Il parlamento cap IV da p. 284
Le funzioni attribuite alle commissioni:
- Afferenti al procedimento legislativo
- Quelle che fanno riferimento ad una potestà autonoma di indirizzo, volte a manifestare orientamenti ed indirizzi su specifici argomenti, e di controllo, attraverso la quale far valere la responsabilità politica del Governo.
- Funzioni di tipo consultivo, esercitate ogniqualvolta sia necessario acquisire il parere di una commissione per gli aspetti di sua specifica competenza nell’ambito di una questione devoluta ad altra commissione
- Funzioni di tipo conoscitivo, esercitate attraverso la promozione di specifiche indagini, centrali in ordine al processo decisionale parlamentare
Le commissioni parlamentari possono presentarsi:
- Nella forma monocamerale
- Nella forma bicamerale, si tratta di organi costituiti congiuntamente da camera e senato, di cui fanno parte, in egual misura, senatori e deputati. Anche per esse vige il principio della composizione proporzionale alla consistenza dei gruppi parlamentari, ma il calcola viene fatto in relazione al parlamento nel suo complesso. La fonte della disciplina dei lavori delle commissioni bicamerali, in astratto, è da rintracciarsi nel regolamento della Camera presso cui ha sede la commissione; nella prassi, si applica il regolamento della camera di appartenenza del presidente della commissione. Le antinomie tra normativa della legge istitutiva e normativa regolamentare, sono state per lo più risolte, dando prevalenza alla normativa del regolamento parlamentare. Un esempio di commissione bicamerale, si rintraccia nell’art 126 Cost. ove si prevede che sul provvedimento di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione della Giunta, adottato con decreto del Presidente della Repubblica, debba esprimere il proprio parere “una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica”. Altri esempi di commissioni bicamerali: Commissione per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (legge n. 801/1977); Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (legge n. 124/2007), cui compete un generale potere di vigilanza circa la conformità alla Costituzione e alle leggi delle attività del Sistema di informazione per la sicurezza e il suo esclusivo orientamento a garantire la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni.
Tale fenomeno segna, in qualche modo, il superamento della rigida separazione tra le due Camere , imposta da un rigorosa concezione del bicameralismo, a fronte del fatto che in determinati ambiti la necessita della doppia decisione abbia a risultare particolarmente disfunzionale.
Rimane, tuttavia, l’impossibilità di ascrivere ad esse poteri di decisioni aventi riguardo:
- l’esercizio della funzione legislativa
- il rapporto fiduciario
Le Giunte
Sono organi collegiali, di carattere permanente, i cui membri sono nominati direttamente dal Presidente di ciascuna Camera. Ciò è motivato dal fatto che ad esse risultano assegnate attribuzioni di carattere prevalentemente tecnico-giuridico.
Alla camera ve ne sono tre:
- Giunta per il regolamento
- Giunta per le elezioni
- Giunta per le autorizzazioni a procedere
Al senato ve ne sono due:
- Giunta per il regolamento
- Giunta delle elezioni ed immunità parlamentari
La Giunta per gli affari delle Comunità europee, presente in Senato sino al 2003, è stata trasformata in una commissione per le politiche dell’Unione Europea, secondo quanto già previsto alla camera.
- Alla Giunta per il regolamento, la cui presidenza spetta in ambo le camere al Presidente d’Assemblea, è affidato il compito di elaborare e proporre all’Aula le modifiche da apportare al regolamento e di esprimere, su sollecitazione del Presidente, parere su questioni relative all’interpretazione delle disposizioni regolamentari. Alla sola Camera dei Deputati tale organo ha potere consultivo in tema di conflitti competenza fra le Commissioni , la cui una risoluzione spetta ancora una volta al Presidente d’Assemblea.
- 2. La Giunta delle elezioni, che al Senato si occupa anche delle immunità parlamentari, ha la funzione di riferire all’Assemblea sulla regolarità delle operazioni elettorali e sui titoli di ammissione di ogni parlamentare eletto, formulando le proprie proposte di convalida, di annullamento o di decadenza. Essa elegge un proprio presidente ed opera sulla base di un regolamento approvato a maggioranza qualificata (assoluta) dall’Assemblea.
- 3. Alla Giunta per le autorizzazioni (immunità ) spetta istituire le richieste di autorizzazioni ex art. 68 Cost. inviate dall’autorità giudiziaria a ciascuna Camera. A 30 gg è fissato il termine per concludere l’istruttoria e proporre all’Aula la concessione o il diniego dell’autorizzazione. Tuttavia, nella prassi difficilmente in caso di mancato rispetto si arriva al provvedimento d’iscrizione d’ufficio. Il voto dell’assemblea su proposte della Giunta avviene sempre a scrutino palese, nonostante i reg. prevedano il voto segreto. Inolte,spetta alla giunta esaminare le richieste di autorizzazione a procedere nei CNF del Presidente del Consiglio e dei Ministri, nell’ipotesi di REATI MINISTERIALI, ai sensi della normativa della l.Cost.n. 1/1989.
Presso la camera dei Deputati vi è il Comitato per la legislazione, composto da 10 deputati divisi in parti uguali tra appartenenti alla maggioranza e all’opposizione, di nomina del Presidente della Camera. Tal comitato ha:
1. una funzione di consulenza in tema di qualità della legislazione, in quanto deputato ad esprimere pareri circa l’omogeneità , semplicità , chiarezza e proprietà del testo dei progetti di legge inviati dalle Commissioni, nonchè riguardo la loro efficacia in ordine alla semplificazione e al riordino della legislazione vigente
2. una funzione consultiva, in merito ai progetti di legge, nelle ipotesi di delegazione legislativa e di delegificazione
- può avanzare richiesta di soppressione delle disposizioni che risultino in contrasto con le esigenze di omogeneità , specificità e limitazione contenutistica, previste dalla legislazione vigente.
Per l’esercizio delle proprie funzioni, ciascuna Camera, si avvale di un Apparato Burocratico, al cui vertice vi è il Segretario generale, nominato dall’Ufficio di Presidenza, un vero e proprio snodo tra l’amministrazione e la componente politica delle Camere.
4.2 IL REGIME DI AUTONOMIA: L’AUTONOMIA NORMATIVA
La potestà di auto-organizzazione delle Camere si inserisce in un ampio regime di autonomia, che connota la condizione parlamentare nel NS ordinamento:
- che si riannoda alla qualificazione di organi costituzionali, propria di ambo le Camere
- che trova ragione specifica nel ruolo del Parlamento, quale soggetto istituzionale immediatamente rappresentativo del popolo, titolare della sovranità
L’autonomia organizzativa delle Camere, discende proprio dalla capacità di autonomia (in senso etim.= darsi norma), essa ne diviene una sua evidente esplicazione ogni volta che la prima non si risolva semplicemente nella liberà di preporre i singoli membri ai propri uffici, bensଠsi esprima come competenza a regolare l’assetto organizzativo, sia sotto il profilo strutturale, che del funzionamento.
L’autonomia normativa e la potestà regolamentare delle Camere
L’organizzazione interna e l’esercizio delle funzioni delle camere, oltre che nella Costituzione, trova la propria fonte (elettiva) di disciplina in atti di auto-normazione, i c.d. regolamenti parlamentari: l’art 64 Cost. attribuisce, infatti, a ciascuna Camera il compito di dotarsi di un proprio regolamento, da approvarsi a maggioranza assoluta dei propri componenti; cui il successivo art. 72 fa esplicito e reiterato riferimento per la disciplina delle forme e dei modi di esercizio della funzione legislativa. Dalla previsione dell’art. 64 si ricava che:
a) la materia regolamentare (def. a livello costituzionale alla luce dell’art. 72) è tributaria di una riserva di competenza in favore della fonte di auto-normazione
b) stanti l’ampiezza e l’importanza della potestà normativa in questione, essa deve essere adottata con una maggioranza qualificata che assicuri al regolamento un consenso in grado di estendersi possibilmente anche all’opposizione e che assicuri un maggior grado di stabilità alle norme regolamentari.
Anche nello Statuto Albertino, art.61, era contenuta una previsione circa il potere delle camere di adottare regolamenti ma il carattere flessibile di quella costituzione (e dunque la possibilità di deroga delle disposizioni costit. ad opera della legge ordinaria) impediva di ragionare in termini di di una riserva costituzionale di competenza in favore del regolamento, il quale era, tra l’altro, subordinato in toto alla legge ordinaria.
Il regime giuridico dei regolamenti parlamentari e il principio di insindacabilità degli Interna corporis acta
- un principio del parlamentarismo classico, che affonda le proprie radici nel periodo storico di contesa fra Monarca e Parlamento in Inghilterra, nella lotta per la conquista, di quest’ultimo, del ruolo di potere contrapposto (art. 9 Bill of Rights ” la libertà di parola e di dibattiti o procedura in Parlamento non possono essere poste sotto accusa o in questione in qualsiasi Corte o in qualsiasi sede fuori dal Parlamento)
- dotato di largo consenso anche in epoca statuaria, nel passaggio ad un sistema a costituzione rigida, con l’imporsi di una generale sovranità della Cost. rispetto ad ogni altro potere costituito, paiono ormai erose le condizioni per una perdurante affermazione del principio
La prefigurata insindacabilità dei reg. parl. da parte del giudice costituzionalità , come pure delle loro violazioni, può far parlare di una riedizione del classico principio di insindacabilità degli Interna corporis acta?
Nonostante la posizione assunta dalla Giurisprudenza della Corte Cost. in tema di esclusione del controllo di legittimità cost. in ordine a questioni che chiamino in causa regolamenti parlamentari segni un arretramento della sovranità della Cost. rispetto all’esigenza di assicurare alle Camere un’indipendenza guarentigliata, non sembra che possa parlarsi di una riesumazione del detto principio. Infatti:
a) se è vero che il giudice costituzionale non possa conoscere dei vizi del procedimento di formazione della legge derivanti da violazioni di norme regolamentari, quegli stessi vizi appaiono sindacabili laddove discendano da violazioni di norme cost. (sent. 9/1959)
b) se pure le norme regolamentari si sottraggono al giudizio di legittimità costituzionale, non è assolutamente escluso che la Corte possa esercitare il proprio controllo di conformità a costituzione nell’ambito del giudizio per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato
c) da tempo, il giudice cost. ha asserito la possibilità di esercitare un controllo sostanziale sull’esercizio del potere delle Camere in tema di prerogative, ex art 68 Cost.
Le modifiche dei regolamenti parlamentari e le vicende politico-istituzionali
La disciplina dei reg.parl. ha rispecchiato, nella sua evoluzione, i mutamenti subiti, dalla forma di governo e dall’equilibrio dei rapporti tra le forze politiche e magg-opp:
a) anni ’70: l’adozione di nuovi regolamenti parlamentari ha fondamentalmente espresso e trasposto in istituti di diritto parlamentare il clima di “consociazione” o di “compromesso” tra maggioranza e opposizione e di centralità del parlamento (come testimonia l’introduzione del principio un animistico nella programmazione dei lavori parlamentari, l’enfatizzazione del ruolo dei gruppi ed un forte aumento dei poteri parlamentari di conoscenza, di controllo e di indirizzo)
b) anni ’80: le riforme successive, dalla sostanziale abolizione del voto segreto all’abbandono al principio di assoluta parità fra gruppi, hanno manifestato la tendenza ad un progressivo rafforzamento del ruolo del governo
c) anni ’90: dalla modifica della disciplina della programmazione dei lavori, al contingentamento dei tempi di discussione; dalla riforma di tempo in favore delle proposte dell’opposizione alla limitazione del potere di emendamento- testimoniano del mutamento complessivo dei rapporti tra maggioranza e opposizione alla luce della svolta elettorale in senso maggioritario del 1993.
I c.d. Regolamenti parlamentari minori
– più propriamente amministrativi interni (reg. del personale, della biblioteca etc.)
– riguardanti specifici organi (reg. per la verifica dei poteri e della giunta delle elezioni) approvati dall’Assemblea a maggioranza assoluta e pubblicati nella Gazz. Uff.
-riguardanti specifici organi ma adottati da quest’ultimi, con o senza magg qual e pubb nella Gazzetta ufficiale (reg. approvati dalle commissioni di inchiesta..)
I reg. amministrativi sono subordinati ai regolamenti generali ex art. 64 Cost.; i rapporti degli altri regolamenti minori con quelli generali si può spiegare con una sorta di preferenza ne CNF dei regolamenti il cui procedimento di approvazione sia identico a quello dei regolamenti generali, con la possibilità di derogare a questi ultimi, sia pur sulla base di previsioni contenute negli stessi regolamenti generali.
4.3 Il regime di autonomia: le altre forme
a) L’autonomia contabile e finanziaria, ossia la possibilità di non dipendere finanziariamente dai Governi. Nel ns ordinamento, sono le Camere che, attraverso l’approvazione del bilancio e del conto consuntivo, predisposti dagli uffici di presidenza e approvati dalle Assemblee, definiscono autonomamente la scorta di risorse finanziarie di cui hanno bisogno (artt. 66 RC e 165 RS). Inoltre, è consuetudine sin dall’epoca statuaria, che le Camere godano di un regime privilegiato di sottrazione all’obbligo di rendicontazione delle spese alla magistratura contabile (corte dei conti).
b) L’immunità della sede, ossia il divieto di introdursi nelle aule parlamentari, come nelle sedi decentrate di organi e uffici, di estranei e di membri della forza pubblica, salvo ordine del Presidente e dopo che sia stata tolta o sospesa la seduta. (artt. 62 64 RC 60-70 RS) A ciò si accompagna la tutela penale, discendente dalla previsione di apposite figure di reato di compromissione del libero esercizio delle funzioni parlamentari e di pubblico vilipendio delle Assemblee legislative.
c) L’autodichia o giurisdizione domestica, ossia la potestà assegnata a ciascuna camera di decidere sulle controversie relative allo stato giuridico ed economico dei propri dipendenti. Spetta agli Uffici di Presidenza, pronunziarsi sui ricorsi presentati dai propri funzionari ed impiegati avverso ai provvedimenti relativi alla loro carriera adottati dagli stessi Uff. di Pres.; competenza che si estende anche nei CNF di soggetti estranei, destinatari di atti adottati dall’amministrazione delle Camere ( art. 12 RC RS). Tuttavia:
–la potestà di autodichia è in conflitto con i principi costituzionali relativi diritto di difesa dei propri diritti soggettivi ed interessi legittimi (art. Cost. 24 e 113 Cost.) dinanzi ad un giudice provvisto dei necessari requisiti di terzietà ed imparzialità (art. 111 cost.)
– la corte cost. ha eretto il diritto ex art 24 a principio supremo dell’ordinamento costituzionale e, dunque, in quanto tale insuscettibile di incisione.
Pertanto, le Sez. Unite della Corte di cassazione sollevarono la questione di legittimità costituzionale degli art 12 dei RC e RS, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. La corte rispose con la sent. N. 154/1985, ove pur dando atto della dubbia costituzionalità delle norme impugnate, asserendo il principio di insindacabilità dei regolamenti parlamentari, ha posto una pietra tombale sulla questione. Il 28 aprile 2009 è intervenuta la Corte europea dei diritti dell’uomo, sul tema di conformità degli artt. 12 con l’art. 6 della CEDU (“diritto ad un processo equo), ritenendo che le modalità di composizione giurisdizionale dell’Ufficio di Presidenza, quale organo interno di II grado, non fosse del tutto rispondente ai criteri di imparzialità -indipendenza previsti dal sistema convenzionale.
d) La c.d verifica dei poteri, esercitata sulla base della norma che riconosce alle Camere di giudicare “dei titoli di ammissione dei propri componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità ” (art. 66 Cost.). Essa (che nell’Ancient Regime era volta a definire il controllo dei parlamentari sui poteri assegnati dai ceti sociali elettori ai propri rappresentanti, ad essi legati da vincolo di mandato) indica il potere di accertamento della regolarità delle elezioni, del possesso dei requisiti di eleggibilità del parlamentare e dell’assenza di cause di incompatibilità , originaria o derivata. Ne consegue che l’acquisizione del titolo di parlamentare risulta sottoposta ad una sorta di clausola risolutiva implicita, il cui inverarsi è legato all’esito del controllo in parola. L’accertamento di una causa di ineleggibilità ( o di un vizio del procedimento elettorale) determina l’annullamento dell’elezione, la sussistenza di una causa di incompatibilità , invece, comporta un obbligo di scelta tra la carica di parlamentare e quella incompatibile, da compiersi entro 30gg dall’accertamento da parte della Camera di appartenenza, pena la decadenza del mandato.
d-bis) Il procedimento per la verifica delle elezioni, spetta alla giunta, la quale procede ad un riscontro a “tappeto” che è di mera deliberazione e si conclude con una proposta di convalida dell’elezione all’Assemblea che, di regola, si limita ad una presa d’atto. Nel caso si presunte irregolarità , invece, la Giunta procede ad una ulteriore indagine, che può culminare nella c.d. fase della contestazione dell’elezione. Il procedimento presenta caratteristiche di più accentuata giurisdizionalità , con l’applicazione del contraddittorio, la garanzia dell’udienza pubblica, con relazione di apposito resoconto stenografico e della necessaria motivazione della decisione assunta dalla Giunta in camera di consiglio. Al termine di questa fase la Giunta delibera circa la proposta da fare all’Assemblea, che può essere di convalida, ovvero di annullamento o di decadenza, spettando, comunque, all’Assemblea ogni decisione definitiva. (alcune recenti modifiche ai reg.parl. hanno accentuato, però, il ruolo delle Giunte. Alla camera in caso di proposta della giunta fondata esclusivamente su risultati numerici, l’assemblea non procede alla votazione e la proposta si intende approvata, a meno che 20 deputati non presenti una richiesta di verifiche ulteriori sui cui è l’Assemblea a dover decidere; al Senato è previsto che le proposte giuntali siano considerate approvate, a meno che almeno 20 senatori presentino un ordine del giorno con proposte con proposte difformi)
-In caso di annullamento, la decisione parlamentare ha efficacia solo per il futuro, non pregiudicando la legittimità degli atti compiuti dal parlamentare, nè imponendo la restituzione delle indennità percepite (principio del c.d. funzionario di fatto= l’illegittima preposizione del soggetto all’ufficio non inficia la validità degli atti posti in essere prima dell’accertamento dell’illegittimità ).
-In caso di pronuncia di decadenza del mandato, tale principio non trova applicazione. La decadenza, infatti, opera ex nunc proprio perchè il parlamentare finchè non viene dichiarato decaduto gode a pieno titolo di tutte le prerogative connesse ed esercita pleno iure le sue attribuzioni.
4.4 Lo status dei parlamentari: le prerogative e l’indennità
Pur attenendo allo status del singolo, le prerogative, si configurano come conferite non ad utilità personale, bensଠa presidio dell’indipendenza dell’organo e della funzione parlamentare (ribadito dalla C.Cost. nella sent. N. 390/2007).
- Divieto di mandato imperativo (art. 67): il parlamentare, in quanto esprime un’interpretazione politica dell’interesse generale, non può esser revocato nel corso del suo mandato: divieto di dimissioni con data in bianco imposta dai partiti. Le dimissioni personali hanno, come conseguenza, l’iscrizione ad un altro gruppo.
- Immunità (art. 68 Cost.):
-Insindacabilità (art. 68, 1° comma, cost. “irresponsabilità dei membri delle Camere per le opinioni espresse e.. i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”) ossia una scriminante della responsabilità civile, penale, amministrativa e disciplinare del parlamentare che è di tipo assoluto, poichè esclude che il parlamentare possa rispondere dei comportamenti coperti da immunità anche alla cessazione della carica. Tuttavia, essa ha un ambito di applicazione che deve ritenersi limitato alle fattispecie dell’art.68 e non può, dunque, estendersi a comportamenti materiali; inoltre, richiede un nesso tra i comportamenti assunti e l’esercizio delle funzioni parlamentari. La Corte C. ha, infatti, sottolineato che (sent. n. 1150/1988) l’autorità giurisdizionale qualora ritenesse illegittimo l’esercizio del potere ex art.68 da parte della Singola Camera, questi potrà reagire promovendo un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato, dinnanzi alla Corte Cost., investendo quest’ultima della relativa questione; con la sent. 10/2000 ha, inoltre, richiesto che vi sia una identità sostanziale di contenuto fra l’opinione precedentemente espressa in sede parlamentare e quella manifestata in sede esterna” (c.d. sindacato per linee interne). Nel 2003 è intervenuto il legislatore con la legge n.140, di attuazione dell’art.68, la quale, dal punto di vista strettamente processuale ha introdotto una sorta di “pregiudiziale parlamentare”, stabilendo che il giudice, qualora ritenga sussistenti le ragioni per invocare l’app. dell’art 68, 1 cost. provvede con sentenza o decreto di archiviazione, a seconda delle diverse ipotesi contemplate nei codici di rito. In caso contrario, egli è tenuto ad investire la camera di appartenenza del Parlamentare, inviando ad essa la copia degli atti del giudizio, il quale viene sospeso sino a che la Camera non decida, ma mai oltre i 90 gg (+ 30 in caso di richiesta). Il giudice potrà , poi, o conformarsi con la decisione della camera o portare dinnanzi alla Corte il conflitto di attribuzioni fra poteri dello stato.
– Inviolabilità (art. 68, 2° e 3° comma Cost. nessun parlamentare può essere sottoposto a misura limitativa della libertà personale, come intercettazione delle comunicazioni o sequestro della corrispondenza, senza “autorizzazione della Camera di appartenenza”)è una tutela circoscritta alla durata del mandato parlamentare, in quanto pone solo un ostacolo procedurale allo svolgimento dell’azione penale, senza agire sulla qualificazione del fatto. Con la riforma dell’art 68 cost. del 1993, è stata eliminata la c.d. autorizzazione a procedere, nell’ambito del procedimento penale, circoscrivendo l’ambito del potere autorizzatorio delle camere a specifiche ipotesi, come la sottoposizione a perquisizione, l’arresto o l’adozione di misure restrittive della libertà personale o il mantenimento in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna. La ratio di questa immunità trova fondamento nel principio del fumus persecutionis, mediante l’accertamento ad opera della Camera di appartenenza del parlamentare della manifesta infondatezza dell’accusa, ossia del carattere politico della stessa. Particolari problemi sono posti dalla legge 140/2003, in tema delle cosiddette intercettazioni indirette. L’attuale disciplina le riconduce, infatti, all’alveo di applicazione dell’art. 68, 3° comma Cost. La normativa prevede, in particolare, che il giudice, il quale ritenga irrilevanti al fine del proprio giudizio, le intercettazioni in parola, deve procedere alla loro distruzione. Nel caso opposto, deve richiedere l’autorizzazione alla Camera di appartenenza del parlamentare e, in caso di diniego, procedere alla distruzione della relativa documentazione. (solo se si voglia far uso delle intercettazioni nei CNF del parlamentare. Sent. n.390/2007 C.Cost.)
La legge conosciuta come Alfano, n.124/2008, invece proponeva una temporanea immunità , ossia una sospensione dei processi penali per reati estranei all’esercizio delle rispettive funzioni per l’intera durata della camera, alle quattro cariche più alte dello Stato. Tale disciplina, tuttavia, è stata ritenuta incostituzionale con la sent. n. 262/2009, a fronte della violazione del principio di uguaglianza. Nè l’insindacabilità , nè l’inviolabilità , invece, normano il principio di eguaglianza, in quanto riguardano la funzione del parlamentare e NON la sua persona. Pertanto, non possono in nessun modo essere considerate un privilegio.
- L’indennità parlamentare: l’art. 69 Cost. prevede che i parlamentari “ricevono un’indennità stabilita dalla legge”. Attualmente la legge n. 1261/1965 prevede un trattamento economico mensile e una diaria rimborso per le spese di soggiorno a Roma. Ad esse si aggiungono una serie di benefit, come la gratuità della circolazione su treni della rete nazionale, il rimborso dei biglietti aerei o l’erogazione di una somma da destinare alla stipula di un contratto di collaborazione con un soggetto esterno (c.d. assistente parlamentare).
5. IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE
-Costituisce un organo (= ufficio statale che impegna la volontà dello Stato verso l’esterno in modo che sia lo Stato stesso a compierla) permanente collegiale a sè stante (ad esempio nel computo dei quorum funzionali e strutturali si fa riferimento al Parlamento in seduta comune e non delle singole Camere), del quale entrano a far parte i parlamentari in quanto tali e non sulla base di una specifica nomina od elezione (fatta eccezione per i delegati regionali, che ne integrano la composizione in occasione del Presidente della Repubblica).
-L’art. 55, 2° comma Cost. sancisce che il parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Cost.; il 3° comma dell’art. 63 Cost. aggiunge che quando il parlamento è in seduta comune il Presidente e l’uff. di pres. sono quelli della camera dei deputati.
-Spetta al pres. della Camera dei deputati convocarlo, nella sede della Camera a Montecitorio
-E’ un organo a competenza specializzata ed esclusiva, tassativamente fissata dalla Cost. stessa, che impone per l’organizzazione di vertice il riferimento agli organi apicali della Camera, lasciando però impregiudicata la questione relativa alla normativa applicata, che viene risolta dai RC e RS attraverso il rinvio al regolamento della Camera.
Le funzioni del parlamento in seduta comune
- Elettorali- elezione del P.Repubblica (art. 83 Cost.); 1/3 dei membri del Consiglio superiore della Magistratura (art 104, 4 Cost.); 5 giudici della C.Cost (135, 1 Cost); approvazione dei 45 cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, dal quale estrarre a sorte i 16 giudici aggregati integranti la Corte Costituzionale nella veste di giudice della messa in stato d’accusa del Pres. della Rep. (135, ult. Comm.)
- Di accertamento e accusatorie- il pres. della Repubblica deve prestarvi giuramento alla di fedeltà alla Rep. e di osservanza alla Cost. prima di assumere le sue funzioni (art.91 Cost); gli spetta la decisione circa la messa i stato d’accusa del Presidente della Repub. per alto tradimento e attentato alla Cost. (art.90, 2 Cost.)
La querelle relativa alla natura di collegio perfetto o imperfetto di tale organo, ossia se possa essergli riconosciuta o meno la capacità di discutere prima di deliberare, può risolversi nello stesso art. 64,2° comma Cost., secondo cui “ciascuna delle Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta”, e tale decisione non potrebbe esser di certo presa senza una discussione.
Sezione II: Le funzioni
6.PRINCIPI GENERALI DI FUNZIONAMENTO
– Le camere durano in carica 5 anni (c.d. legislatura), salvo in caso di scioglimento anticipato ai sensi dell’art. 88 Cost.
– A differenza di quello statuario, caratterizzato da un regime di funzionalità intermittente (c.d. istituto della sessione, la cui durata era determinata dal re) il Parlamento repub. è un organo continuo. Il principio di continuità costituisce, infatti, uno dei principi cardine, giacchè non si realizza mai una vera e propria frattura nella vita delle Camere.
– A tal riguardo, la Costituzione statuisce che, sin tanto non siano riunite le camere neo-elette, sono prorogati i poteri delle precedenti, (art. 61,2 Cost), il c.d. Istituto della prorogatio.
Ma tale disposizione ha suscitato il problema dell’individuazione del dies ad quem, ossia del termine finale di detta proroga. L’inammissibilità della presenza di una duplice serie di organi (dal momento che la prima riunione delle Camere ha luogo entro 20 gg dalle elezioni) e due distinte serie di titolari della carica parlamentare, porterebbe, infatti, a dover interpretare il finchè non siano riunite dell’art 61, con un finchè non siano riunibili. Ma, la mortificazione del principio di continuità , a seguito di un’interpretazione di tal genere, fa preferire un’interpretazione letterale del testo dell’art. 61,2 Cost. anche in vista del fatto che la duplice presenza degli organi è solo apparente: solo un parlamento, nell’arco di tempo fra elezioni e prima riunione, è infatti in grado di esercitare le proprie funzioni: quello costituito dalle vecchie Camere.
-Riguardo ai limiti dei poteri esercitabili dalle Camere ormai scadute è da preferire la tesi secondo cui tra gli atti di ordinaria amministrazione, da esse ancora adottabili, andrebbero inclusi anche gli atti di straordinaria amministrazione, in presenza di circostanze di urgenza e di necessità tali da renderli indifferibili. Prova ne sia la previsione dell’art. 77 cpv (capoverso, ossia 2° comma) Cost.
– La ratio della limitazione, sebbene non trovi aggancio costituzionale, ove è precluso alle camere sciolte solo l’eleggere il P.Rep., , sembra giustificarsi alla stregua della necessità che venga salvaguardata la sfera decisionale dei futuri codeterminatori dell’indirizzo politico (= le nuove camere ed il nuovo esecutivo) da condizionamenti discendenti da un indirizzo politico orma morente; una soluzione discendente dalla ponderazione fra l’esigenza della perduranza funzionale ex art. 61 cpv. Cost. e quella del rispetto del carattere democratico-rappresentativo del ns sistema, che impone un depotenziamento derivato dalla delegittimazione dell’organo in scadenza.
–La natura della limitazione, secondo l’orientamento più seguito, non è quella di un vincolo giuridico, essendo la sua valutazione totalmente rimessa all’apprezzamento delle Camere; tuttavia da alcune decisioni della C.Cost., che sembrano accreditare la tesi della giuridicità di tale limite, in quanto in grado di imporsi al legislatore e di viziare, se superato, gli atti in violazione di essi, prefigurando un possibile sindacato di ragionevolezza ad opera della C.Cost.
– Differente dalla prorogatio e la proroga (La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra- art.60 cpv. Cost.) la quale risponde alla diversa esigenza che le Camere stesse prolunghino il loro mandato oltre il limite temporale massimo e, dunque, è volta proprio ad escludere quel passaggio tra vecchie e nuove Camere, a cui, invece, la prorogatio tende ad assicurare continuità funzionale. Inoltre:
- La prorogatio ha natura ordinaria, mentre la proroga assolutamente straordinaria (in quanto, sottraendo i parlamentari al giudizio degli elettori, reca con sè un vulnus al principio di responsabilità politica e allo stesso principio democratico)
- All’instaurazione dell’una si giustappone il carattere di scelta voluta e positivamente adottata dell’altra
- In caso di proroga non vi è nessuna limitazione all’esercizio dei poteri delle Camere
La convocazione delle Camere
Tale potere, indifferentemente dal soggetto che ne assume l’iniziativa, viene attribuito al Presidente di ciascuna Camera. Siamo soliti distinguere in:
- Convocazione ordinaria- disposta dal Presidente a fine seduta, con la comunicazione dell’ordine del gg della seduta successiva (il quale ultimo contiene l’elenco degli argomenti da trattare per dare attuazione alle scelte operate in sede di progr. dei lavori parlamentari con la predisp. del calendario). Ove la camera sia nel c.d. periodo di aggiornamento (= sospensione dei propri lavori) la convocazione può avvenire anche con la delibera di aggiornamento, con la fissazione della seduta al termine della sosp.
- Convocazione di diritto- ex art. 62 Cost. avviene il 1° gg non festivo di feb. e di ott. e non richiede un’apposita convocazione.
- Convocazione in via straordinaria- ex art. 62 può avvenire per iniziativa del suo presidente o del pres. della Rep. o di 1/3 dei suoi componenti.
Sono casi di convocazione obbligatoria, invece, quello previsto dall’art. 72 cpv. Cost., per la conversione dei decreti-legge, e quello che si desume dall’art. 94, 2° cpv. per l’ottenimento della fiducia da parte del Governo (entro 10 gg dalla sua formazione). Inoltre, secondo quanto è stabilito dall’ultimo comma dell’art. 62 Cost., quando si riunisce una Camera in via straordinaria, “è convocata di diritto anche l’altra”.
I requisiti di validità delle deliberazione delle Camere
Art.64 Cost. “le deliberazioni di ciascuna camera non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti (1) e se non sono adottate a maggioranza dei presenti (2) salvo che la Costituzione non preveda una maggioranza speciale (3)“.
1. c.d. quorum strutturale, che individua il numero minimo di senatori o deputati sufficiente a radicare la valida costituzione della seduta (anche detto numero legale)
2.c.d quorum funzionale, che individua il numero di parlamentari in grado di dar luogo alla maggioranza sufficiente a far ritenere approvata una deliberazione delle Camere. Esso fa ordinariamente riferimento alla maggioranza semplice, ossia il 50% + 1 dei membri presenti in aula di ciascuna camera
3. La Costituzione può prevedere una maggioranza qualificata in specifiche ipotesi, come il concorso del 50% + 1 dei componenti di ciascuna Camera (c.d. maggioranza assoluta) o anche di un numero maggiore di deputati e senatori (ad. Esempio dei 2/3 nei primi tre scrutini per l’elezione del Pres. Rep. ex art.83)
La verifica del numero legale- Secondo un indirizzo assai diffuso nei sistemi parlamentari, i regolamenti delle Camere accolgono il principio secondo cui l’esistenza del n. legale è sempre presunta all’inizio di ogni seduta. Per procedere alla verifica, infatti, è necessario che ne facciano richiesta almeno 20 deputati o 12 senatori. Ovviamente, nelle sedute con votazioni di tipo formale o qualificate, la verifica avviene automaticamente al momento dell’esito, con l’indicazione dei favorevoli, contrari o astenuti.
Il computo degli astenuti- Per quanto riguarda il quorum funzionale, alla Camera il regolamento non considera gli astenuti tra i presenti (producendo l’effetto di abbassare la maggioranza richiesta per il raggiungimento del quorum), contrariamente a quanto previsto da quello del Senato (con l’effetto di innalzare di fatto il quorum deliberativo, tanto che per annullare tale effetto, i senatori che non vogliano esprimere si o no, sono soliti allontanarsi dall’aula poco prima della votazione).
Il principio di pubblicità dell’attività parlamentare- secondo quanto previsto dall’art. 64,2° comma Cost., si può dire che per il Parlamento la regola della trasparenza e conoscibilità dell’esercizio della sua funzione, cui la pubblicità è strumentale, rappresenta una sorta di cifra caratteristica dell’organo, portato dalla sua natura rappresentativa , dal suo essere luogo di confronto dialettico della politica e richiede, pertanto, di esser conosciuta tanto nelle scelte cui mette a capo, quanto nel suo formarsi. (resoconti delle sedute di assemblea- verbali degli atti e delle deliberazioni adottate- possibilità , previa autorizzazione del Pres.d’Assem., di effettuare riprese televisive- Question time).
Le modalità di voto- La Costituzione regola solamente lo scrutinio nominale per le mozioni di fiducia e sfiducia, ex art. 94,2° comma Cost. La relativa disciplina è quindi lasciata ai regolamenti parlamentari. Si suole distinguere in:
- Votazioni formali o qualificate- caratterizzate dal fatto di fornire la verifica automatica del numero legale, quali: le votazioni nominali, per appello nominale e con procedimento elettronico.
- Votazioni informali- per alzata di mano, per divisione, per alzata e seduta
Ma, la distinzione più importante è tra:
- Votazioni a scrutinio palese- espressive del principio di responsabilità politica del parlamentare nei CNF dell’elettorato. Oggi, secondo le modifiche apportate ai RC e RS, le votazioni avvengono normalmente in questo modo.
- Votazioni a scrutinio segreto- assicurano un maggior presidio al principio di libertà . Sono obbligatorie nel caso di elezioni e di votazioni sulle persone; nel caso di approvazioni di leggi che incidono sui diritti della persona, della famiglia o di libertà , possono essere richieste da un certo quorum di membri della Camera (20) o del Senato (12); sono vietate per l’approvazione di leggi di bilancio e qualsiasi deliberazione che abbia conseguenze di ordine finanziario. Il RC aggiunge, poi, il divieto per l’istituzione di commissioni d’inchiesta, per l’approvazione di leggi relative ad organi costituzionale delle Stato e ad organi delle regioni, nonchè di leggi elettorali.
7. LA FUNZIONE LEGISLATIVA
L’art. 70 Cost. costituisce la norma di imputazione ordinaria della funzione legislativa all’organo parlamentare. Tuttavia, oggigiorno, fermo restando l’attribuzione centrale del Parlamento, la funzione legislativa non è più monopolistica:
- Limiti derivanti dalla potestà primaria del governo- basti pensare all’egemone ruolo della decretazione d’urgenza e della normazione delegata
- Limiti derivanti dalla potestà legislativa regionale- si pensi alle revisione del titolo V, parte II, della Cost., con cui sia il legislatore statale che quello regionale sono posti su un piede di parità in ordine alla ripartizione delle competenze ed alle limitazioni cui risultano soggetti nell’esercizio della funzione legislativa, che devono svolgere nel rispetto della Cost., dei vincoli derivanti dal diritto UE e dagli obblighi internazionali.
- Limiti derivanti dalla potestà normativa dell’UE- che, nella misura in cui direttamente applicabile, sostituisce la legislazione nazionale, precludendo al legislatore nazionale anche la possibilità di un successivo reintervento nella disciplina della materia
8. LA FUNZIONE DI INDIRIZZO E CONTROLLO
Le Camere, nei CNF del Governo, sono anche titolari di:
- Funzioni di indirizzo- ossia l’intervento di orientamento e direzione dell’azione del Governo, sia ad integrazione del programma sul quale è stata votata la fiducia, sia nell’ambito che le Camere sono chiamate a svolgere in qualità di contitolari della funzione di indirizzo politico
- Funzioni di controllo- ossia, l’azione di accertamento e verifica dell’operato del Governo che le Camere possono esercitare essenzialmente al fine di far valere la responsabilità politica del primo nei loro confronti
La funzione di indirizzo e controllo parlamentare sull’azione dell’esecutivo, discende e trae fondamento proprio dal rapporto di fiducia, che lega il Governo alle Camere in un regime di necessaria sintonia, importando l’attribuzione a queste ultime degli strumenti per verificare l’andamento e per modificare l’indirizzo dell’azione di governo. Ma tale funzione è in un rapporto di reciproca implicazione con la funzione legislativa, essendovi una naturale connessione tra legislazione ed indirizzo politico.
8.1 La funzione di indirizzo e controllo: LE LEGGI
Proprio a riguardo di quella connessione sopra enucleata, è stata coniata in dottrina la formula delle leggi meramente formali, con la quale ci si riferisce a quelle situazioni in cui alla forma legge non corrisponde una sostanza normativa. Emblematici casi sono: le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali (art.80 Cost.) e le leggi di bilancio (art. 81 Cost.)- le quali si presentano come classiche ipotesi di leggi ad iniziativa riservata al Governo ed ove il potere di introdurre emendamenti in sede parlamentare subisce alcune limitazioni.
- La legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali– secondo l’art.80 Cost. le camere sono chiamate con legge ad autorizzare la ratifica dei trattati internazionali, che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. A differenza dello statuto Albertino, ove il re, a cui spettava il potere di concludere tali accordi, doveva solo darne notizia alle Camere, unendovi comunicazioni opportune, sempre che non si avesse pregiudizio per la sicurezza e l’interesse dello Stato, fatta eccezione solo per i trattati che importavano un onere alle Finanze o variazioni del territorio dello Stato, per la quale di richiedeva il preventivo assenso parlamentare, con la disciplina introdotta dalla Costituzione Repubblicana: si vede intromettersi fortemente in funzione di indirizzo e controllo dell’operato del Governo, l’organo democratico-rappresentativo e con esso il principio di pubblicità , ulteriormente valorizzato dall’obbligo di pubblicazione sulla Gazz.Uff. anche dei trattati conclusi in forma semplificata (a mezzo, cioè, della sottoscrizione da parte dei membri del governo, senza autorizz. Parl. o ratifica del P.Rep.), insieme ad un elenco annuale sullo stato delle convenzioni internazionali di cui l’Italia è parte. Potenzialmente, dunque la legge di autorizzazione di pone come presupposto necessario per la ratifica di buona parte delle convenzioni internazionali. Inoltre, ciò che ci porta a concludere che la legge ex art 80 Cost., sia una legge puramente formale è che:
- 1. La funzione di autorizzare la ratifica del trattato internazionale, sostanziandosi in un esito di rimozione di un ostacolo alla conclusione del trattato stesso, esclude la produzione di un effetto innovativo nell’ordinamento normativo.
- In sede parlamentare si è affermato il principio di in emendabilità del contenuto del ratificando trattato, per cui la scelta delle Camere si risolverebbe in una sorta di “prendere” e “lasciare”, senza la poss. di apportare modifiche, salvo nel caso in cui vi siano delle apposizioni al trattato di riserve da parte dei singoli stati contraenti, le quali consentono allo Stato che le ha apposte di assumere, una volta perfezionatosi il trattato, un dovere all’adempimento non integrale degli obblighi internazionali discendenti dalla stipula del trattato stesso.
Ma, perchè il trattato divenga operativo nell’ordinamento interno, si richiede uno specifico atto di recepimento, anch’esso solitamente legislativo, il quale contiene il c.d. ordine di esecuzione, che, facendo rinvio a contenuto del trattato, riportato in allegato alla legge di esecuzione, lo ammette nell’ordin. Naz. Facendolo sostanzialmente divenire il contenuto prescrittivo della legge stessa (c.d. adattamento speciale). Nella prassi, già in sede di autorizzazione alla ratifica del Trattato, le Camere inseriscono nella medesima legge anche l’ordine di esecuzione. Ma, laddove si tratti di trattati non self-executing, l’autorizzazione alla ratifica e l’esecuzione, finiranno per essere funzioni collocate in atti distinti (c.d. adattamento ordinario). Infine, la giurisprudenza costituzionale, ha esteso anche alle leggi di esecuzione la riserva di assemblea (sent. 295/1984) e ha ritenuto di comprenderle nel divieto di referendum abrogativo, insieme alle leggi attuative (sentt. 16/1978 e 30 31/1981); con le sentt. n. 348-349/2007 ha poi dichiarato l’incostituzionalità di disp. Legisl. in contrasto con una convenzione internazionale (CEDU) per indiretta violazione dell’art 117,1° Cost.
- Le leggi di bilancio. E’ di palmare evidenza il rilievo strategico, ai fini dello svolgimento del programma di Governo e, quindi, dell’indirizzo politico, della decisione circa la gestione delle risorse finanziarie, attraverso la manovra di bilancio. Il bilancio dello Stato:
- è un atto contabile destinato a rappresentare annualmente il quadro delle entrate e delle uscite che lo Stato prevede di incassare e spendere nel corso dell’anno finanziario (= anno solare)
- è un bilancio di previsione che viene redatto in termini di competenza (avendo riguardo il fatto che nell’anno si prevede che maturi il titolo giuridico in base al quale lo Stato potrà acquisire risorse ed erogarle) e in termini di cassa (con riferimento agli importi che lo Stato prevede effettivamente di incassare e di spendere, ma il cui titolo giuridico potrebbe essere maturato anche nell’anno precedente, e quindi con la conseguenza di essere riportati nella parte di competenza del bilancio di quell’anno).
- viene redatto sulla base della legislazione di entrata e di spesa vigente, posto che l’art. 81,3° Cost. prescrive che con legge di approvazione di bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese- il che sembrerebbe comportare la natura ricognitiva del bilancio stesso e la natura di legge meramente formale della relativa legge di approvazione, la quale non avrebbe capacità innovativa, ma vincolerebbe il governo, dopo averlo autorizzato all’erogazione delle spese e all’acquisizione delle entrate, ad uniformarsi a quanto stabilito nel bilancio approvato. Inoltre, ogni nuova o maggiore spesa, rispetto a quanto ivi stabilito, che nuove leggi intendano introdurre, potrà essere legittimamente prevista solo laddove il legislatore indichi “i mezzi per farvi fronte” (art.81,4° Cost.).
Sotto questo profilo la legge di bilancio sarebbe assimilabile alla legge di approvazione del rendiconto consultivo, presentato annualmente dal Governo alle Camere entro il 30 giugno successivo all’anno di riferimento del bilancio. Ed essendo il rendiconto un documento riepilogativo della gestione del bilancio di previsione, le Camere all’atto di approvarlo si limitano ad accertare, sulla base del c.d. giudizio di parificazione effettuato dalla Corte dei Conti, la correttezza e l’efficienza della gestione stessa, indi per cui ancorchè essa avvenga in forma legislativa è evidente che il Parlamento eserciti una funzione di puro controllo.
Tuttavia, ad esempio, nei casi di flussi pluriennali, la loro quantificazione può risultare non definita nel suo ammontare per singolo anno, in modo che tale decisione viene ad essere assunta in sede di approvazione del bilancio, onde la legge de qua presenta evidentemente capacità di innovare la legislazione preesistente, nella misura in cui concorre a definire la portata delle norma sostanziali di entrata e di spesa. Pertanto, in questi limiti, è possibile che in sede di bilancio le Camere possano introdurre emendamenti al ddl governativo volti a modificare gli stanziamenti previsti (ad esempio approvando variazioni compensative all’interno dei singoli stati di previsione oppure modificando gli ammontari generali dell’entrata e della spesa..)
- Con l’approvazione nella XVI legislatura della legge n. 169/2009, si è, poi, provveduto a riformare radicalmente il complessivo sistema della contabilità pubblica e della manovra di bilancio, abrogando la disciplina recata dalla legge n.468/1978, che già aveva tentato di introdurre elementi di maggiore flessibilità , ai ridotti margini di manovra consentiti in sede di predisposizione e approvazione di bilancio.
La principale innovazione delle prime riforme era stata la previsione di una legge finanziaria, il cui ddl andava presentato congiuntamente con qll relativo all’approvazione del bilancio, che:
- 1. si configurava come uno strumento per procedere alle necessarie variazioni della legislazione di spesa e di entrata aventi riflesso sul bilancio, allo scopo di pervenire a quelle correzioni normative necessarie al coerente perseguimento degli obiettivi di politica economica individuati dal Governo;
- 2. libera dai vincoli costituzionali posti a carico della legge di bilancio, si presentava come una legge di spesa in senso sostanziale;
- 3. ad essa spettava il compito di fissare il livello massimo di ricorso all’indebitamento pubblico, ossia di determinare i fondi speciali per la copertura finanziaria di progetti di legge indicati nell’ex documento di programm. Econ.finanz. (DPEF) oggi Decisione Quadro di Finanza Pubblica.
Tuttavia, a causa di un’eccessiva enfatizzazione di tale strumento, il quale si venne caricando dei contenuti più disparati, inglobando i più diversi provvedimenti di settore che, sfruttando un iter procedurale più breve e l’assenza di vincoli di bilancio, godevano di chances di celere approvazione. Ne risultò una legge omnibus che più che guidare e razionalizzare le spese, alimentò la spesa pubblica, tanto che con la legge n.362/1988 e con la legge n.208/1999 si escluse che:
- 1. potesse prevedere ex novo tributi o spese, limitandosi a variazioni di importi relative a uscite o entrate già previste;
- 2. potesse contenere norme di carattere organizzatorio e ordinamentale, salvo che per assicurare un sensibile miglioramento dei saldi;
- 3. potesse contenere norme di delega legislativa o comportanti riduzioni di entrata o aumento di spesa, ove non avessero lo scopo di diretto sostegno dell’economia, a carattere non localistico o miscrosettoriale.
In tal modo si limitò quell’effetto discorsivo di cui sopra, ma non si pervenne, tuttavia, ad eliminare il fenomeno:
- 1. il carattere legislativo ordinario delle norme contenenti le suddette limitazioni escludeva una vera capacità vincolante nei CNF di un atto di eguale rango;
- 2. allo snellimento della legge finanziaria è corrisposta una correlativa crescita dei disegni di legge collegati alla finanziaria, indicati nel DPEF (= un documento in cui il Governo definiva le linee guida della manovra di finanza pubblica in relazione ai principali obiettivi di politica economica perseguiti, individuava i provvedimenti collegati alla finanziaria e fissava i cc.dd. saldi-obiettivo riguardanti il livello massimo del fabbisogno del settore pubblico e dell’indebitamento netto. Andava presentato alle camere entro il 30 giugno ed approvato da quest’ultime mediante la votazione di una risoluzione, che poteva contenere anche modifiche integrative. Il suo arco di temporale di riferimento era quello del bilancio pluriennale, il quale conteneva previsioni di entrata e di uscita di un periodo non inferiore al triennio, era redatto in termini di competenza e non aveva valore giuridico ma solo funzione cognitiva).
Ragioni, queste, che hanno portato all’approvazione della legge 196/2009 di riforma della contabilità pubblica e della programmazione della finanza pubblica.
Manovra di bilancio e vincoli europei
Innanzitutto, va rilevato come le singole politiche di bilancio nazionale siano condizionate dal rispetto di alcuni parametri, elaborati in sede europea, i quali risultano ordinati al fine di assicurare finanze pubbliche sane ai singoli Stati Membri. Il trattato CE prevede, infatti, che i bilanci statali siano sottoposti, 2 vlt l’anno, ad una procedura di esame, volta ad evitare una situazione di disavanzo eccessivo, ossia quando: a) il deficit di bilancio supera il 3% del PIL b) il debito pubblico supera la soglia del 60% del PIL.
In tali casi, la Commissione europea è chiamata ad informare il Consiglio europeo, il quale può formulare delle raccomandazioni allo stato che, se non accolte, possono comportare la pubblicazione delle stesse e, poi, l’intimazione ad adottare le misure necessarie al rientro del disavanzo ed infine, una serie di sanzioni anche pecuniarie. Si aggiunga a ciò che dal 1997 i singoli stati hanno sottoscritto il c.d. Patto di stabilità che li impegna a rispettare l’obiettivo di:
- 1. un saldo di bilancio a medio termine prossimo al pareggio o positivo;
- 2. di adottare le misure correttive di bilancio che ritengono necessarie ogniqualvolta dispongano di informazioni che indichino un divario significativo, effettivo o presunto rispetto ai detti obiettivi.
La nuova disciplina della manovra di bilancio
La riforma del ciclo e degli strumenti relativi alla manovra di bilancio si pone l’obiettivo di adeguare il contesto normativo della finanza pubblica , oltre che al mutato assetto cost. dei rapporti tra lo stato e le autonomie territoriali, ai vincoli di bilancio imposti dall’ordinamento comunitario.
- sotto il profilo procedurale, prende avvio con la Decisione di finanza pubblica (DFP) che sostituisce la DPEF. Detta decisione espone, almeno per il triennio successivo, gli obiettivi di politica economica ed il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica, le previsioni tendenziali a legislazione vigente del conto economica della pubblica amministrazione, gli obiettivi programmatici dei saldi e del debito, per il complesso delle amministrazioni pubbliche e per i suoi sottosettori, al netto e al lordo degli interessi e delle misure una tantum, espressi in percentuale del PIL.
- Per un coordinamento tra tutti i livelli di Governo, l’elaborazione della decisione di programmazione finanziaria inizia con l’invio, il 15 luglio, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e alle Camere delle linee guida per la ripartizione degli obiettivi di bilancio. Acquisito il parere di detta conferenza entro il 10 sett., lo schema di DFP è inviato al parlamento, entro il 15 sett., per le conseguenti deliberazioni parlamentari. Sulla base delle previsioni tendenziali e degli obiettivi indicati nella DFP entro il 15 ott. sono presentati al parlamento il disegno di legge di stabilità – che sost. la l.finanziaria e il disegno di legge del bilancio dello stato (DLB).
- La legge di stabilità contiene le misure necessarie a realizzare gli obiettivi della DFP, prevedendo a:
a) Il livello massimo di saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato
b) La variazione delle aliquote delle imposte
c) L’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti pubblici
d) Le misure correttive delle leggi che comportano oneri superiori a qll previsti
e) Le eventuali norme necessarie a garantire l’attuazione del Patto di stabilità interno e qll volte a realizzare il patto di convergenza
- Nel mese di aprile, la Relazione sull’economia e la finanza pubblica riporta l’analisi dell’andamento dell’economia, del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche, il parere del consiglio UE, se disponibile, ed espone l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica per il periodo di rif. del programma. Eventuali aggiornamenti o correttivi, nel corso dell’anno, dovranno esser evidenziati con una nota di aggiornamento della DFP.
Il nuovo ciclo della finanza pubblica tende ad un maggior coinvolgimento dei livelli di governo decentrati. L’obiettivo di fondo è realizzare il governo unitario della finanza pubblica e l’armonizzazione contabile, attraverso la condivisione degli obiettivi di finanza pubblica tra tt i livelli di governo e tra tt i soggetti che compongono la pubb. Amministrazione. Si tratta dunque di una riforma di ampio respiro, attraverso le numerose deroghe in essa contenute, volte a realizzare:
a) L’armonizzazione degli schemi di bilancio e dei sistemi contabili delle p.amministrazioni
b) L’istituzioni di una banca dati unitaria che dovrà raccogliere le info di bilancia e gestionali degli stessi soggetti
c) Il potenziamento dei sistemi di controllo e delle attività di analisi e valutazione della spesa
d) La razionalizzazione delle procedure di spesa relative al finanziamento delle spese in conto capitale
e) Il completamento della riforma del bilancio dello Stato e il passaggio alla redazione del bilancio in termini di sola cassa previo un congruo periodo di sperimentazione
Tra le numerose innovazioni merita di essere segnalata quella del superamento del capitolo come unità gestionale del bilancio dello stato e l’introduzione del programma quale unità elementare di voto del bilancio dello Stato.
Sul versante parlamentare, per la manovra di bilancio si prevede tuttora un’apposita sessione di bilancio che sino all’attuazione della riforma ex lege 196 sino al 2010 è ancora sottoposta alla previdente disciplina. Essa ha come obiettivo fondamentale assicurare certezza dei tempi di approvazione delle leggi in questione:
-con una scansione dei tempi a disposizione, alle Camere, sia delle commissioni che dell’assemblea, per lo svolgimento dei propri lavori
-con l’ammissibilità degli emendamenti, distinti in compensativi (ossia comportanti modifiche che non incidono sui saldi) e non compensativi.
L’approvazione della legge di bilancio di quella finanziaria da parte dell’Assemblea ha sinora seguito modalità singolari e fra loro intrecciate. Alla discussione congiunta succede:
- l’approvazione articolo per articolo del bilancio, senza approvazione definitiva
- votazione per articoli e finale del ddl finanziaria
- il Governo presenta la c.d. nota di variazione con la quale riversa nel bilancio le modifiche conseguenti all’approvazione della legge finanziaria
- quest’ultima, esaminata dalla Commissione Bilancio e approvata dall’Assemblea, consente all’Assemblea stessa di procedere all’approvazione finale del ddl di bilancio, per come conseguentemente modificato.
Per disposto cost. l’approvazione deve avvenire entro l’anno precedente a quello di riferimento del bilancio di previsione. In caso ciò non avvenga, è previsto il ricorso al c.d. esercizio provvisorio (concesso se non per legge e per max 4 mesi), che consente l’erogazione delle spese, nella misura di tanti dodicesimi degli stanziamenti previsti dal bilancio in corso di approvazione, quanti sono i mesi di vigenza dell’esercizio provvisorio.
I ddl collegati alla legge di finanziaria indicati nel DPEF, invece, possono essere approvati sia durante la sessione di bilancio che successivamente, ancorchè comunque i Reg. Parl. prevedano le garanzie del contingentamento dei tempi e del voto nominale. Devono avere contenuto omogeneo per materia e risultare rispondenti agli obiettivi econ-finanz. Individuati nel DPEF (art. 3 l.n.468/1978).
La deliberazione dello stato di guerra
Art. 78 Cost. “le camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”. Ma, è assai controversa la forma che essa debba assumere:
- secondo una impostazione dottrinaria (elia-1958) la forma dell’atto bicamerale non legislativo sarebbe preferibile per ragioni di rapidità e per escludere interventi impeditivi esterni, quali quelli del Presidente della Repubblica in sede di promulgazione e al limite del popolo in sede di referendum abrogativo.
L’eccessiva solitudine del Parlamenti e il mancato coinvolgimento di altri organi costituzionali, tuttavia, indurrebbe a respingere questa soluzione.
- Maggiore consenso riscuote l’ipotesi del carattere legislativo del provvedimento attraverso il quale le Camere conferiscono al Governo i poteri necessari, nonostante qualche perplessità vi sia circa la sua riconducibilità al tipo delega legislativa, sia pure anomala. E’ evidente che qualora la decisione sullo stato di guerra e quella sul conferimento avvenissero contestualmente ed attraverso un solo atto, stante la necessità che il conferimento avvenga attraverso una legge, anche la prima decisione assumerebbe forma legislativa.
E’, comunque, l’assenza di esperienza applicativa ad impedire che si possano attingere dalla prassi elementi decisivi in ordine alla suddetta querelle. Gli ultimi conflitti, infatti, hanno visto l’autorizzazione parlamentare all’impiego delle forze armate italiane nelle operazioni belliche, avvenire prevalentemente mediante approvazione di conformi risoluzioni parlamentari da parte delle Camere, a conclusione del dibattito sulle comunicazioni del Governo. Nei casi, poi, di crisi internazionali di minor momento, l’intervento parlamentare è spesso avvenuto a posteriori, in occasione della conversione in legge di decreti legge di copertura finanziaria ed amministrativa.
Dunque, ogni volta che il coinvolgimento in un conflitto armato non richieda che si determino le gravi conseguenze in cui si sostanzia lo stato di guerra, ritenendosi che esso possa venire assorbito senza aprire la strada a gravi sconvolgimenti ordinamentali, le Camere possono autorizzare l’impegno militare nel ns paese senza ricorrere alla procedura dell’art. 78 Cost.
Fermo restando che la Costituzione, nel caso di emergenza bellica, attribuisce una primato in posizione del parlamento e, in funzione operativa, del governo.
8.2 la funzione di indirizzo e controllo: GLI STRUMENTI FORGIATI DAL DIRITTO PARLAMENTARE
a) L’interrogazione- ossia una domanda semplice (chiara, diretta) rivolta per iscritto a un ministro o al Presidente del Consiglio da uno o + parlamentari, per avere notizie circa la conoscenza o le informazioni su un determinato fatto, posizione assunta o da assumere ad opera del Governo.. La risposta può essere scritta o orale, avvenire in Assemblea o in Commissione, essere immediata o differita e può, con specifica motivazione, mancare del tutto. Un particolare tipo di int. E il c.d. Question time, ossia le interrogazioni presentate entro le 12 del gg precedente a quello di seduta, sono ammesse in numero limitato e con tempi ridottissimi, con risposta immediata a ripresa televisiva diretta.
b) L’interpellanza- si differenzia dalla a) per la sua rilevanza politica.
- Si sostanzia in una domanda scritta, posta al Governo, il cui scopo è quello di costringere il Governo ad esporre la propria posizione il proprio indirizzo in merito all’oggetto dell’interpellanza.
- Essa viene illustrata e motivata dal presentatore e discussa in Assemblea. Qualora il Governo non voglia rispondere o differire, l’interpellante può ottenere che la data di discussione sia quella da lui richiesta.
- Alla Camera è previsto che l’interpellante non soddisfatto possa presentare una mozione sul medesimo argomento. In tal caso, da atto individuale imputato al suo presentatore, idoneo a configurare un rapporto esclusivamente tra quest’ultimo e il Governo, senza chiamare in causa l’organo parlamentare, si trasforma in una deliberazione dell’organo medesimo; da strumento di controllo a strumento di indirizzo.
- Le interpellanze con procedimento abbreviato e urgenti, presentate da un Presidente di Gruppo, a nome del gruppo stesso.
c) La mozione- un atto scritto, la cui sottoscrizione è condizionata da un quorum minimo di parlamentari, destinato a suscitare una discussione e un voto dell’assemblea, forzando i limiti di un dialogo tra parlamentari e governo.
- Essa, salvo nel caso della mozione di fiducia che è presentata al termine della discussione sulle comunicazioni del nuovo governo, è un atto di impulso di un dibattito destinato a concludersi con una presa di posizione dell’organo parlamentare.
- Consta di una premessa motivata, illustrativa dell’argomento su cui verte, e un dispositivo, con il quale si invita o si impegna il Governo ad assumere un certo atteggiamento.
- Una volta accetta dal Governo la mozione determina un vincolo politico di attuazione a carico dell’Esecutivo, il quale, nel caso in cui ritenga di non poterla adempiere, perchè non in sintonia con il proprio indirizzo, può ricorrere allo strumento della posizione della questione di fiducia. Le commissioni parlamentari vigilano sull’attuazione delle mozioni.
d) La risoluzione- comparsa con la riforma dei reg.parl. del 1971, si tratta di un tipico strumento di indirizzo diretto “a manifestare orientamenti e a definire indirizzi” e volto ad esplicitare “il pensiero e gli indirizzi che ne derivano in ordine all’argomento della discussione”.
- Si caratterizza per essere utilizzabile in Commissione, incontrando il limite della competenza materiale delle stesse e degli affari per i quali questa non debba riferire all’Assemblea. Tuttavia, ad accettare una eccessiva parcellizzazione delle linee di indirizzo, essendo poi la decisione sull’indirizzo programmatico del Governo costituz. Riservato alle camere, nei reg. parl. è previsto che il Governo, o solo al senato un certo numero di membri della commissione, possa richiedere la discussione in Assemblea.
- Vi è, poi, l’obbligo per la commissione di invitare un rappresentante del governo alla discussione, per evitare risoluzioni ignote all’Esecutivo. La risoluzione può anche essere presentata in Assemblea, ma solo al termine di un dibattito introdotto da una mozione o dalle comunicazioni del governo, oppure in particolari condizioni, quali l’approvazione del DPEF o della relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea.
- In tempi recenti è stata anche usata come strumento di riconferma della fiducia parlamentare al governo in carica, dopo una verifica della maggioranza o a seguito del c.d. rinvio alle camere.
e) Ordine del giorno– un atto scritto, proposto da ciascun parlamentare.
- E’ uno strumento che indica l’elenco delle questioni sottoposte all’esame di un organo collegiale parlamentare e quello idoneo a rivelare la volontà di quel medesimo organo.
- Si presenta come teso ad esprimere una direttiva politica al Governo, ma interviene su di un aspetto o argomento accessorio rispetto a quello in discussione. Non ha, dunque, valenza autonoma, inserendosi in un procedimento già diversamente avviato. Il Governo esprime il proprio parere, sugli ordini del gg, accogliendoli o meno, oppure solo come raccomandazioni. L’ordine approvato dall’Assemblea o dalla Commissione, ossia accettato dal Governo, vincola quest’ultimo a darvi seguito, secondo il grado di intensità che discende dalla formula utilizzata.
f) L’inchiesta parlamentare– si distingue in:
1) inchieste politiche (di controllo) finalizzate ad un accertamento funzionale ed a verificare e far valere la responsabilità politica del Governo;
2) inchieste legislative con lo scopo di reperire info e dati necessari all’adozione di appositi provvedimenti legislativi o all’impatto di leggi già in vigore.
- Ma, l’art.82 Cost. Offre una configurazione molto ampia della specie inchiesta parlamentare, limitandosi ad individuare l’ambito di intervento parlamentare in una materia di pubblico interesse. Una formula lata che vale a rendere ammissibile ratio materiae ogni proposta istitutiva di un’inchiesta. Vi sono dunque anche inchieste che valgono a far emergere la responsabilità di soggetti diversi dall’esecutivo e la p.a., le quali potranno farsi valere dinnanzi all’opinione pubblica e capaci di accertare la c.d. responsabilità diffusa.
- L’altro limite di ordine definitorio generale che si ricava dalla Cost. è che all’inchiesta ciascuna Camera possa attendere solo attraverso l’istituzione di un’apposita commissione, costituita da propri membri in modo da rispecchiare la proporzione fra i vari gruppi (nella prassi 1 x ogni gruppo presente in assemblea e 1 o + per i gruppi più numerosi).
- La posizione di indipendenza della Commissione rispetto alle Camere e l’impossibilità di queste ultime di provvedere direttamente, ha fatto sଠche la giurisprudenza costituzionale l’abbia ritenuta qualificabile come autonomo potere dello Stato, ai fini della sollevazione del conflitto di attribuzioni dinnanzi alla corte cost. N.B la consulta ha chiarito che nel caso di cessazione del funzionamento della Commissione, la legittimazione processuale ad agire o a resistere è riassunta dalla Camera medesima, vera titolare del potere d’inchiesta (sentt. 241/2007 e 26/2008).
- Facendo leva su una interpretazione non letterale della normativa cost., che all’art.82 prefigura il carattere monocamerale dell’inchiesta stessa, la prassi si è orientata a ricorrere a commissioni bicamerali di inchiesta, composte in egual numero da deputati e senatori, di norma istituite su una previa legge.
- L’atto istitutivo di tali commissioni, sia una legge o una semplice delibera, definisce gli aspetti fondamentali dell’inchiesta medesima, fermo restando il potere di ciascuna di esse di adottare un proprio regolamento ed elaborare il proprio programma di attività .
- Il costituente ha stabilito un principio di parallelismo, fra poteri dell’attività giudiziaria e potestà parlamentare d’inchiesta, il quale però riguarda solamente i poteri di tipo istruttorio essendo la commissione non un organo giudicante bensଠinquirente deputato a fornire le proprie conclusioni all’Assemblea, a cui spetta l’eventuale compito di adottare decisioni. (ratio di stampo garantista nei cnf dell’inquisito). La commissione può, però, avvalersi anche di modalità di azione più flessibili rispetto a qll della magistratura, adottando procedure informali. Relativamente, poi, al parallelismo con l’identità di limitazione, ci si è chiesti se ed in quale misura dovesse farsi valere dinnanzi a commissioni d’inchiesta istituite con legge, ossia con uno strumento capace di prestar deroga alle norme processuali che regolano e perimetrano l’azione dell’attività giudiziaria. Rimane, cmq, difficile immaginare che il parallelismo di limitazioni possa riguardare solo le inchieste monocamerali mentre quelle bicamerali possano svolgersi anche al di là di quei limiti, in quanto si tradirebbe sia la ratio di normativa, tesa a delimitare i margini di qualsivoglia inchiesta parlamentare, e sia non troverebbe alcun fondamento costituzionale. Nella prassi, però, a partire dalla fine degli anni ’70, nelle inchieste per la strage di via fani o sulla P2 è stata esclusa l’opponibilità del segreto d’ufficio, del segreto di Stato e bancario, nonchè al segreto professionale, fatta eccezione il rapporto tra difensore e assistito.
- La corte cost. (sent. 231/1975) ha chiarito che, riguardo ai rapporti tra inchiesta parlamentare e attività giudiziario, la commissione p. di inchiesta può legittimamente opporre il diniego all’invio all’autorità giudiziaria della documentazione relativa agli accertamenti svolti o disposti da essa, facendo leva sul c.d. segreto funzionale, diretta espressione dell’autonomia costituzionale riconosciuta dall’organo ex. Art 82 cost.
- Distinte dalle inchieste, e non menzionate dall’art. 82 Cost., sono le indagini conoscitive (previste dai regolamenti a partire dalla riforma del ’71)che ciascuna commissione parlamentare può disporre nelle materie di propria competenza, previa intesa col presidente della Camera di appartenenza, per acquisire notizie, informazioni e documenti utili all’attività della propria camera, pertanto esclude che attraverso di essa le commissioni possano esercitare una qualche forma di sindacato ispettivo, un potere di indirizzo o far valere la responsabilità politica del Governo.
g) E’ sempre più diffuso il ricorso al parere parlamentare su atti di competenza del Governo, per i quali la legge di delega (o di autorizzazione) preveda l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentare o anche di semplici regolamenti governativi finalizzati alla semplificazione.
Sezione III: I rapporti con l’Unione Europea
9. Le commissioni parlamentari “Politiche dell’Unione europea”
Entrambe le Camere vedono oggi presenta una Commissione Politiche dell’Unione Europea fra le proprie commissioni permanenti, alla quale è attribuita una generale competenza sugli aspetti ordinamentali dell’attività e dei provvedimenti delle Comunità europee e dell’attuazione degli accordi comunitari, in ordine alla quale svolge funzioni di natura:
- Consultiva- esprimendo pareri, osservazioni e proposte su progetti di legge e sugli schemi di atti normativi del Governo riguardanti la modifica dei Trattati istitutivi dell’UE e delle CE e l’attuazione del diritto comunitario
- Conoscitiva e di indirizzo– avendo ascritto il potere di effettuare audizioni di Ministri e funzionari pubblici, richiedere info a componenti delle istituzioni comunitarie, promuovere dibattiti, svolgere indagini, votare risoluzioni; previo consenso del Presidente, può invitare membri del Parlamento Europeo e della Commissione europea, per acquisire info su questioni relative alle attribuzioni e alle attività degli organi comunitari, nonchè delle politiche dell’UE. Tali commissioni possono, poi, disporre lo svolgimento di un dibattito su proposte della Commissione europea in prospettiva del loro inserimento all’ordine del gg del Consiglio delle Comunità europee, nonchè sulle risoluzioni adottate dal Parlamento Europeo ed Assemblee internazionali, ove siano previste delegazioni parlamentari italiane.
- Legislativa – attuazione del diritto comunitario, vd. Sotto
10. L’attuazione del diritto comunitario: LA LEGGE COMUNITARIA ANNUALE
Si tratta del principale strumento previsto dal ns ordinamento per assicurare l’adeguamento dello stesso alle direttive comunitarie non autopplicative. La sua introduzione si deve alla c.d. legge La Pergola (n.86/1989) , modificata dalla recente n.11/2005.
- Si tratta di una legge annuale, il cui disegno deve essere presentato entro il 31.01 dal Governo, previa l’effettuazione di una ricognizione della normativa comunitaria ancora priva di attuazione nel ns ordinamento. Entro lo stesso termine l’Esecutivo è chiamato a presentare alle Camere una relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’UE, la quale può esser oggetto di risoluzioni parlamentari.
- Ambo gli atti sono congiuntamente discussi dalle Camere, nella c.d. sessione comunitaria. In particolare, il ddl comunitaria è assegnato, in sede referente, alla commissione Politiche dell’UE e alle altre commissioni permanenti, per qnt di rispettiva competenza. Queste ultime entro 15 gg dall’assegnazione sono chiamate a inviare la propria relazione alla Commissione Politiche dell’UE che, entro 30 gg, deve concludere l’esame del ddl predisporre una relazione per l’Assemblea.
- Stando all’art. 9 della l.n. 11/2005, la legge comunitaria deve comprendere:
- disposizioni modificative o abrogative di previe disposizioni in contrasto con gli obblighi comunitari o oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Comm.Com.Europ. nei cnf dell’Italia
- disposizioni necessarie all’attuazione della normativa comunitaria, mediante il ricorso alla delega legislativa o alla potestà regolamentare del Governo
- disposizioni individuanti principi fondamentali della legisl. Statale nel cui rispetto le regioni sono chiamate ad attuare le direttive comunitarie, nelle materie di competenza concorrente
- disposizioni che conferiscono delega al Governo ad adottare decreti legislativi contenenti norme sanzionatorie penali per la violazione di norme comunitarie recepite dalle regioni
- disposizioni adottate dallo Stato a seguito di un intervento sostitutivo del governo, a fronte dell’inadempimento regionale, ad adottare la normativa comunitaria, per quanto di propria competenza.
Inoltre, ai sensi del 5° comma dell’art 8 della l.11/2005, nella relazione accompagnatoria il ddl c. il Governo deve:
- riferire alle camere sullo stato di conformità dell’ordinamento interno a qll comunitario e sulle eventuali procedure di infrazione in corso, dando resoconto della giurisprudenza della Corte di Giustizia
- fornire l’elenco delle direttive attuate in forma regolamentare o amministrativa e dar conto delle ragioni della omessa indicazione di quelle il cui termine di recepimento sia o stia per scadere
- fornire l’elenco degli atti normativi di attuazione delle direttive, ad opera delle regioni
Più recente è la legge 34/2008 che ha introdotto la possibilità dello Stato di rivalersi sulle regioni, enti pubblici ed enti locali che si siano resi responsabili di violazioni del diritto comunitario.
11.RUOLO DEL PARLAMENTO ED ELABORAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO
Una delle novità più rilevanti, rispetto al passato, riguarda il rafforzamento del ruolo del Parlamento nell’ambito della fase c.d. ascendente di formazione del diritto comunitario, ossia nel corso del processo di elaborazione della normazione comunitaria:
- 1. con l’irrobustimento del flusso informativo in favore delle Camere, che consente al parlamento un’effettiva possibilità di intervento previo sulle decisioni da assumersi in sede comunitaria. Nella l.1172005 è previsto che il P.del Consiglio o il Minist. Per le politiche comunitarie informi tempestivamente i competenti organi parlamentari sulle proposte e sulle materie che risultino inserite nell’ordine del gg delle riunioni del Cons. dei Ministri dell’UE; il Governo, poi, riferisce alle Camere la posizione che intende assumere e, semestralmente, deve illustrare ad esse i temi di maggior interesse decisi o in discussione in ambito comunitario, informando i competenti organi parlamentari sulle risultanze delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’UE e del Consiglio europeo, entro 15 gg dal loro svolgimento.
- 2. con l’introduzione dell’istituto della c.d. riserva di esame parlamentare. Il Governo italiano che partecipi alla formazione di atti comunitari, già all’esame delle Camere, deve apporre in sede di Consiglio dei Ministri dell’UE la riserva di esame parlamentare o, in casi particolari, può apporre la riserva comunicandolo allo stesso Consiglio. Tuttavia, decorsi 20 gg dalla comunicazione alle Camere, in mancanza di una loro decisione, il Governo può riprendere la sua azione in sede comunitaria.
- 3. con il protocollo sull’applicazione dei principi di sussidarietà e proporzionalità , che comporta un obbligo di riesame in caso di richiesta di almeno 1/3 dei voti assegnati ai parlamenti nazionali, nonchè un onere di motivazione della propria decisione, allegato al Trattato di Lisbona e ai due protocolli annessi all’interrotto processo di ratifica del trattato che istituisce una Cost. per l’Europa.