Capitolo IV – La cittadinanza europea
CAPITOLO IV – LA CITTADINANZA EUROPEA
1. L’attribuzione della cittadinanza europea
Tra le più significative novità del Trattato di Maastricht del 1992 vi è l’istituzione della cittadinanza dellʼunione europea → un nuovo status giuridico del quale è titolare chiunque abbia la cittadinanza di un Paese membro dellʼUnione. Tale status, enunciato nellʼart. 9 TUE, è disciplinato negli artt 20-25 TFUE. Lʼart. 20 TFUE dichiara: “ 1. È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. 2.I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati”.
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Benché il par. 2 menzioni anche i doveri, non sembrano riconoscibili doveri specifici del cittadino europeo in quanto tale.
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Riguardo all’attribuzione della cittadinanza europea, ai sensi del par. 1, essa consegue automaticamente alla cittadinanza di uno Stato membro. Rappresenta un arricchimento della cittadinanza nazionale che, senza sostituire quest’ultima, la potenzia mediante una serie di diritti.
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Rispetto alla cittadinanza nazionale quella europea costituisce una cittadinanza duale, o derivata → lʼattribuzione automatica della cittadinanza europea a chiunque sia cittadino di uno Stato membro ma gli Stati membri che mantengono il potere di disciplinare come credono l’attribuzione e la perdita della propria cittadinanza, determinando così, la nascita o la perdita anche della cittadinanza europea.
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La libertà di ciascuno Stato membro, per quanto riguarda la propria cittadinanza, non pu essere rimessa in discussione né dalle istituzioni europee, né da alcun altro Stato membro.
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Allo stesso modo è prevista l’impossibilità di ciascuno Stato membro di sindacare l’attribuzione della cittadinanza ad opera di un altro Stato membro.
A tal proposito è da ricordare la sentenza 7 luglio 1992, causa Micheletti → la Corte ha respinto la posizione della Spagna la quale negava che una persona, provvista di doppia cittadinanza argentina e italiana, potesse considerarsi italiana (ed esercitare, pertanto, il proprio diritto di stabilimento in Spagna) poiché, per la legge spagnola, in caso di doppia cittadinanza deve prevalere quella corrispondente alla residenza abituale dell’interessato che, nella specie, era in Argentina. La Corte ha affermato che: “la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra nella competenza di ciascuno Stato membro competenza che deve essere esercitata nel rispetto del diritto dellʼUnione. Non spetta, invece, alla legislazione di uno Stato membro limitare gli effetti dellʼattribuzione della cittadinanza di un altro Sttao membro, pretendeno un requisito ulteriore per il riconsocimnto di tale cittadinanza al fine dellʼesercizio delle liberà fondamentali”.
Dalla sentenza Micheletti può desumersi un limite alla rilevanza delle legislazioni nazionali ai fini dellʼattribuzione della cittadinanza dellʼUnione europea → La Corte ha affermato che la competenza degli Stati membri in materia di cittadinanza “deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario”. Di conseguenza non produrrebbero effetti sulla cittadinanza europea disposizioni di uno Stato membro che, per esempio disponessero la perdita della propria cittadinanza per ragioni razziali; e, pertanto, l’interessato continuerebbe a godere dello status di cittadino dell’Unione.
La Corte ha ritenuto ammissibile la revoca della concessione della cittadinanza a motivo di frode commessa dall’interessato nell’ambito della procedura di acquisizione della cittadinanza. Tuttavia, la Corte ha affermato che, ai fini della conformità di tale revoca con il diritto dellʼUnione è necessario verificare, da parte del giudice nazionale, che la decisione di revoca rispetti il principio di proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze sulla situazione dell’interessato.
2. Diritto di libera circolazione e di soggiorno
La cittadinanza dellʼUnione si risolve in un catalogo specifico di diritti e taluni appartenenti non solo ai cittadini ma anche alle persone fisiche o giuridiche aventi la residenza o la sede sociale in uno Stato membro. Comunque, lʼindividuo non viene più in rilievo solo come soggetto economicamente attivo, ma tende a porsi come soggetto politico, partecipe e consapevole protagonista del processo di integrazione europea.
Ogni cittadino dellʼUnione è innanzitutto titolare del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri (art. 21 TFUE: “ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri“ […]) → Tale diritto era apparentemente già contemplato nel Trattato istitutivo della Comunità economica europea, ma era riconosciuto solo alle persone economicamente attive, cioè ai lavoratori subordinati e, nel quadro del diritto di stabilimenti, ai lavoratori autonomi. Lʼart. 21 TFUE, invece, ricollega il diritto di circolazione e di soggiorno ad un fondamento politico, qual è lo status di cittadino europeo. Esso, inoltre, attribuisce a tale diritto un sicuro fondamento normativo che ne favorisce anche il progressivo sviluppo e ampliamento. Il par. 2 dell’art. 21, infatti, contempla espressamente la possibilità di un ulteriore sviluppo del diritto in esame, stabilendo che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando con la procedura legislativa ordinaria, possano adottare disposizioni intese a facilitare il suo esercizio.
Tale diritto, tuttavia, non è del tutto incondizionato. Lʼart. 21, par. 1, FUE lo riconosce, infatti, “fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi”. Gli Stati membri, dunque, possono limitare la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dellʼUnione o di un suo familiare adottando anche provvedimenti di allontanamento, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. La Corte, pur ribadendo che il diritto di circolazione e di soggiorno è soggetto alle limitazioni e alle condizioni previste dai Trattati e dalla normativa emanata dalle istituzioni europee, ha affermato che tale diritto deriva direttamente dallʼart. 21 TFUE, per cui un cittadino che non benefici più nello Stato membro ospitante del diritto di soggiorno in qualità di lavoratore migrante, può beneficiarne in virtù dellʼart. 21 TFUE; e che tale disposizione ha un efficacia diretta, nel senso che tale diritto può essere esercitato in via giudiziaria e deve essere tutelato dai giudici nazionali.
3. Diritto di elettorato alle elezioni amministrative e del Parlamento Europeo
Lʼart. 22 TFUE contempla il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni amministrative e in quelle del Parlamento europeo. “1. Ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino. 2. […] ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino”.
Il par. 1 conferisce un diritto di elettorato attivo e passivo ad ogni cittadino europeo nelle elezioni comunali del Paese di residenza. L’esercizio di tale diritto richiedeva l’emanazione di un atto del Consiglio, il quale ha adottato a tale fine la direttiva n. 94/80/CE del 1994, più volte modificata.
L’elettorato amministrativo si colloca nell’ottica del divieto di discriminazione in base alla nazionalità. Esso, poi, si collega al diritto di libera circolazione e soggiorno. Infatti l’opportunità di partecipare alle elezioni amministrative facilita tale diritto, che sarebbe invece ostacolato qualora, spostandosi da uno Stato membro all’altro, si venisse privati della possibilità di contribuire alla formazione degli organi amministrativi comunali del Paese di residenza e di farne parte.
Il diritto di elettorato attivo e passivo al Parlamento europeo, previsto dal par. 2, si colloca invece nellʼottica della partecipazione del cittadino europeo alla vita politica dellʼUnione europea in base a tale norma ogni cittadino europeo può votare al Parlamento europeo nel Paese di residenza e in tale Paese candidarsi alla carica di parlamentare europeo. Anche lʼattuazione di questa disposizione richiedeva lʼadozione di un atto, il che è avvenuto con la direttiva n. 93/109/CE la quale, tra lʼaltro, ha la funzione di garantire che il diritto in questione sia esercitato solo una volta, o nel Paese di origine o in quello di residenza.
N.B. Come dalla sentenza della corte 12 sett. 2006 causa Spagna Regno Unito, il DIRITTO DI ELETTORATO NON APPARE UNA PREROGATIVA DEI SOLI CITTADINI EUROPEI poiché la determinazione dei titolari di tale diritto rientra nella competenza di ciascuno stato, nel rispetto del diritto dell’unione.
4. Il diritto di petizione
Lʼart. 24 TFUE, ripetendo sostanzialmente la disposizione dellʼart. 11 TFUE relativa la referendum propositivo, nei commi successivi attribuisce al cittadino europeo alcuni diritti. Si tratta, anzitutto, del diritto di petizione, 2° comma: “ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di petizione dinanzi al Parlamento europeo conformemente all’articolo 227”.
Il Parlamento europeo aveva contemplato tale diritto già nel suo Regolamento interno nel 1981; il suo riconoscimento nel Trattato rafforza il diritto di petizione configurando un corrispondente dovere di esaminarlo in capo al Parlamento europeo. La petizione può avere un contenuto alquanto vario, da richieste di informazioni sulla posizione del Parlamento europeo in merito a date questioni, a suggerimenti relativi alle politiche dell’Unione o alla soluzione di specifici pormeli, alla proposizione all’attenzione del Parlamento di questioni di attualità, sino a veri e propri reclami contro asserite violazioni dei diritto del petizionario. In ogni caso a petizione deve rientrare nel campo di attività dellʼUnione.
Il diritto di petizione, che secondo lʼart. 24 TFUE compete ad ogni cittadino dellʼUnione, viene esteso dallʼart. 227 TFUE anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede sociale in uno Stato membro. Lʼart. 227 subordina la presentazione di una petizione alla condizione che la materia oggetto della petizione concerna direttamente l’autore della stessa. Tuttavia, considerando lo scopo della petizione, che è quello di sollecitare l’attenzione del Parlamento europeo, tale condizione non può essere intesa in senso rigidamente formale, quale necessità che il petizionario sia titolare di un diritto che possa subite un pregiudizio, ma in maniera alquanto elastica, come coinvolgimento del petizionario nella materia in questione.
Per lʼesame delle petizioni è istituita una commissione permanente del Parlamento europeo, detta Commissione per le petizioni. Essa può organizzare anche una missione dʼinformazione nello Stato membro o nella regione cui la petizione si riferisce. Può chiedere, inoltre, alla Commissione europea di assisterla. Il risultato dellʼesame può essere vario, anche in corrispondenza ai diversi contenuti che le stesse petizioni possono presentare.
5. La denuncia al Mediatore europeo e gli altri diritti del cittadino europeo
Art. 24,3 TFUE: ogni cittadino dell’Unione può rivolgersi al Mediatore istituito conformemente all’articolo 228.
Il mediatore è un organo individuale, istituito dal Trattato di Maastricht, con il compito precipuo di promuovere la buona amministrazione nell’Unione, intervenendo per riparare i casi di cattiva amministrazione:
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è nominato dal parlamento europeo dopo ogni elezione dello stesso
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ha mandato rinnovabile pari alla durata della legislatura
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ex art. 228 par.3 esercita le sue funzioni in piena indipendenza, non sollecita né accetta istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo.
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Per tutta la durata del mandato non può esercitare alcuna attività professionale.
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Il parlamento non può revocare la nomina del mediatore ma solo chiedere alla corte di giustizia di dichiararlo dimissionario “qualora non risponda più alle condizioni necessarie all’esercizio delle sue funzioni o abbia commesso una colpa grave”.
Per quanto riguarda le funzioni del Mediatore, sono regolate dall’art. 228 par. 1 e dal suo statuto. Egli “è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione o di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, e riguardanti casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione, salvo la Corte di giustizia dell’Unione europea nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali. Egli istruisce tali denunce e riferisce al riguardo. Conformemente alla sua missione, il Mediatore, di propria iniziativa o in base alle denunce che gli sono state presentate direttamente o tramite un membro del Parlamento europeo, procede alle indagini che ritiene giustificate, tranne quando i fatti in questione formino o abbiano formato oggetto di una procedura giudiziaria. Qualora il Mediatore constati un caso di cattiva amministrazione, egli ne investe l’istituzione interessata, che dispone di tre mesi per comunicargli il suo parere. Il Mediatore trasmette poi una relazione al Parlamento europeo e all’istituzione, all’organo o all’organismo interessati. La persona che ha sporto denuncia viene informata del risultato dell’indagine”.
Il diritto di sporgere una denuncia al Mediatore, pur ricompreso nella cittadinanza dellʼUnione, non è prerogativa esclusiva del cittadino, ma di ogni persona residente o avente la sede sociale in uno Stato membro; come il diritto di petizione, anchʼesso si pone quindi nella prospettiva dei diritti umani. Il Mediatore, peraltro, può attivarsi anche dʼufficio o su denuncia presentata da un membro del Parlamento europeo. Inoltre non si richiede nel denunciante un interesse ad agire. Oggetto della denuncia e dell’indagine del mediatore è un caso di cattiva amministrazione nellʼazione dellʼUnione, con esclusione di comportamenti imputabili a Stati membri.
È esclusa, inoltre, ogni possibilità di indagine sull’attività giudiziaria europea. Lʼattività del Mediatore è preclusa anche quando sia in atto, o si sia svolta, una procedura giudiziaria all’interno di uno Stato in merito ai fatti oggetto della denuncia. Il riferimento ai casi di cattiva amministrazione esclude un intervento del Mediatore riguardo allʼattività normativa dellʼUnione. Il Trattato non definisce i casi di “cattiva amministrazione” nellʼazione dellʼUnione; al riguardo pu essere dʼausilio il Codice europeo di buona condotta amministrativa. Il compito del mediatore consiste nel cercare, da un lato, di riparare lʼeventuale torto subito dal denunciante, dallʼalto di risolvere il problema generale sollevato dalla denuncia. Di conseguenza il Mediatore, oltre a condurre una indagine, con la collaborazione dell’istituzione o dellʼorgano interessati e del denunciante, svolge unʼattività conciliativa con lʼistituzione o lʼorgano in questione al fine di eliminare i casi di cattiva amministrazione e di soddisfare il denunciante. Se ci non risulta possibile il Mediatore chiude il caso con una valutazione critica relativa all’organo o allʼistituzione interessati, oppure, specie se ritiene che il caso abbia implicazioni generali, elabora una relazione con progetti di raccomandazioni e lʼinvia all’istituzione o allʼorgano interessati e al denunciante. Se tale istituzione, organo non fornisce al Mediatore risposta soddisfacente, il Mediatore invia al Parlamento europeo una relazione speciale sul caso con eventuali raccomandazioni. Come si vede, lʼattività del Mediatore non si esprime mai con atti giuridicamente obbligatori, ma è pure sempre molto efficace.
Ulteriori diritti del cittadino europeo consistono:
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nella facoltà di scrivere alle istituzioni, agli organi europei nonché al Mediatore europeo in una delle lingue ufficiali e di ricevere una risposta nella stessa lingua, nonché nel diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, organi dellʼUnione, secondo i principi mediante regolamenti dal Parlamento e dal Consiglio.
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La Carta dei diritti fondamentali contiene vari articoli che prevedono diritti del cittadino europeo. Tra questi, merita di essere sottolineata la norma art. 41 che ha per oggetto il diritto ad una buona amministrazione, in virtù del quale: “ogni persona ha diritto a che questioni che la riguardano sino trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dellʼUnione”. Si tratta di un diritto che, malgrado la sua collocazione nel titolo della Carta dedicato alla cittadinanza, non è una prerogativa dei cittadini dell’Unione ma di “ogni persona”.
6. La tutela diplomatica e consolare all’estero
Lʼart. 23 TFUE attribuisce una protezione esterna alla cittadinanza dellʼUnione: “ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie e avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire detta tutela”.
In realtà esso non prevede alcun ruolo dell’Unione, ma solo una protezione da parte degli Stati membri in via sussidiaria rispetto allo Stato di cittadinanza dellʼinteressato, e subordinatamente alla condizione che questʼultimo Stato non sia rappresentato nel territorio dello Stato terzo. Si aggiunga che lʼart. 23 non riguarda il diritto di protezione diplomatica esercitabile dallo Stato il cui cittadino, in un altro Stato, sia vittima di una lesione in violazione degli obblighi internazionali relativi al trattamento degli stranieri, ma riguarda lʼassistenza che le autorità diplomatiche e consolari forniscono ai propri cittadini per facilitarne il soggiorno in un altro Stato. I casi di tutela comprendono:
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il decesso, lʼincidente o la malattia grave
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lʼarresto o la detenzione
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lʼessere vittima di atti di violenza, lʼaiuto e il rimpatrio in situazioni di difficoltà.
Inoltre la norma prevede che “salvo in caso di estrema urgenza, non pu essere concesso alcun anticipo o aiuto pecuniario né può essere sostenuta alcuna spesa a favore di un cittadino dellʼUnione senza l’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di chi ha la cittadinanza, rilasciata dal Ministro degli affari esteri o dalla missione diplomatica più vicina. Inoltre, salvo esplicita rinuncia delle autorità dello stato membro di cui il richiedente ha la cittadinanza, questi deve impegnarsi a rimborsare l’intero anticipo o aiuto pecuniario nonché le spese sostenute”. Le condizioni di una preventiva autorizzazione alla spesa da parte dello Stato di cittadinanza e di un impegno al rimborso dell’interessato contribuiscono a mettere in luce la modestia dell’istituto e a riconoscere ad esso un mero significato simbolico.