Il Governo e la pubblica amministrazione- cap. V fino a p. 365
1.Linee evolutive del sistema di governo in Italia
Nella classificazione tradizionale delle funzioni statali, il Governo è titolare del potere esecutivo, inizialmente comprendente anche l’attività amministrativa, secondo una discutibile definizione, che trova la matrice storico-culturale nell’esigenza di sottolineare la subordinazione del Governo al Parlamento e alle sue leggi; ma il designare, oggigiorno, come Esecutivo, rischia di non rendere conto della complessità della funzione di governo, il quale non può esser considerato meramente esecutivo delle deliberazioni parlamentari.
La nascita dell’istituzione governo in senso moderno si ha in Inghilterra, XVII-XVIII sec., per effetto della progressiva limitazione dei poteri della corona britannica, in seguito allo spostamento del potere politico verso la Camera dei Comuni (=espr. Nascente borghesia), si avverte l’esigenza di affidare l’esercizio dell’esecutivo ad un apposito organismo permanente e ristretto di collaboratori, anche di estrazione parlamentare: il Gabinetto inglese, che vide affermarsi la funzione del Prime minister. Il progressivo autonomizzarsi dalla Corona, insieme al rafforzamento politico della Camera elettiva, instaurò una duplice relazione fiduciaria sia con la Camera dei Comuni che con il corpo elettorale, fondata in entrambi i casi sul programma di governo: questo segnò il passaggio dalla monarchi assoluta, alla monarchia costituzionale, e alla monarchia parlamentare, ove le funzioni statali sono articolate in una pluralità di organi, affiancando al re, per contenere il potere monarchico, il limite di una Camera elettiva preminente sul governo. (c.d. processo di democratizzazione delle istituzioni).
- Età statuaria- in Italia con al promulgazione nel 1848 dello Statuto Albertino si avvia l’esperienza della monarchia costituzionale, che stenta, tuttavia, a trasformarsi in una m. parlamentare, in quanto, in un quadro politico ove mancavano i partiti di massa e il suffragio era esercitato da una minima porzione, si registrava ancora una forte presenza della corona nel potere esecutivo:
- 1. l’art 5 prevedeva l’appartenenza al Re del potere esecutivo; l’art 65 la nomina e la revoca dei ministri; l’art 67 sanciva la responsabilità ministeriale
- 2. permanere del dualismo tra parlamento e corona
- 3. talvolta, presiedeva il consiglio dei ministri, attesa la mancata definizione in via esclusiva della titolarità della Presidenza del Consiglio
- 4. aveva una forte influenza sulla Camera non elettiva (senato del regno)
- 5. gli faceva capo il comando delle forze armate
Ma la forma di governo ha subito una significativa evoluzione, nel tentativo di reagire all’eccessiva ingerenza della Corona, creando un corpus normativo, che individui nel governo il soggetto protagonista nella definizione dell’indirizzo politico:
- 1. con il decreto d’Azeglio, nel 1850, ove il principio della collegialità sembra permeare, in linea teorica, la formazione delle scelte di politica generale del governo
- 2. con il decreto Ricasoli, nel 1875 e quello Zanardelli, nel 1901, si ebbe, sul piano normativo, una valorizzazione del ruolo del presidente del Consiglio, con l’esplicito affidamento a lui del compito di assicurare l’unità dell’indirizzo politico e amministrativo del governo.
L’introduzione del sistema elettorale proporzionale, nel 1919, portò ad un consolidamento della posizione costituzionale dei partiti, che però si riflesse negativamente sugli equilibri dell’assetto governativo:
- 1. affermazione di un sistema pluralistico che favorଠi c.d. governi di coalizione, ove la nomina del P.Cons. vedeva ancora un margine di scelta monarchica
- 2. i ministri vennero considerati rappresentanti dei partiti di cui erano espressione, a scapito della collegialità e della autonomia del Primo Ministro
- 3. origine della c.d. crisi di governabilità a causa dell’instabilità governativa
- Età fascista- radicale mutamento del ruolo del Presidente del Consiglio:
- 1. superamento del principio di collegialità , con la c.d. legge Rocco (25.12.25) che stabiliva che il Governo del Re fosse composto dal 1° ministro segretario di Stato e dai Ministri segretari di Stato,senza alcun riferimento al consiglio dei ministri.
- 2. il primo ministro era anche il Capo del Governo, unico titolare e responsabile dell’indirizzo politico generale, anche sull’attività delle Camere
- 3. i ministri erano chiamati a rispondere non solo al re, che li revocava su proposta del Capo del Governo, ma anche a quest’ultimo, politicamente responsabile nei cnf del Re.
- 4. abolizione della necessità del raccordo fiduciario fra Governo e Parlamento
- Età repubblicana- il patto di Salerno, nella primavera del 1944, apre la c.d. fase costituente che culminerà nell’elezione dell’Assemblea Costituente e nella deliberazione della Nuova Costituzione dello Stato. In seno all’assemblea si trovarono contrapposti 2 orientamenti:
a) PCI e PSI che vedevano nel principio di collegialità il fondamentale criterio dell’azione di governo per la salvaguardia dell’unitarietà dell’indirizzo politico
b) DC che promuoveva il principio monocratico, facendo ricadere la responsabilità della politica generale del governo al solo Primo Ministro
Si optò per un compromesso, riflesso negli art. 92 e 95 Cost. (vd.)
I Governi di età repubblicana si sono connotati, essenzialmente, come Governi di coalizione. L’italiana tendenza alla frammentazione partitica, anche con il passaggio dal parlamentarismo consensuale al parlamentarismo maggioritario, ha favorito la polarizzazione delle diverse forze politiche su due schieramenti alternativi – ma a causa dei conflitti all’interno delle coalizioni non sଠè inverata quella stabilità dei Governi, auspicata dalla riforma elettorale.
In questo nuovo scenario, ove la centralizzazione del Governo è stata favorita, anche, dal processo di integrazione europea, la figura del Pres. del Consiglio, ha acquisito un nuovo protagonismo:
- 1. con un rafforzamento della propria leadership, grazie alla sua “investitura popolare”, dettata dal sistema maggioritario
- 2. anche la riforma elettorale di impianto proporzionalistico del 2005, prevede l’adesione ad una coalizione e la designazione del capo di essa, che costituisce il trait d’union tra i vari partiti
- 3. lo stesso processo di riterritorializzazione del potere politico, nella logica di un multilevel governance, finisce per assegnare al Pres. Cons. il delicato compito di promuovere e garantire la necessaria collaborazione tra i vari livelli di governo (istituzioni europee e sistema delle autonomie).
2. Il procedimento di formazione del governo
E’ articolato in diverse, delle quali soltanto quella della nomina e del giuramento, in modo laconico, sono disciplinate dagli artt. 92,2° comma e 93 Cost; le altre c.d. preparatorie sono rimesse ad una prassi costituzionale, sorta convenzionalmente e trasformatasi in consuetudine.
L’iter formativo del governo si apre con le apre con le dimissioni del Pres.Consiglio; se presentate indipendentemente da un voto parlamentare di sfiducia il PdR può rinviare il Governo alle Camere. In caso contrario:
- avvia le consultazioni coi capigruppo parlamentari e gli ex PdR, nonchè qualunque altra personalità che possa fornirgli elementi utili a verificare la sussistenza di una maggioranza parlamentare e gli orientamenti da questa espressi; se al termine di esse ritiene di dover acquisire ulteriori elementi informativi, può conferire un mandato esplorativo ad una person. Istit, super partes, ossia un reincarico allo stesso soggetto di assumere il ruolo di P.Consiglio, evitando una sua sovraesposizione politica
- 2. conferisce l’incarico in forma orale di formare il Governo alla persona che ritiene possa coagulare il consenso della maggioranza parlamentare, il quale accetta con riserva, che può essere sciolta dal PdC incaricato in senso negativo
- se il PdC incaricato, al termine delle consultazioni coi capigruppo della eventuale maggioranza, ritiene possibile dar vita al Governo, si reca dal PdR e scioglie la riserva con cui aveva accettato l’incarico;
- il PdR, dopo aver emanato il decreto di accettazione delle dimissioni del PdC uscente, nomina sempre con decreto il nuovo PdC e su sua proposta i Ministri ( c.d. procedimento unico della formazione del Governo). Tutti questi decreti sono controfirmati dal PdC subentrante
- il PdC e i ministri, in forma separata, giurano nelle mani del PdR: a partire dal giuramento il Governo è giuridicamente formato;
- entro dieci giorni dal giuramento il PdC legge davanti a una Camera le dichiarazioni programmatiche deliberate in CdM. La Camera accorda la fiducia: con mozione motivata presentata dai capigruppo di maggioranza (con motivazione che è però per relationem alle dichiarazioni programmatiche del PdC, ossia si risolve in una clausola di stile, operando un mero rinvio alle dich. Prog. Del PdC, manifestando la rinuncia a contribuire in maniera autonoma e paritaria all’elaborazione dell’indirizzo politivo); per appello nominale, a maggioranza semplice dei presenti (art.64,3° comma Cost.)
3.Le vicende del rapporto fiduciario
Il rapporto fiduciario intercorrente tra Governo e Parlamento è il presupposto indefettibile per lo svolgimento unitario e paritario, in una relazione continua e reciproca di necessario coordinamento tra i 2 organi costituzionali, della funzione di indirizzo politico. La regolazione costituzionale relativa alla relazione fiduciaria è racchiusa, essenzialmente, nell’art 94 Cost. e completata dai Regolamenti parlamentari. Questa disciplina è diretta a procedimentalizzare:
- a. La mozione di fiducia- (vedi sopra) Il Governo formato si avvicenda con il Governo dimissionario per assecondare, secondo il principio di continuità degli organi costituzionali, il c.d. disbrigo degli affari correnti, ossia lo svolgimento delle funzioni di ordinaria amministrazione ed urgenti, pur non avendo ancora ottenuto la fiducia.
- b. La mozione di sfiducia- la sola ipotesi di atto interruttivo del rapporto fiduciario contemplata in Costituzione. L’art. 94, 2° e 5° comma, prevede che tale atto, motivato e votato per appello nominale, deve avere un quorum pari a 1/10 dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di 3 gg dalla sua presentazione. Inoltre, ex. art. 94, 4° comma il voto contrario su una proposta del Governo, di una o entrambe le camere, non obbliga il Governo a dimettersi. La Corte Costit. con la sent. 7/1996, relativa al ministro mancuso, ha dichiarato che spetta a ciascuna Camera approvare una mozione di sfiducia anche nei confronti di un singolo ministro, rinvenendone il fondamento nell’art 95,2° comma. (cmq previsto dai reg.parl.)
- c. La questione di fiducia- ossia l’istituto volto a verificare l’andamento della relazione fiduciaria.
- d. Non contemplata in Costituzione, è regolamentata dai regolamenti di Camera e Senato. L’iniziativa è assunta dal PdC, previo assenso del CdM, ed è diretta a subordinare la permanenza in carica del Governo all’approvazione parlamentare di deliberazioni assembleari, ritenute dal Governo fondamentali per l’attuazione dell’indirizzo politico concordato in sede di conferimento della fiducia parlamentare , in relazione alle quali mira a ricompattare la maggioranza governativa e a contrastare l’ostruzionismo della minoranza (c.d. fiducia tecnica):
- si vota per appello nominale, non prima di 24h
- è precluso il voto, ma non l’illustrazione, degli emendamenti presentati al testo su cui il Governo ha posto la fiducia, i quali di intendono respinti all’esito del voto favorevole della Camera sulla fiducia (l’art 116,2° comma R.C. prevede che nel caso si progetto di legge di un solo articolo, dopo la questione di fiducia, si proceda cmq alla votazione finale sul progetto di legge, effettuando cosଠuna doppia votazione)
Risulta, pertanto, evidente che la disciplina della questione di fiducia sia estremamente favorevole per il governo, cui consente di esercitare un’ampia influenza sui lavori delle Camere, comprimendo il dibattito parlamentare il chiara funzione antiostruzionistica.
Dunque, si verificano crisi di governo parlamentari:
- 1. nel caso della mancata concessione iniziale della fiducia (es. governo De Gasperi 1953)
- 2. interruzione del rapporto fiduciario a seguito di un voto contrario delle camere alla questione di fiducia posta dal Governo su una propria proposta (es. governo prodi 1998)
- 3. approvazione di una mozione di sfiducia nei cnf del governo (mai verificatasi)
In realtà , dunque, la maggior parte delle crisi di governo possono essere qualificate come crisi extraparlamentari, determinate da dimissioni spontanee del governo (del PdC di carattere politico o personale). A partire dalla presidenza dR Pertini, si è cercato di parlamentarizzare le crisi extraparlamentari, invitando il Governo a presentarsi alle Camere per esporre le ragioni della crisi e consentire l’eventuale apertura di un dibattito parlamentare chiarificatore, qualificandosi la crisi extraparlamentare, d’altronde, come la costante distorsione del modello costituzionale, sulla quale può innestarsi la pratica del rinvio alle Camere del governo.
- Differenti sono le c.d. dimissioni senza crisi, ossia quelle che il Governo in carica presenta per prassi, in occasione dell’insediamento delle nuove Camere all’inizio della legislatura, e dell’elezione di un nuovo PdR (le c.d. dimissioni di cortesia, puntualmente respinte)
- I rimpasti governativi sono, invece, quelli cui si dà luogo per la sostituzione di uno o + ministri dimissionari, per motivazioni di carattere politico o personale, con conseguente modifica delle responsabilità ministeriali nell’ambito della compagine governativa. In tali casi il PdC, ex art 5 l.n. 400/1988, deve solo comunicare alle camere ogni mutamento relativo alla composizione del governo.