6.La centralità del Governo nei rapporti con le istituzioni comunitarie
- Le relazioni comunitarie sono saldamente nelle mani dei Governi degli stati membri, i cui rappresentanti compongono il c.d Consiglio dei Ministri, l’organo che nell’ambito delle istituzioni comunitarie detiene maggior potere decisionale, specialmente nella formazione del diritto comunitario.
- Il deficit democratico che ha sempre connotato l’ordinamento europeo si è riversato anche in quello nazionale: il parlamento non è mai stato sistematicamente coinvolto nella formazione e nella attuazione della normativa comunitaria ed è stato il Governo a porsi come unico interlocutore nei cnf dell’Europa, salvo che per l’approvazione della l. comunitaria annuale.
- Per quanto una partecipazione parlamentare sia contemplata nella c.d. fase ascendente (form.dir.com.) la posizione italiana si è sempre formata senza seguire un iter legislativamente definito ma in seno alle amministrazioni competenti e grazie a funzionari specializzati che si occupavano di interagire con la Rappresentanza d’Italia presso l’Unione Europea (ITALRAP), organo del min. degli esteri, che provvedeva a presentare le “intenzioni” statali al Comitato dei rapp. permanenti (COREPER), costituito dai rapp. degli Stati membri e coadiuva il Consiglio.
Quindi, la responsabilità dlle posizioni portate in sede europea è stata sempre attribuibile, in prima istanza, al singolo Ministro competente per materia, nonchè al Governo nel suo complesso.
- La l.n. 400/1988 e il decreto lgs. N. 303/1999 hanno individuato nel PdC il responsabile della promozione, del coordinamento dell’azione di Governo e della p.a. e della comunicazione e info al parlamento di tutto ciò riguardi la partecipazione italiana all’UE e lo sviluppo del processo di integrazione europea.
- Per svolgere tal compito il PdC ha di norma delegato un Ministro senza portafoglio, il Ministro per le politiche comunitarie che si avvale del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, per coordinare, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, le amministrazioni dello Stato competenti per settore, le Regioni, gli operatori privati e le parti sociali, ai fini della definizione della posizione italiana da sostenere, di intesa con il Ministero degli affari esteri, in sede di UE.
- La legge La Pergola (l.n. 86/1989) preveda la necessità di presentare annualmente alle Camere una Relazione sulla partecipazione dell’Italia al processo di integrazione europea che nella prassi, però, invece di costituire l’occasione per concordare i futuri indirizzi sui progetti di atti comunitari, è divenuta un mero resoconto dell’operato del G. in sede di Consiglio Europeo.
- Le leggi comunitarie nn. 128/1998 e 422/2000 hanno introdotto l’obbligo di trasmettere tempestivamente al Parlamento ed alle Regioni, i singoli progetti di atti comunitari.
- Tale tendenza è andata sviluppandosi con la c.d. Legge Bottiglione (l.n. 11/2005), la quale dispone un preciso iter nella formazione della posizione italiana, per assicurare un più efficace coordinamento delle linee politiche del G. in ambito comunitario, prevedendo, anche, la possibilità che il Parlamento richieda la riserva di esame parlamentare, bloccando per almeno 20 gg dalla sua comunicazione alle Camere l’operato del Governo.
- A tal fine, è stato istituito , presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il CIACE (comitato interministeriale per gli affari comunitari europei) la sede istituzionale ove concordare le linee politiche del G. nel processo di formazione della posizione italiana in ambito europeo; il quale è affiancato da un Comitato tecnico permanente, chiamato ad operare attraverso l’esame ed il coordinamento degli orientamenti delle amministrazione e degli altri soggetti interessati, tenendo conto delle osservazioni e degli atti parlamentari.