri, riservate alla sola Corte, che, dunque, è giudice unico
Ha sede a Lussemburgo ed è formato da almeno un giudice per stato membro.
Riguardo alla prima esigenza ricordata, sollevare la Corte di giustizia dal rischio di restare travolta dai ricorsi, la creazione del Tribunale si è rivelata misura insufficiente. Al fine di alleggerire il peso del contenzioso della Corte non solo sono state, di volta in volta, aumentate le competenze del Tribunale, ma il Trattato di Nizza del 2001 ha previsto, con una “clausola abilitante”, divenuta lʼattuale 257 TFUE, la possibilità di affiancare al Tribunale dei tribunali specializzati, incaricati a conoscere in primo grado di talune categorie di ricorsi proposti in materie specifiche. Sulla base della disposizione del Trattato di Nizza è stato già creato un tribunale specializzato. Il Consiglio, infatti, con decisione del 2004, ha istituito il Tribunale della funzione pubblica dellʼUnione europea, competente a pronunciarsi in primo grado sulle controversie tra lʼUnione e i suoi agenti:
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Contro le sue decisioni può essere proposta impugnazione, solo per motivi di diritto, al Tribunale che così, nella materia in esame, diventa giudice di secondo grado.
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Le decisioni del Tribunale, emanate a seguito di impugnazione di una decisione del Tribunale della funzione pubblica, possono essere oggetto di riesame da parte della Corte di giustizia, ove sussistano gravi rischi che lʼunità o la coerenza del diritto dellʼUnione siano compromesse → In questa ipotesi, per quanto eccezionale, si configura un terzo grado di giurisdizione presso la Corte di giustizia.
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composto da sette giudici, nominato dal Consiglio allʼunanimità. Peraltro, la decisione del Consiglio è subordinata alla consultazione di un comitato composto da sette personalità scelte tra ex giudici della Corte e del Tribunale e tra giuristi di notoria competenza, il quale fornisce un parere sullʼidoneità dei candidati allo svolgimento delle funzioni di giudice del Tribunale della funzione pubblica.
La disciplina delle istituzioni giudiziarie si trova anche:
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nello Statuto della Corte di giustizia → Lo statuto è stabilito con protocollo separato ed ha lo stesso valore giuridico dei trattati. E’ previsto un meccanismo semplificato di revisione dello statuto, ad eccezione del titolo I e dell’art. 64, regolato dall’art. 281,2 TFUE (il parlamento e il consiglio deliberano su richiesta della c. di giustizia e previa consultazione della commissione o su proposta della commissione, previa consultazione della corte di giustizia).
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nei regolamenti di procedura delle diverse giurisdizioni dell’UE → stabiliti da ciascun tribunale ma oggetto di approvazione del consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.
La Corte di giustizia è composta da un giudice per ogni Stato membro e da otto avvocati generali. I giudici e gli avvocati sono nominati dagli Stati membri di comune accordo per sei anni e il loro mandato è rinnovabile. I giudici e gli avvocati devono essere scelti “tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e che riuniscano le condizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza”.
La nomina dei giudici (come degli avvocati generali e dei membri del Tribunale) è preceduta da un parere sulla loro adeguatezza fornito da un comitato di sette personalità scelte tra ex membri della Corte e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza, uno dei quali proposto dal Parlamento europeo. Le regole di funzionamento e composizione del comitato sono oggetto di una decisione del consiglio su iniziativa del presidente della corte.
Con decisione 2010/124/UE è stata adottata quella sulle norme di funzionamento:
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i giudici designano tra di loro il presidente per 3 anni rinnovabili
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la corte nomina il cancelliere, fissandone lo statuto
Sebbene i giudici vengano nominati per ciascuno Stato membro, questi non rappresentano tale Stato, non solo perché la loro indipendenza è prescritta dal TFUE, ma anche perché il carattere di piena indipendenza è connaturato alla funzione giudiziaria; la Corte, pertanto, è un tipico organo di individui.
La Corte di giustizia è assistita da otto avvocati generali, il cui numero può essere aumentato dal Consiglio, all’unanimità, su richiesta della Corte. L’avvocato generale, la cui nomina e i cui requisiti sono identici a quelli dei giudici:
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si pone al servizio dell’interesse generale del diritto dell’Unione, fornendo maggiori garanzie di equilibrio e di preparazione tecnica alla Corte di giustizia.
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“ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento” (art. 252,2 tfue) → amicus curiae che deve in maniera imparziale rappresentare l’interesse al rispetto del diritto.
La sue funzioni e la sua natura sono state precisate dalla Corte di giustizia in una ordinanza, nella quale essa ha affermato anche che egli è un membro dell’istituzione giudiziaria e partecipa all’esercizio della funzione giurisdizionale.
15. La Banca centrale europea e gli organi monetari
Nellʼambito dellʼunione economia e monetaria un ruolo importante spetta alla Banca centrale europea, qualificata istituzione dallʼart. 13 TUE, e agli organi monetari dellʼUnione europea. In materia monetaria poteri estremamente incisivi sono attribuiti alle autorità monetaria. Queste sono:
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la Banca centrale europea (BCE)
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il Sistema europeo di banche centrali (SEBC), le cui competenze e poteri sono regolati sia dal Trattato sul funzionamento dellʼUnione europea che dallo Statuto, contenuto nel Protocollo n. 4.
Il SEBC ha, quale obiettivo principale, il mantenimento della stabilità dei prezzi; i suoi compiti fondamentali sono: definire e attuare la politica monetaria dellʼUnione; svolgere le operazioni sui cambi; detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati; promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. Il SEBC non è un organo autonomo, in quanto è composto dalla BCE, con sede a Francoforte, e dalle banche centrali nazionali (per lʼItalia, la Banca dʼItalia) ed è retto dagli organi decisionali della BCE. È la BCE, fornita di personalità giuridica, che con il suo apparato esercita in concreto le competenze in materia monetaria, a cominciare dalla emissione e dal governo dellʼeuro. Gli organi della BCE sono:
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il Consiglio direttivo → composto dai membri del Comitato esecutivo della BCE e dai governatori delle banche centrali nazionali degli Stati partecipanti allʼeuro.
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il Comitato esecutivo → comprende il Presidente, il vicepresidente e quattro altri membri, nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario e cittadini di Stati membri, dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo della BCE. Il loro mandato è di otto anni ed è rinnovabile.
Il Comitato esecutivo svolge funzioni preparatorie ed esecutive rispetto al Consiglio direttivo e, in generale, attua la politica monetaria sulla base delle determinazioni del Consiglio direttivo, il quale stabilisce le linee generali della politica monetaria.
La BCE si caratterizza per la sua posizione di indipendenza, sia nei confronti degli Stati membri, che delle istituzioni politiche europee Questa scelta corrisponde essenzialmente allʼintento politico di salvaguardare la stabilità dei prezzi e, quindi, di evitare spinte inflazionistiche. A tal fine le decisioni di politica monetaria vengono sottratte ad ogni forma di condizionamento o di pressione politica. proveniente da organi o istituzioni politiche. A tal proposito il TFUE, art. 130 stabilisce che “né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo”.
Tale indipendenza non implica però incomunicabilità fra le autorità monetarie europee e le istituzioni. Al contrario:
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il Presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio direttivo della BCE, al quale il Presidente del Consiglio può anche sottoporre una mozione per lʼapprovazione. I
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l Presidente della BCE è invitato a partecipare alle riunioni del Consiglio su argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC.
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La BCE trasmette una relazione annuale sullʼattività del SEBC e sulla politica monetaria al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo.
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Il Presidente della BCE e gli altri membri del Comitato esecutivo, a richiesta del Parlamento o di propria iniziativa, possono essere ascoltati dalle commissioni competenti del Parlamento europeo.
La BCE svolge anche funzioni consultive e talvolta deve essere obbligatoriamente consultata, come sulle proposte di atti dellʼUnione rientranti nelle sue competenze (da parte delle istituzioni europee) e, dalle autorità nazionali, sui progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze.
Di particolare importanza è il potere normativo che è conferito (art. 132 tfue) alla BCE per lʼassolvimento dei compiti del SEBC. Essa, infatti:
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può emanare regolamenti, decisioni, raccomandazioni e pareri.
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Tali atti hanno le stesse caratteristiche che lʼart. 288 TFUE assegna agli atti menzionati nellʼordinamento dellʼUnione: regolamenti e decisioni sono obbligatoti e i primi, di portata generale, sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri euro.
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Essi, in omaggio al carattere indipendente delle BCE, sono adottati al di fuori di qualsiasi partecipazione o controllo di istituzioni politiche, in specie del Parlamento, e non sfuggono al controllo giudiziario della Corte di giustizia.
16. La corte dei conti
La Corte dei conti fu istituita con il Trattato di Bruxelles del 22 luglio 1975 per rispondere allʼesigenza di assicurare un controllo finanziario esterno alle singole istituzioni. Oggi alla Corte dei conti è formalmente riconosciuto lo status di istituzione ex art. 13 TUE.
La Corte dei conti è un organo di individui ma NON giurisdizionale:
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è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro.
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I suoi componenti sono nominati per sei anni dal Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta di ciascuno Stato membro e previa consultazione del Parlamento, e sono scelti tra personalità che fanno o hanno fatto parte, nei rispettivi Stati, delle istituzioni di controllo esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione e che offrano tute le garanzie di indipendenza.
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Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza e nell’interesse generale dell’Unione (art. 285,2 TFUE).
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“Nell’adempimento dei loro doveri, i membri della Corte dei conti non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni. Essi non possono, per la durata delle loro funzioni, esercitare alcun’altra attività professionale, remunerata o meno. Fin dal loro insediamento, i membri della Corte dei conti assumono l’impegno di rispettare, per la durata delle loro funzioni e anche dopo la cessazione di queste, gli obblighi derivanti dalla loro carica ed in particolare i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l’accettare, dopo tale cessazione, determinate funzioni o vantaggi” (art. 286).
La funzione principale della Corte dei conti è quella di assicurare il controllo finanziario dellʼUnione esaminando i conti di tutte le entrate e le spese, compresi quelli degli organismi creati dallʼUnione:
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un controllo c.d. esterno, cioè effettuato da unʼistituzione, la Corte dei conti, nei confronti di altre istituzioni o organi.
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Il controllo riguarda la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese e si estende allʼaccertamento della sana gestione finanziaria.
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Nellʼesercizio della sua funzione dispone di incisivi strumenti di indagine, sia controllando i documenti sia, ove necessario, mediante sopralluoghi presso le altre istituzioni dellʼUnione, nei locali di qualsiasi organo che gestisca le entrate o le spese per conto dellʼUnione e negli Stati membri, compresi i locali delle persone fisiche o giuridiche che ricevano contributi a carico del bilancio dellʼUnione.
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Negli Stati membri la Corte dei conti e le competenti autorità nazionali collaborano in un spirito di reciproca fiducia, pur mantenendo la loro indipendenza.
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La Corte dei conti assiste il Parlamento europeo e il Consiglio nella loro attività di controllo sullʼesecuzione del bilancio.
I principali risultati della funzione di controllo finanziario consistono nella dichiarazione di affidabilità dei conti, comprendente l’attestazione di regolarità e legittimità delle relative operazioni, che la corte presenta al parlamento europeo e al consiglio e nella relazione generale annuale, redatta dopo la chiusura di ogni esercizio finanziario e trasmessa alle altre istituzioni europee.
La Corte dei conti ha anche una funzione consultiva → può dare pareri su richiesta di una delle altre istituzioni dell’Unione: si tratta di pareri facoltativi, nel senso che le altre istituzioni hanno la facoltà, non lʼobbligo, di richiederli. In qualche raro caso il parere è obbligatorio (ad esempio, lʼart. 325, par. 4 TFUE, il quale prescrive che il Parlamento europeo e il Consiglio consultino la Corte dei conti per lʼadozione delle misure di prevenzione e di lotta contro le frodi le ledano gli interessi finanziari dellʼUnione).
La potestà consultiva può essere esercitata dalla Corte dei conti anche di propria iniziativa, in quanto è stabilito che essa può presentare in ogni momento le sue osservazioni su problemi particolari (art. 287 par. 4,2 TFUE).
17. Gli organi ausiliari consultivi
art. 13 par. 4 TUE “il parlamento, il consiglio e la commissione sono assistiti da un comitato economico e sociale e da un comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive.
Tali organi ausiliari consultivi sono entrambi organi di individui, in quanto composti da persone indipendenti dai governi degli stati membri.
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Il comitato economico e sociale è composto da rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori indipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale (art. 300 par. 2 TFUE):
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in numero non superiore a 350 (art. 301)
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la composizione è determinata con decisione unanime del consiglio su proposta della commissione.
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La nomina è effettuata dal consiglio per cinque anni, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta degli stati membri, previa consultazione della commissione.
Il comitato si riunisce su convocazione del presidente eletto dallo stesso comitato, di propria sponte o su richiesta del parlamento europeo, del consiglio o della commissione. La funzione consultiva è esercitata mediante (art. 304):
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pareri obbligatori: richiesti dal parlamento europeo, dal consiglio o dalla commissione solo nei casi espressamente previsti dai trattati. Il parlamento etc. possono stabilire un termine di un mese, passato il quale deliberano in assenza del parere.
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pareri facoltativi: richiesti dal parlamento europeo, dal consiglio o dalla commissione in tutti i casi lo ritengano opportuno e quelli emanati dal comitato di propria iniziativa.
B) Il comitato delle regioni è stato formalmente istituito dal trattato di Maastricht, per dare una rappresentanza alle autonomie locali, tenuto conto che sovente politiche e diritto UE incidono notevolmente sugli interessi e sulle competenze delle regioni e di analoghi enti locali:
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il numero e la nomina dei componenti è analoga a quella del comitato economico.
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I membri devono già rivestire un mandato assembleare o di governo in una regione o altro ente locale. Tale mandato deve perdurare.
Anch’esso emette pareri obbligatori, solitamente prescritti in materie ove è richiesto il parere anche del comitato economico, e facoltativi. Il trattato di Lisbona gli ha riconosciuto una limitata legittimazione ad impugnare dinnanzi alla corte di giustizia atti dell’unione europea:
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se non è stata effettuata la consultazione, ove prescritta
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per violazione del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, negli atti ove è prescritto il parere obbligatorio.
C) Il comitato per l’occupazione (art. 150tfue) è composto da due membri nominati da ciascuno stato membro e due dalla commissione. Esso è incaricato di seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia, di formulare pareri su richiesta del consiglio o della commissione o di propria iniziativa (pareri facoltativi) e di preparare i lavori del consiglio relativi alla elaborazione degli orientamenti in materia occupazionale (parere obbligatorio). Esso deve ascoltare le parti sociali.
D) Il comitato dei trasporti, istituito presso la commissione, ha funzioni consultive facoltative ed è composto da esperti designati dagli stati membri.
E) Il comitato è presieduto da un membro della commissione e composto da rappresentanti dei governi e elle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, è incaricato di assistere la commissione nell’amministrazione del fondo sociale europeo.
F) Il comitato per la protezione sociale è un organo a carattere consultivo, composto da due membri nominati da ciascuno stato membro e dalla commissione, incaricato i seguire la situazione sociale e lo sviluppo elle politiche di protezione sociale.
18. La Banca europea per gli investimenti
La Banca centrale europea per gli investimenti, pur facendo parte della struttura dellʼUnione europea sin dalla sua origine, costituisce in realtà unʼentità autonoma, i cui membri sono gli Stati membri dellʼUnione europea, dotata di personalità giuridica e regolata in un apposito Statuto. La marcata autonomia risulta dalla presenza di una propria struttura organizzativa:
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Il Consiglio dei governatori, composto dai ministri designati dagli Stati membri,
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Il Consiglio di amministrazione, formato da individui che offrano ogni garanzia di indipendenza e di competenza
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Il Comitato direttivo, anchʼesso costituito da personalità indipendenti.
Anche il sistema di finanziamento e il bilancio hanno una loro autonomia: il capitale della BEi è costituito, infatti, dalle quote sottoscritte dai singoli Stati membri. La funzione essenziale della BEI è quella di contribuire allo sviluppo equilibrato del mercato interno nell’interesse dell’Unione (art. 309 TFUE). I mezzi utilizzabili a tal fine dalla BEI sono:
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le concessioni di prestiti e di garanzie, senza finalità di lucro, a favore di Stati membri o di imprese private o pubbliche, per il finanziamento di progetti per la valorizzazione delle regioni meno sviluppate, di progetti contemplanti lʼammodernamento
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La riconversione di imprese e di progetti di interesse comune per gli Stati membri, che non possono essere interamente assicurati da finanziamenti esistenti nei singoli Stati membri a causa della loro ampiezza o natura.