La teoria dell’impresa
8.3 La funzione di produzione a un fattore variabile
Esaminiamo gli effetti di un aumento del fattore lavoro a fronte di una dotazione di capitale costante, del tipo:
Q = f (Kc , L)
Possiamo affermare, innanzitutto, che la quantità prodotta aumenta all’aumentare del fattore produttivo variabile, ossia L (= ore di lavoro) , con K (= capitale) costante.
Ma, per esaminare questa relazione, dobbiamo introdurre il concetto di prodotto marginale e di prodotto medio:
- Il prodotto marginale: misurando la variazione del prodotto totale al variare del fattore produttivo, può esser definito come l’incremento che registra il prodotto totale quando si incrementa di una unità il fattore lavoro.
- Il prodotto medio: misurando il livello di produzione per unità di lavoro impiegato, è dato dal rapporto tra il livello della quantità prodotta ed il livello del fattore produttivo.
Volendo noi esaminare il tipo di legame che vi è fra la variazione della quantità prodotta e la variazione del fattore produttivo lavoro, distinguiamo tre funzioni di produzione:
1. Funzione di produzione lineare, con rendimenti costanti
Della funzione di produzione, sappiamo che il prodotto aumenta all’aumentare dell’impiego del fattore produttivo. E’, però, necessario, al fine di approfondire l’analisi, esaminare l’andamento del prodotto marginale, ossia il rapporto fra variazione della quantità prodotta e variazione del fattore produttivo impiegato:
àŽQ/àŽL = PMg
La tabella 8.1 mostra come l’aumento del prodotto totale Q, cioè àŽQ, è sempre pari a 10 a fronte di un aumento delle ore di lavoro, cioè àŽL, costante e sempre pari a +1.
All’aumentare del lavoro l’andamento del prodotto marginale rimane costante: l’incremento di quantità che otteniamo da un aumento delle ore lavorate è sempre pari a 10. Questo avviene, perchè la ns funzione di produzione è una funzione lineare, che assume i seguenti valori:
Q= 10 (L)
Supponiamo che intervenga un’innovazione tecnologica che migliori l’efficienza del capitale, pertanto ogni ora di lavoro produrrà una quantità maggiore di beni rispetto al caso precedente.
Abbiamo, dunque, una nuova funzione, della quale calcoliamo il prodotto marginale, ovviamente, più elevato del precedente.
La tabella di sotto, mostra che le variazioni di quantità , al variare del fattore produttivo impiegato, sono sempre pari a 20 e saranno sempre uguali per qualsiasi livello di produzione.
La maggiore pendenza della curva Q= 20 (L) indica che questa funzione ha un maggior prodotto marginale rispetto alla precedente. Nel caso di una terza funzione di produzione, con un valore del prodotto marginale ancor più elevato delle precedenti, osserveremo una curva più elevata di entrambe le precedenti. Pertanto, possiamo scrivere che la produzione Q è una certa funzione b del lavoro impiegato, cioè Q= b (L), dove b rappresenta la pendenza di questa curva: maggiore è b, maggiore sarà , per ogni livello di lavoro, il livello di produzione.
Quindi, più alto è questo coefficiente angolare, più è inclinata la funzione di produzione, maggiore sarà il livello del prodotto marginale
N.B. Il prodotto marginale non cambia man mano che aumenta l’impiego del fattore produttivo, perchè siamo in presenza di una funzione lineare.
2. Funzione di produzione non lineare con rendimenti decrescenti
Costruiamo un’altra relazione tra la quantità prodotta (Q) e il livello di fattore produttivo impiegato (L). Per vedere come cambia la quantità prodotta al variare dell’impiego di questo fattore produttivo, esaminiamo sempre una funzione di produzione con variabilità di un fattore produttivo:
All’aumentare dell’impiego del fattore produttivo lavoro, la quantità prodotta aumenta, ma in misura, via via, sempre più ridotta. L’andamento del prodotto marginale, dunque, non è più costante e, pertanto, ci troviamo di fronte ad una funzione di produzione i cui incrementi di quantità , man mano, che aumentano le ore lavorate, sono sempre più piccoli e, quindi, la funzione di produzione è a rendimenti decrescenti.
3. Funzione non lineare con andamenti crescenti
- Andamenti della produttività media e di quella marginale
A lato abbiamo rappresentato l’andamento del prodotto totale e del prodotto marginale di una funzione di produzione, a rendimenti prima crescenti e poi decrescenti. Il prodotto marginale, nel tratto decrescente, non indica che la produzione non aumenta bensଠche gli aumenti sono, via via, più piccoli. Se la produzione rimane stazionaria, il prodotto marginale è uguale a 0, perchè passando dalla 7a ora lavorata all’8a la quantità prodotta rimanesse invariata. Pertanto, in corrispondenza dell’8a ora il prodotto marginale = 0.
Dunque, in valore assoluto la funzione di produzione sta aumentando, però gli incrementi sono dapprima crescenti e poi diventano sempre più piccoli; la funzione di prodotto marginale è ricavata dalla funzione di prodotto totale.
La funzione di prodotto marginale rappresentata, in quanto ricavata dalla funzione di produzione, corrisponde, analiticamente, alla derivata prima di questa funzione. Per capire come questa funzione stia crescendo, occorre analizzare gli incrementi di quantità .
Supponiamo di passare da una quantità impiegata di lavoro 3 ad una 4. In tal caso, l’incremento del fattore produttivo impiegato è dato dalla grandezza LBLC mentre l’incremento della quantità prodotta è ottenuto dalla grandezza qBqC. Dunque, qBqC / LBLC = prodotto marginale riferito al passaggio da 3 ore di lavoro a 4. La pendenza della linea che unisce il punto C con il punto B misura, invece, l’incremento della quantità prodotta sull’incremento del fattore produttivo, che è variato.
8.4 Variabilità di due fattori: l’isoquanto
Il termine isoquanto indica il fatto che la quantità prodotta resta costante; quello che, in questa funzione, varia è infatti il rapporto tra le quantità di fattori produttivi impiegati
( Qc = f (K,L) )
Graficamente, la curva di isoquanto è costituita dai punti in cui combinazioni differenti di capitale e lavoro danno luogo ad una stessa quantità del bene prodotto. Ad esempio, lungo la linea Q2= 75 la quantità prodotta è sempre 75 ma può essere ottenuta sia utilizzando molto capitale e poco lavoro (PA) , sia poco capitale e molto lavoro (PB). Dal momento che ogni isoquanto individua un preciso livello di produzione, vi saranno tanti isoquanti in corrispondenza dei diversi livelli di produzione. Più ci allontaniamo dall’origine degli assi e più si individua un isoquanto con un livello di produzione maggiore. L’isoquanto è decrescenti perchè, al fine di lasciare Q invariata al diminuire di un fattore produttivo, deve, necessariamente, aumentare l’altro.
L’isoquanto si presenta convesso verso l’origine degli assi perchè, riducendo un fattore, sono necessarie quantità sempre crescenti del fattore che sta aumentando, per lasciare invariato il livello di produzione. Il fatt. prod. in aumento presenta una produttività marginale decrescente, contrariamente a quella del fatt. prod. in diminuzione. Spostandosi da SX verso DX (fig. 8.6 p.147) lungo l’isoquanto, ad eguali incrementi di L si devono associare variazioni crescenti di K, ossia diminuzioni costanti e pari a -1 di L devono essere compensate da variazioni crescenti di K. Tale rapporto, ossia tra la diminuzione di un fatt.prod. e l’aumento dell’altro fattore, è definito saggio marginale di trasformazione:
SMT= àŽK / àŽL