Principi in tema di amministrazione
1.la nascita e l’affermazione di una amministrazione pubblica nello stato liberale
- La più lontana origine di una amministrazione pubblica può esser rinvenuta nella crisi del sistema feudale e nel relativo affermarsi, in Europa, del concetto di nazione che consentଠalle monarchie di ottenere e garantire l’unità di vastissimi territori attraverso la creazione di una struttura centrale e di eserciti permanenti, portatori di “interessi comuni” a tutti, superando cosଠla frammentazione feudale.
- La nascita di un’amministrazione pubblica come apparato dello stato, centralizzata e distinta dalla funzione giudiziaria, può collocarsi solo a metà del XVIII secolo, con la delineazione di una distinzione tra la funzione di giudicare e quella dell’amministrare: l’org. Statale viene affiancata da un corpo autonomo di funzionari, da una struttura finalizzata alla cura di un numero, per quanto ancora esiguo, di interessi generali.
Questo modello si sviluppa con l’avvento dello Stato liberale, con cui l’amministrazione acquista le sue proprie peculiarità strutturali ed organizzative:
- All’interno della funzione esecutiva si inserisce la funzione dell’amm. intesa come funzione di sola esecuzione della legge.
- Si crea un insieme di strutture, ordinate gerarchicamente ed in forma unitaria, con le quali lo Stato, ponendosi come interprete del pubblico interesse, provvede alle esigenze della società , attraverso atti che costituiscono rigida esecuzione delle scelte operate dal legislat.
- Essendo lo stato liberale uno Stato non interventista, alla p.a. sono affidati compiti prevalentemente di vigilanza, mirati a non invadere il campo dei privati, sviluppandosi, cosà¬, in un regime di netta separazione rispetto alla società e trova solo nell’organo di vertice (il Ministro) un collegamento con il resto della società .
Per comprendere l’assetto dell’amministrazione italiana è, però, necessario volgere lo sguardo alle vicende preunitarie e, in particolare, alle vicende dello Stato Sabaudo:
- Con la legge 23 marzo 1853 n.1483, voluta da Cavour, viene riordinata la p.a. in una organizzazione per ministeri, concepiti come una serie di rotismi amministrativi, che avrebbero dovuto assicurare la meccanica esecuzione delle direttive politiche:
- Il ministro divenne il capo dell’intero apparato amminist. con pieno potere di direzione e responsabilità nei cnf del Parlamento, verso cui, in via di prassi, si era affermato il rapporto fiduciario.
- Con il r.d. 23 ottobre 1859, n.3702, si affermava una amministrazione locale, con l’introduzione di un ordinamento comunale e provinciale, di stampo, però, ancora accentrato:
- Comune e province assumevano la posizione di parti dello stato, con limitatissima autonomia, finalizzate a garantire l’unità statale
- La legge comunale n.2248/1865 meglio definଠla suddivisione dello Stato in una serie di livelli di amministrazione, che dal centro investivano l’intera realtà del territorio nazionale:
- Comuni e province erano strutturati sulla base si un Consiglio elettivo a suffragio limitato
- La responsabilità di entrambi gli enti veniva affidata a un soggetto di nomina governativa: il Sindaco veniva nominato fra i consiglierei comunali ed assumeva anche la carica di ufficiale di governo; il Prefetto era invece il rappresentante provinciale del potere esecutivo, con il compito di vigilare sull’andamento di tutte le ammin., sovrintendere alla sicurezza pubblica e garantire la piena aderenza della politica provinciale a quella centrale
Nel periodo giolittiano cominciano a manifestarsi i primi segnali di una dilatazione della sfera di azione della p.a. in concomitanza con il passaggio allo Stato pluriclasse:
- l’emergere di nuove classe sociali
- lo sviluppo economico ed industriale
comportarono la necessità dell’assunzione di una amministrazione a cui doveva aggiungersi una attività più complessa per rispondere al bisogno di servizi e di strutture imposte dalla nuova realtà economica:
- alla tradizionale amministrazione se ne affiancò una di tipo “indiretto”, ossia dei modelli organizzativi caratterizzati dal perseguire finalità proprie dello Stato, attraverso figure nuove (es. aziende autonome o enti pubblici nazionali)
- Gli enti locali, la cui sfera di autonomia si ampliò, videro il riconoscimento della creazione di strutture non rigidamente inquadrate nel loro apparato amministrativo (es. le aziende municipalizzate) per rispondere alle crescenti esigenze di erogazione di servizi.
Con l’avvento del regime fascista i caratteri di forte accentramento e di gerarchia dalla p.a. si svilupparono notevolmente, in linea con l’impostazione autoritaria che concentrò il potere nelle mani del Capo del Governo:
- l’espansione dell’attività degli enti pubblici nazionali portò all’eliminazione degli spazi di autogoverno di comuni e province, con l’abolizione dei loro organi elettivi.
2. L’amm. nella Costituzione: il principio di legalità , l’imparzialità , il buon andamento
- L’avvento della Cost. Rep. segna un mutamento radicale della funzione amministrativa:
- Muta il ruolo dello Stato che assume compiti di assistenza, protezione sociale e di complessa ed articolata integrazione economico-sociale
- Avviene una straordinaria dilatazione delle attività amm. che accompagnano e assistono l’intera vita della collettività , adeguandosi alle molteplici esigenze di una società pluralista, con l’adozione di nuove e diverse forme della azione amministrativa.
- In conseguenza al principio di autonomia, mediante l’attribuzione agli enti territoriali della capacità di darsi un indirizzo politico diverso da quello dello stato (art.114 Cost.):
- si pone il fenomeno della moltiplicazione delle amministrazioni, soggetti affiancati alla amministrazione statale, cui sono affidate potestà amministrative di guisa.
- le pubbliche amministr. Sono chiamate ad agire al servizio delle rispettive comunità , che rappresentano strutture autonome, non + subordinate allo Stato persona.
In tale prospettiva, che discende dalla Costituzione, le amministrazioni perdono quasi del tutto la funzione di mera esecuzione della legge, per divenire strumento di raggiungimento di quei fini, interessi generali ed obiettivi connessi al raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale, che la stessa Cost. individua come compiti per tutti i pubblici poteri.
I principi costituzionali:
Al fine di non irrigidire eccessivamente l’azione amministrativa, cosଠrelativa ai caratteri storici della realtà in cui si trova ad agire, in una disciplina, molto dettagliata, il testo costituzionale, in tale ambito, risulta volutamente scarno. Tuttavia, nonostante siano solo due gli articoli che si riferiscono direttamente alla p.a. (artt. 97 e 98), per avere un quadro completo di come la Cost. disciplini l’amministrazione, è necessario averla presente nella sua interezza:
- Dall’art. 95, che affida al PdC il compito di mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo del Governo, discende il principio che l’esercizio dell’attività amministrativa deriva dalla decisione di organi politici che rispondono agli organi rappresentativi della volontà popolare. Una conseguenza del principio democratico dell’art. 1, in forza del quali gli organi elettivi sono posti in una posizione di supremazia rispetto a quelli dell’ammin.
- Il principio di legalità , che trova fondamento negli artt. 23 e 97 C., risponde ad una evidente funzione garantistica ed impone che ogni attribuzione di poteri amministrativi trovi fondamento in una specifica disposizione di legge. N.B. Tradizionalmente di ritiene che la riserva di legge degli artt. 23 e 97 sia relativa e che, quindi, debba ritenersi attribuita alla legge solo la creazione del potere amministrativo nei suoi elementi essenziali (individuazione del tipo di potere in relazione alle conseguenze giuridiche che devono prodursi ed i fini da realizzarsi, i presupposti per il suo esercizio e la determ. della compet.)
- L’art. 97,1° individua i principi destinati a guidare lo svolgimento dell’attività amministrativa ma che, per questo, non possono ritenersi estranei all’aspetto organizzativo:
- Il principio di imparzialità , oggi inserito nell’art 1 della l.n.241/1990, inteso sempre in una pluralità di significati (divieto di disparità di trattamento/necessità di adozione di criteri generali ed astratti/obbligo di procedimentalizzazione dell’attività amm.) e che, sul piano organizzativo è stato inteso come dovere di strutturare l’amminist. in modo che chi amministra sia disinteressato dalla materia sulla quale assumere decisioni e come dovere di reclutamento imparziale dei funzionari.
- Il principio di buon andamento, al quale, per una specificazione della C.Cost. (sent. n.266/1993), è stato assimilato all’efficienza dell’azione amministrativa, intesa come rapporto tra obiettivi e fini di interesse pubblico, concretamente ottenuti. In tale visione esso implica un’azione amministrativa:
- Caratterizzata dall’economicità
- Strettamente collegata al criterio dell’efficacia, inteso come capacità di raggiungimento degli obiettivi
4. Con la riforma cost. del 2001, nella disciplina dell’art.118, trovano riferimento i principi relativi alla distribuzione della funzione amministrativa e che debbono guidare l’attribuzione delle funzioni a partire dal libello più vicino alle esigenze dei cittadini, ascendendo, via via, sugli altri enti:
- Il principio di sussidarietà comporta la distribuzione delle funzioni presso l’ente + vicino alla base sociale:
- Sussidarietà verticale, attinente ai rapporti tra le istituzioni pubbliche
- Sussidarietà orizzontale, per cui alcune funzioni pubbliche possono essere esercitate dai privati
- Il principio di differenziazione, comporta che a livelli costituzionali uguali possono essere allocate funzioni diverse, se la dimensione degli enti è differente, ossia se diverse sono le loro caratteristiche strutturali, demografiche e territoriali.
- Il principio di adeguatezza, per cui la funzione deve essere esercitata nella dimensione adeguata al suo esercizio, comporta l‘idoneità organizzativa delle amministrazioni.
N.B. Il principio di efficienza ha ispirato l’opera del legislatore in una serie di complesse misure, che vanno dalla fondamentale legge sul procedimento amministrativo (l.n.241/1990) che contiene una serie di misure per garantire il profilo dell’efficienza, a quegli interventi destinati a distinguere nettamente il compito dell’autorità politica, che impiega materialmente le risorse, e chi svolge i controlli sull’iimpiego.
3.L’attività amministrativa
- L’art. 1,1° l.n.241/1990 qualifica l’attività amministrativa quale attività che persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità , efficienza, pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge e dai principi dell’ordinamento comunitario. Ossia:
- La legge deve individuare i fini da perseguire e gli interessi che devono essere tutelati dall’azione amministrativa; i quali, una volta individuati, divengono interessi pubblici:
- Ma il legislatore, in questa opera di individuazione, incontra dei limiti. La Cost. direttamente o indirettamente ci dice che certi interessi non possono essere qualificati come pubblici; al tempo stessa essa determina anche una serie di specifiche finalità che esigono una disciplina di carattere generale ed una concreta realizzazione attraverso scelte lasciate alla determinazione delle pubbliche amministrazioni.
- Negli ambiti a quali viene riconosciuto agli organi comunitari la possibilità di intervento, lo Stato non può individuare interessi pubblici in contrasto con i principi del diritto comunitario.
2. Individuati gli interessi, il legislatore affida all’amministrazione il potere di concretamente perseguirli e di realizzarli, ossia il potere di porre in essere quegli atti che risultano in grado di produrre, autoritativamente, effetti nella sfera giuridica altrui:
- Il potere amministrativo è, dunque, potere unilaterale ed una volta verificatesi le condizioni ed i presupposti per il suo esercizio, consente all’attività amministrativa di attivare la sua azione e perseguire concretamente gli interessi individuati dalle scelte legislative
- Anche quando vi è un accordo con il soggetto destinatario del provvedimento in realtà quell’accordo è reso possibile proprio perchè esiste il potere autoritativo dell’amministrazione di perseguire il fine di interesse pub.
- I poteri della p.a. si distinguono in:
- Poteri di tipo restrittivo- attraverso cui si restringe e circoscrive la sfera giuridica dei destinatari (es. espropriazione, requisizione, ordini e divieti).
- Poteri di tipo ampliativi- attraverso cui si amplia la sfera giuridica dei destinatari, consentendo loro di svolgere attività fino all’ora non consentite perchè limitate e ristrette da una disciplina legislativa (es. autorizzazioni, concessioni).
- E’ la legge a predeterminare il provvedimento che l’amministrazione può adottare individuandone i presupposti di esercizio, i possibili contenuti e gli effetti che si intendono produrre: a tal proposito si parla di un principio di tipicità del potere amministrativo.
- In alcuni casi, il legislatore può prevedere rigidamente ogni puntuale e specifico aspetto dell’esercizio dei poteri della p.a., riducendone l’attività ad un atto quasi meccanico: sono i c.d. poteri vincolati, nell’esercizio dei quali non residua all’amministrazione alcun potere di scelta.
- Ma, la stragrande maggioranza dei poteri amministrativi risponde al modello del potere discrezionale, che, prevede una facoltà di scelta per l’amm. di completamento della regola legislativa ed assume caratteristiche peculiari:
- È sempre limitata dall’interesse pubblico che è chiamata a realizzare
- Deve agire nel rispetto di una serie di principi, giurisprudenziali, oggetto di una specifica disciplina o discendenti dal diritto comunitario. (imparzialità ; completezza; adeguatezza; ragionevolezza; proporzionalità ; motivazione adeguata)
- Deve rispondere ad una serie complessa di principi e regole che ne consentiranno l’eventuale successivo controllo ad opera del giudice, a garanzia delle posizioni dei soggetti che di quella azione sono destinatari.
N.B. Diversa è la c.d. discrezionalità tecnica, la quale caratterizza quelle decisioni della p.a. che si fondano su valutazioni e cognizioni di tipo tecnico-scientifico, le quali, pertanto, non consentono una vera e propria libertà di scelta in vista dell’interesse pubblico; rimanendo essa vincolata a scegliere nell’ambito del solo ventaglio di soluzioni offerte dalle conoscenze tecnico-scientifiche.